Con il blog anonimo Mosul Eye, lo storico sunnita Omar Mohammed ha documentato le atrocità negli anni del «califfato». L'arrivo del Pontefice nella sua città è un sogno che si avvera.
Le principali chiese verranno ripristinate con il concorso di enti internazionali come l’Unesco e istituzioni straniere come il Departement of Heritage and Civilization dell'Università della Pennsylvania.
Essere giovani a Mosul è difficile perché non si hanno scuole dove andare, non c’è lavoro, la guerra ha distrutto tutto, non esistono luoghi di aggregazione.
L’allarme lanciato da Medici Senza Frontiere, che parla di migliaia di persone a rischio per edifici pericolanti e ordigni inesplosi. Meno di mille posti letto a fronte di 1,8 milioni di persone. Il sistema sanitario «non si sta riprendendo» e vi è un «enorme divario» fra bisogni e disponibilità. La storia del 12enne Anas.
«Dopo la paura» giovani cristiani, yazidi e sabei stanno tornando «ad affollare» le aule dell’ateneo cittadino. Molti percorrono decine di chilometri per assistere alle lezioni.
Nella ex capitale del Califfato ha aperto un luogo dedicato all’incontro e alla lettura. I jihadisti bruciavano i libri e frustavano quanti leggevano testi proibiti. Oggi sugli scaffali trovano posto anche Marx e Nietzsche. Il progetto nato grazie all’impegno di due ingegneri trentenni che vogliono essere «aperti a tutti i settori» e cambiare la società.
I cristiani della Piana di Ninive, a nord dell'Iraq, ritrovano un po' di speranza. Gli studenti cristiani dell'Università di Mosul, rifugiati nei campi del Kurdistan, hanno potuto proseguire negli studi grazie anche al sostegno dell'associazione «Aux porteurs de lumière» (APL), fondata e presieduta dall'architetto Bernard Geyler.
Milioni di persone sono scese in piazza a Baghdad, Mosul, Najaf, Bassora per festeggiare. Per la prima volta dopo tre anni e mezzo celebrata una messa nella ex roccaforte dell’Isis. La chiesa ripulita e sistemata da giovani musulmani. Le cinque sfide per il futuro dell’Iraq. E il dovere di unità della Chiesa irakena per tutelare il futuro della comunità.
AsiaNews ha incontrato due famiglie fuggite dalla ex roccaforte del Califfato, ancora oggi esuli nel Kurdistan irakeno. Il grazie alla Chiesa locale che «ci ha fatto sentire a casa» e ha contribuito a livello materiale e spirituale. La nascita di Gesù fonte di speranza. Un appello ai cristiani irakeni emigrati all’estero: tornate e contribuite alla ricostruzione del Paese.
In un messaggio alle comunità il monito del patriarca caldeo: «È l’ora della verità. Non perdiamo tempo ad aspettare e dividerci».
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