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Il dono di camminare insieme

Aveva sette anni Maria Agnese, la mia bimba con la sindrome di Down, quando bussò alla porta il nostro parroco di allora, in Sicilia. Era preoccupato: temeva che noi genitori volessimo preparare Maria Agnese per la prima comunione. Era turbato: non sapeva come rapportarsi ad una creatura come mia figlia, che – così sosteneva – mai avrebbe potuto relazionarsi con l’Ostia consacrata con il dovuto rispetto, dal momento che mai avrebbe potuto capire che cosa significasse davvero quel pezzetto di pane.

Cercai di suggerirgli, sia pure molto sommessamente e con tutto il dovuto rispetto, che in fondo neanche io e lui capivamo davvero pienamente quel «pezzetto di pane» né, tanto meno, Chi aveva deciso di usarlo come mezzo per restare vivo e vero in mezzo a noi! Credo si sia offeso, tanto più che era venuto per invitare Maria Agnese a ricevere la Cresima: a quanto pareva, lo Spirito Santo poteva farsi strada nella vita di mia figlia, benché lei ne sconoscesse l’esistenza.

Tuttavia, il pensiero che Maria Agnese ricevesse il sacramento della Cresima mi dava gioia. Così, la domenica successiva andammo tutti insieme in Chiesa.

Quando fu il momento, invitai mia figlia a congiungere le mani e ad inserirsi nella fila dei giovani che andavano verso l’altare. La guardai mentre si allontanava serissima e compunta: teneva le manine giunte e guardava intensamente la luce dell’altare in fondo alla navata. Nessuno teneva le mani giunte, nessuno tranne lei: gli altri ridacchiavano o sorridevano un po’ a disagio, come chi si ritrova ad interpretare una parte che non lo convince fino in fondo. Guardai la mia bambina e mi resi conto che lei stava vivendo in tutta serietà e convinzione la realtà che le avevo presentato io: ero la sua mamma e lei si fidava ciecamente di me.

Allora mi ritrovai a pregare: «Signore, fa che io impari a fidarmi di Te, come lei si fida di me, che sono sì la sua mamma – e quindi anche un segno del tuo amore per lei –, ma sono anche soltanto una poveraccia qualunque!».

Improvvisamente mi sembrò di capire un tantino di più che cos’è la Chiesa: un insieme di persone che insieme, solo perché insieme, vanno verso Dio. E riescono a raggiungerlo solo perché è la fiducia in Lui che li tiene insieme, anzi è Lui stesso che ha promesso solennemente che sarà presente ogni volta che «due o tre si riuniscono nel suo nome». Allora, nel Suo Nome si mettono in cammino insieme: è la sinodalità della Chiesa, il fare cordata, in modo che ognuno possa sentirsi sicuro di potere affrontare il cammino, perché la cordata sosterrà i suoi momenti bui e le sue debolezze, e l’Amore e la Grazia del Signore arriverà anche a lui in ogni caso, per potere raggiungere ogni uomo sulla terra.  

E pazienza se chi ritiene di essere più intelligente finisce con il capire molto meno, e cioè con il fare molto meno spazio al Signore e alla sua presenza nel proprio cuore – capere in latino vuol dire fare spazio –, rispetto a chi è considerato incapace di capire: Maria Agnese non conosceva certo tutta la teologia che vantava il mio parroco, eppure il Signore era lì per lei, in quella fila di persone che andavano verso di Lui, insieme. E forse è proprio questa la cosa più bella. Ciò che importa è stare insieme, è camminare insieme, aiutandosi l’un l’altro a farlo, per annunciare così al mondo intero la salvezza.

Da allora in poi, ritrovandomi in chiesa, guardo le persone che mi stanno intorno e che alzano insieme a me le mani al Padre nostro e mi viene da dire dal fondo del cuore: «Signore, io non so se la mia fede è veramente sincera e pura, ma ci sono tutti loro e io sono con loro e so che tu ami vederci e saperci insieme. Non guardare alla mia povera fede ma a quella di tutti loro».

Come la parola sinodo – che significa appunto strada o cammino insieme – anche la parola «metodo» ha dentro di sé il termine cammino o strada (odòs). Con questa parola, intendiamo la sicurezza di una procedura già collaudata, capace di scongiurare imprevisti indesiderati nell’affrontare un cammino, specie in ambito scientifico. Ma in realtà non esiste metodo che non sia il risultato di un primo percorso fatto a tentoni: solo alla fine di vari tentativi, si può parlare di metodo.

Per il modo di vivere cui la Chiesa è chiamata, non c’è, né può esserci, un metodo già bello e pronto. Non esiste un prontuario di regole che assicurino preventivamente il suo essere in cammino, se non quel syn di sinodo, che indica il modo, la qualità, lo stile del camminare: insieme.

Che la Chiesa sia peregrinante, come dice il Concilio (Lumen gentium 14), significa dunque che nella Chiesa, chiamata ad essere sacramento universale di Cristo, c’è salvezza per tutti. Vuol dire che la Chiesa è chiamata a centrarsi nel Cristo, mai in sé stessa: essa è un segno della Redenzione del Cristo, non l’autrice o la detentrice unica della salvezza di tutti gli uomini. Essa è dunque «non già un fortilizio esclusivo ed escludente, ma piuttosto il luogo storico, in cui il mistero della salvezza universale si lascia conoscere come evento, ormai avvenuto e anche permanentemente in corso per tutti»[1]. Come dice ancora il Concilio Vaticano II, di certo la Chiesa rimane insostituibile e assolutamente necessaria, perché «in essa abbiamo o riceviamo la buona notizia che il Cristo vive ancora in mezzo agli esseri umani e li salva. Egli viene ancora incontro a noi. Tuttavia, la missione della Chiesa non è circoscrivere i limiti della salvezza, bensì annunciarla a tutti quale realtà già avvenuta in virtù della vicenda pasquale di Cristo Gesù»[2].

La misericordia di Dio va ben oltre i poveri limiti delle persone dotte e intelligenti, e la Chiesa, cioè tutti noi battezzati, trova la sua stessa ragion d’essere nel farsi segno di una salvezza che è offerta ad ogni uomo, perché così l’ha voluta il suo Fondatore.

Maria Agnese fece la prima comunione senza alcun problema qualche anno dopo, presso la chiesa dei Padri Orionini: a quanto pare, don Orione deve aver insegnato bene ai suoi figli l’arte del camminare insieme!

Grazia Tagliavia, della parrocchia milanese di San Vito al Giambellino (esperienza pubblicata su L’Eco di Giambellino, gennaio 2021)


[1] M. Naro, Oltre i confini della Chiesa: limitatezza e sovreccedenza ecclesiale, Palermo, Convegno 26 novembre 2021.

[2] Ivi.

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26 Gennaio 2022 | 14:16
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