Il parroco della comunità latina di San Francesco d’Assisi di Aleppo racconta la situazione disperata in cui versa la Siria, a quasi sette anni dall’inizio delle violenze.
Instabilità economica, corruzione e fondamentalismo religioso «nascosto, ma operativo» preoccupano. Ma il ritorno di acqua ed elettricità e il cammino di riconciliazione islamo-cristiano sono fonte di fiducia per il futuro. L’aiuto della Chiesa a 400 bambini orfani musulmani. La storia di due fratelli e una famiglia spezzata dal conflitto.
Ad un anno dalla riunificazione la città è più sicura, si vive un clima di speranza maggiore e ottimismo. Migrazione e disoccupazione restano un problema, soprattutto fra i giovani. L’aiuto della Chiesa essenziale per la sopravvivenza di oltre 10mila famiglie. L’attenzione per i bambini e l’impegno per una loro scolarizzazione.
«Aleppo riprende vita, ma dipendiamo ancora dal vostro aiuto. Vi prego sostenete i cristiani, i pochi rimasti, così che possano continuare a vivere in Siria». È l’accorato appello di mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, ai benefattori di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs).
Il tentativo di tornare alla normalità si scontra con i segni delle violenze del conflitto. I programmi a favore delle famiglie in difficoltà e i corsi di formazione per garantire un futuro ai giovani. E la speranza, un giorno, di poter parlare di «una pace vera».
La Siria non trova più spazio nei media ma c'è una stretta attualità e noi oggi vogliamo andare anche in profondità, e lo facciamo con un’intervista a Padre Ibrahim Alsabagh, di Aleppo.
Rania Salouji 40enne cristiana, è sposata con Grigor e hanno due figli di 17 e 14 anni. All’inizio della guerra ha pensato alla fuga, poi ha scelto di rimanere. I mesi di ansia per il sequestro del marito e il trauma per la morte di un ragazzo del centro, ucciso da un missile. Ogni giorno affida i figli alla Madonna recitando il Rosario. E aggiunge: «Bisogna vivere, per quanto possibile».
Lentamente, Aleppo si sta risollevando. Nove mesi dopo la sua riunificazione, la grande città siriana del Nord – per quattro anni divisa tra le forze governative e quelle ribelli – tenta come può di riprendere il corso di una vita normale.
Da una realtà industriale che forniva il 60% della produzione del Paese si è passati a una città «consumatrice». Il tema della sicurezza e le cellule terroristiche dormienti. Una generazione di bambini «distrutta» dal conflitto e le sproporzioni sociali: per ogni giovane vi sono oggi 12 ragazze. Il dialogo con l’islam giocato sull’identità, la carità e la testimonianza.
Il leader Nasrallah racconta che nelle trattative sulla resa dei miliziani sulle montagne tra Libano e Siria si è parlato anche della sorte dei due presuli, scomparsi dall’aprile 2013.
‹›