Padre Jean-Paul Hernandez.
Ticino e Grigionitaliano

Jean-Paul Hernandez: i giovani oggi «Pietre vive» alla ricerca di Dio e di sé

di Silvia Guggiari

Padre Hernandez al centro pastorale San Giuseppe a Lugano con Silvia Guggiari.

Negli scorsi giorni ha fatto visita in Ticino padre Jean-Paul Hernandez, gesuita, docente di teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Napoli, volto di TV2000 dove ogni settimana commenta il Vangelo della domenica. A Lugano, padre Henandez ha incontrato i giovani della diocesi per presentare loro il progetto di «Pietre vive», un’esperienza diffusa in tutta Europa che unisce arte e spiritualità. Lo abbiamo incontrato al centro pastorale San Giuseppe e con lui abbiamo parlato di giovani, di fede e di arte.

Padre Hernandez, come stanno i giovani oggi? Qual è la loro sete di religiosità?

C’è un punto comune che ho trovato in questi anni incontrando giovani in tutta Europa: si tratta della loro ricerca di radicalità. Spesso le nuove generazioni dichiarano di trovare una Chiesa mediocre e un po’ chiusa, che abbassa le aspettative e che dunque non è attraente. Loro cercano invece un luogo che accolga tutti e dove al tempo stesso vivere un’esperienza di vita significativa. Un luogo che possa essere un «ospedale da campo», come disse papa Francesco, ovvero dove si accolga i «feriti dalla vita» e si vada all’essenziale con un incontro personale con Gesù Cristo. La fede è un incontro radicale che ti cambia la vita e i giovani hanno sete di questo e quando non lo trovano rimangono profondamente delusi.
Noto che si sta diffondendo sempre più una spiritualità soft, all’interno della quale ci si limita ad incontrare sé stessi, senza doversi mettere in gioco in un’altra relazione. Per andare nel profondo di sé stessi basta un percorso psicologico piuttosto che una scuola di meditazione, ma il cuore dell’uomo ha una sete diversa.

«Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me»,

è un versetto del Libro dell’Apocalisse che riassume tutta la spiritualità.

Nei giovani c’è il desiderio di uscire da sé stessi e incontrare qualcun altro e quando scoprono che questo altro è Gesù Cristo succede qualcosa di meraviglioso. Non solo in Svizzera, ma anche in Spagna, in Francia, in Italia, c’è una richiesta giovanile dell’adorazione eucaristica fortissima: in essa i giovani soddisfano il loro desiderio di radicalità, nel silenzio trovano se stessi e le proprie paure, ma trovano anche il desiderio di alterità, ovvero di incontrare qualcun altro fuori da sé; qualcosa di sconvolgente per il mondo di oggi in cui crediamo tutti di essere delle isole.

«Non abbiate paura» è la celebre frase detta da San Giovanni Paolo II per spronare i giovani a prendere scelte coraggiose. Ma oggi i giovani sono pieni di paure e di ansie, lo dicono gli esperti: come può la fede aiutarli e sostenerli nel loro cammino?

Sociologi e psicologi ci dicono che alla base c’è un problema di fiducia che i giovani non hanno ricevuto dai genitori, perché negli adulti di oggi c’è una sorta di possessività nei confronti dei figli. Questa ansia di protezione da parte dell’adulto è codificata dal giovane come una mancanza di fiducia che matura poi in una serie di paure, in bassa autostima e nell’idea che da solo non ce la può fare.
La fede qui ha un ruolo fondamentale: Gesù si fida di noi, allo stesso modo noi nelle nostre comunità dobbiamo fidarci dei giovani, affidando loro ruoli di responsabilità. L’esperienza di «Pietre Vive» è proprio questa, ragazzi che fanno evangelizzazione attraverso l’arte, nonostante i dubbi che tutti hanno; ma è proprio incontrando l’altro che capiranno sempre di più, perché il Signore educa attraverso l’incontro. Dobbiamo imparare a fidarci, sapendo che a volte potrebbe andare male o potremmo rimanere delusi, ma tante altre volte avremo creato un adulto. La parola autorità deriva dal latino auctoritas che viene dal verbo augeo, ovvero «far crescere»: la vera autorità è quella che è capace di far crescere gli altri, come Gesù ha fatto.

Domenica 26 novembre verrà celebrata la XXXVIII Giornata Mondiale della Gioventù nelle Chiese di tutto il mondo. Al centro del messaggio del Papa c’è la speranza che, scrive Francesco, «non è facile ottimismo, ma è la certezza, radicata nell’amore e nella fede, che Dio non ci lascia mai soli». Come possiamo sperimentarlo?

Mi viene in mente il brano biblico degli Atti degli Apostoli in cui viene narrato il martirio del primo martire Stefano che viene arrestato e lapidato per la sua fede. Il testo dice che Stefano in quel momento vede il cielo aperto e il figlio dell’Uomo, Gesù Cristo, seduto alla destra del Padre, e il suo volto raggiante come quello di un angelo. Questa è la speranza, cioè avere uno sguardo che è capace di vedere oltre il cielo. Essere testimone della fede, ovvero avere speranza, vuole dire avere questo sguardo interiore. Nella «notte» in cui ci troviamo – perché c’è la guerra, la malattia, la violenza, le difficoltà quotidiane – solo se avremo lo sguardo su Gesù, allora forse riusciremo a vedere segni di speranza in tante situazioni umane che parlano di Gesù Cristo e riusciremo a dare speranza agli altri. Fuori da Cristo, io dubito che possa esserci una speranza duratura.

Come è formulata l’esperienza di «Pietre vive»?

Da sinistra don Kamil Cieliński, padre Hernandez e alcuni giovani di «Pietre vive» di Lugano e di Milano.

Oggi le Messe sono vuote, eppure le nostre chiese antiche non sono mai state così piene, non di fedeli, ma di turisti, visitatori, appassionati di arte, curiosi. Le chiese sono i luoghi più visitati delle città europee; il turismo è il fenomeno di massa più emblematico della società contemporanea, sono convinto che per evangelizzare dobbiamo dunque partire da qui. Oggi tutti viaggiano, tutti visitano qualcosa e tanti cercano un senso in quello che visitano. Quello che vogliamo offrire con «Pietre vive», gruppi che attualmente sono diffusi in una cinquantina di città europee, è un’esperienza che permetta al turista di non tornare a casa identico a come era partito, ma di soddisfare quella ricerca di senso che lo inquieta attraverso l’incontro nelle chiese e nelle cattedrali; luoghi che purtroppo sono stati museizzati da tante diocesi, facendoli entrare nella logica commerciale e trasmettendo il messaggio che sono luoghi appartenenti al passato. La comunità cristiana deve invece accogliere il turista e il visitatore facendo capire che le pareti parlano di qualcosa di molto intimo, ovvero dell’incontro con Dio.
Dopo aver ricevuto una formazione, i giovani volontari di «Pietre vive», che si trovano settimanalmente a pregare e a imparare a decodificare il linguaggio dell’arte in chiave spirituale, accompagnano le persone nella conoscenza di monumenti e chiese, in modo completamente gratuito, per sensibilizzare alla bellezza dell’arte, ma anche per annunciare la presenza di un racconto evangelico o biblico, oppure semplicemente per accogliere le persone. È in questo modo che avvengono gli incontri e che scopriamo che la gente entra in chiesa per i motivi più impensabili.

I giovani della diocesi di Lugano fra i 19 e 35 anni interessati alla proposta di «Pietre vive» sono invitati a partecipare all’incontro di martedì 28 novembre alle 20.30 al Centro Cittadella a Lugano. Info su www.pietre-vive.org

Padre Jean-Paul Hernandez. | © catt
26 Novembre 2023 | 10:53
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