Helena Jeppesen Spuhler
Svizzera

Sinodo: la voce della Chiesa in Svizzera portata a Roma anche da una donna

di Cristina Vonzun

«Per me è un grande onore essere una delle prime donne con diritto di voto in un Sinodo dei vescovi», questa la prima dichiarazione che raccogliamo da Helena Jeppesen Spuhler, laica svizzera che con il vescovo Felix Gmür è in partenza per la prossima assemblea generale del Sinodo in programma a Roma dal 4 al 29 ottobre 2023 con la novità che per la prima volta nella storia viene concesso il voto alle donne. Su 464 partecipanti ci sono, comprese le consigliere esterne, 56 donne di cui 45 con diritto di voto.

Helena Jeppesen Spuhler lavora ad Azione Quaresimale, ha partecipato all’assemblea sinodale europea di Praga svoltasi nel febbraio 2023 ed è stata la rappresentante dei laici che la Segreteria generale del Sinodo ha invitato a Roma a presentare, a giugno 2023, l’Instrumentum laboris, cioè il testo di lavoro del Sinodo. Segno questo di apertura da parte di Roma ad ascoltare e cogliere sfumature e sensibilità diverse della stessa Chiesa.

La Jeppesen ha la sua lettura dei temi sinodali maturata evidentemente nell’alveo della Chiesa della Svizzera tedesca e quindi andrà a Roma con questo bagaglio e queste esperienze, comunque resta attenta ad una pluralità di sensibilità, che conosce e sottolinea proprio parlando al plurale quando pensa alle diverse sensibilità della Chiesa in Svizzera: «Non vedo l’ora di portare le voci della Svizzera nella Chiesa Universale e di riportare da Roma nella Chiesa in Svizzera gli impulsi che usciranno», ci dice.

Helene Jeppesen Spuhler, quale potrebbe essere il contributo specifico della Svizzera a questo Sinodo in cui si parlerà di sinodalità, quindi di strutture partecipative nella Chiesa?

Le strutture parzialmente sinodali che già esistono in alcune parti della Chiesa in Svizzera possono essere di ispirazione per la Chiesa universale. In Svizzera, la Chiesa ha dovuto adattarsi alle strutture democratiche dello Stato a livello di Cantoni e parrocchie. Questo ha contribuito a creare una Chiesa sinodale.

Può riassumerci le attese della Chiesa in Svizzera espresse dalla commissione pastorale della CVS e raccolte nel percorso sinodale delle varie diocesi, dell’assemblea sinodale svizzera e dagli incontri dei delegati svizzeri all’assemblea europea di Praga?

Tre temi sono emersi molto chiaramente. Molti fedeli vorrebbero vedere un ruolo più forte per le donne nella leadership e nei ministeri. È inoltre emerso chiaramente che nella Chiesa dovrebbe esserci spazio per tutti e che, in particolare, alle persone queer dovrebbe essere riconosciuta la piena dignità battesimale. La partecipazione dei giovani nella Chiesa è un aspetto che manca molto e che dovrebbe essere incoraggiato. Nella consultazione svizzera è stato anche suggerito con forza che la Chiesa cattolica dovrebbe avere un modello e un processo decisionale più decentralizzato.

Riguardo ad un processo e ad un modello decentralizzato, a Roma tratterete di sinodalità nella comunione, partecipazione e missione della Chiesa.  La Chiesa esiste per annunciare il Vangelo, ma l’annuncio o missione accade in un contesto storico e culturale preciso. Una soluzione alla richiesta di decentralizzazione potrebbe considerare molto concretamente le diverse modalità che condizionano e favoriscono la missione in un dato territorio (esempio: la Svizzera non è il Sud Africa e viceversa) ?

Esattamente. All’assemblea sinodale europea di Praga ho detto che la Chiesa può avere un volto diverso se ad esempio è in un Paese sul Mare del Nord o in un altro che si affaccia sul Mar Nero. Una Chiesa inculturata può vivere e realizzare la sua missione in modo molto più credibile.

La Chiesa in Svizzera sta facendo i conti con lo studio storico sugli abusi svolto dall’università di Zurigo. Si parla di problema sistemico e tra i rimedi si evoca la sinodalità. Lei, cosa ne pensa?

I vescovi hanno promesso un cambio di cultura. Ma oltre ad esso, c’è bisogno anche di un cambio di struttura. È necessaria una divisione dei poteri. Ciò corrisponde a una Chiesa sinodale, partecipativa e meno gerarchica.

La commissione vaticana per la protezione dei minori guidata dal cardinale O’ Malley ha chiesto che il tema degli abusi entri nel dibattito sinodale. Qualcuno chiederà cosa c’entrano gli abusi con la dinamica sinodale. Secondo lei, la richiesta di O’Malley ci sta e perché?  

Sono molto d’accordo con la proposta del cardinale O’Malley. Sul tema degli abusi, la questione del controllo e della condivisione del potere è importante. Questa è esattamente la domanda che dobbiamo porci nel Sinodo quando si tratta di una Chiesa partecipativa. Essere una Chiesa sinodale significa avere una maggiore partecipazione a tutti i livelli della Chiesa e una divisione dei poteri. Ciò richiede un cambiamento nella struttura.

Leggi anche: la richiesta al sinodo da parte della pontificia commissione per la protezione dei minori

Helena Jeppesen Spuhler | © kath
3 Ottobre 2023 | 11:48
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