Ticino e Grigionitaliano

Padre Costa sulla sinodalità: «Rinnovamento per il battezzato e per la Chiesa»

intervista di Cristina Vonzun

Padre Giacomo Costa, Segretario speciale della XVI Assemblea sinodale, lunedì 22 ha tenuto la formazione a Breganzona al clero della diocesi di Lugano. Lo abbiamo incontrato.

Padre Costa, cos’è questa Chiesa sinodale che il Papa invita ogni giorno a approfondire e vivere?

Una Chiesa che ascolta tutti, in cui tutti i battezzati sono protagonisti, partecipi e chiamati a contribuire, a riconoscere la presenza di Dio, a formare una assemblea. A partire dall’ascolto tra loro, della Parola e della tradizione della Chiesa, prendono le decisioni del caso, sotto la responsabilità di chi avvia, accompagna e permette che il processo vada avanti.

In che modo la «sinodalità» parla alla vita di un credente?

La sinodalità dice qualcosa a partire dal Battesimo, in virtù del quale viene affidato al cristiano il compito di annunciare il Vangelo. Il battezzato è «re, profeta e sacerdote», cioè, ha la responsabilità, non solo in Chiesa ma in tutte le situazioni della vita, di annunciare come incontra il Signore vivo nella quotidianità di insegnante, infermiere, operaio, mamma, papà, riportando la propria vita nella comunità ecclesiale dove insieme con altri celebra e insieme si è rimandati in missione. Il percorso di iniziazione cristiana arriva fino alla vocazione personale: la domanda è «come sono chiamato, personalmente, all’interno di una comunità, ad annunciare il Vangelo nella vita?». Senza scadere nel proselitismo.

Questo amplia il modo comune di intendere la Chiesa?

È la Chiesa in uscita del Papa, che non è solo uno slogan. Non è quindi una Chiesa chiusa in parrocchia o in un’associazione o in un dato gruppo ecclesiale, col rischio di restare prigioniera del proprio mondo, ma è Chiesa in fermento missionario nella vita di ogni battezzato che non agisce a titolo personale ma come membro della comunità ecclesiale, con le proprie originalità, interessi e competenze. Tra l’altro uno dei capitoli della relazione di sintesi del Sinodo porta il titolo «Tutti discepoli, tutti missionari».

Pensiamo alle strutture partecipative nella Chiesa, i Consigli pastorali e presbiterali e le Reti pastorali. Secondo il Sinodo, cosa aiuta a rinnovare queste realtà?

Il metodo sinodale. Esso è costituito da tre passaggi fondamentali, premettendo che tutto si radica in una preghiera personale, in una libertà interiore e in una preparazione. Si arriva ai tavoli di lavoro di questi gremi, costituiti da non più di 12 partecipanti. Si affronta un tema in tre passaggi: ogni partecipante interviene in circa tre minuti sottolineando quello che per lui è essenziale. Questo, se da un lato permette ad ogni partecipante di contribuire, dall’altro suggerisce qualcosa di più profondo: ogni battezzato, in virtù del Battesimo, ha qualcosa da comunicare. Il battezzato non è solo chiamato a ricevere ma anche a dare il suo contributo alla fede. Dopo che tutti hanno parlato c’è un tempo di preghiera che aiuta a entrare nella dimensione di ascolto profondo. Segue un secondo giro di pochi minuti ciascuno, dove ognuno condivide ciò che lo ha colpito di più di quanto hanno detto gli altri, mettendo a fuoco dove in quelle parole ha sentito risuonare il Vangelo, la vita, il Signore e anche quali resistenze sono emerse. Si condividono sia i punti su cui ci si ritrova, sia le domande. È molto difficile non ribattere subito, non ribadire il proprio punto di vista. Ma proprio così si passa dall’io al noi, si tessono legami. Questo tessuto vivo che si crea è la base dell’ultimo passaggio, quello in cui si elabora il frutto del gruppo. Si costruisce non contrapponendo le diverse posizioni, ma raccogliendo quello che tutto il gruppo ha riconosciuto come vitale e le domande che il gruppo individua come temi da affrontare.

Ci sono due dimensioni importanti: una orizzontale e una verticale, in pratica quella dall’io al noi, quindi l’ascolto degli altri, non autoreferenziale e quella verticale di ascolto del Signore che parla attraverso i vari interventi, riconoscendo e discernendo ciò che in essi corrisponde veramente al Vangelo. È quasi una liturgia: il Signore che viene tra noi ci aiuta a conoscere i passi su cui andare avanti.

C’è chi obietta sottolineando che l’esperienza delle assemblee romane e continentali è lontana…
Il cammino sinodale vuole radicarsi nella vita diocesana. Senza Chiesa diocesana non c’è Sinodo. Non si tratta di fare cose nuove ma cercare di vivere il modo di riunirsi previsto (Consiglio pastorale, Consiglio presbiterale fino alla vita di battezzati in parrocchia), secondo questo metodo sinodale che rinnova e converte questo riunirsi. Le diocesi che lo hanno provato si sono trasformate: l’ascolto nella preghiera con i tre passaggi del metodo è trasformante.

C’è anche chi dice che queste discussioni non portano a niente…

Diciamo che non sempre i media hanno aiutato, penso – ad esempio – quando hanno sostenuto che il Sinodo sarebbe una sorta di cavallo di Troia per immettere ideologie nella Chiesa. I partecipanti – sia all’assemblea romana che a quella continentale – sono stati colpiti dal metodo di ascolto spirituale che ha consentito loro di superare le tensioni. Poi, altra questione, è che i passi devono essere fatti secondo le velocità di tutti quanti: l’obiettivo non è produrre nuovi documenti. I risultati già acquisiti si vedono piuttosto in quelle diocesi che sono cambiate scoprendo l’importanza di una Chiesa che ascolta e che partecipa. Si tratta di sperimentare e crescere nel locale.

Al Sinodo sono emersi temi che richiedono approfondimento teologico. Come state procedendo?

Ci sono le commissioni che stanno studiando e lavorando su diversi temi elencati nella Relazione di sintesi del Sinodo. Gli esiti saranno presentati al Santo Padre, perché sta a lui decidere se e come andare avanti. Pensiamo, tra queste, alla commissione sull’accesso al diaconato delle donne, a quella della riforma del diritto canonico e altre ancora. Infine, c’è l’altra grossa questione: come articolare autorità e partecipazione a livello diocesano, nel rapporto tra le Conferenze episcopali, le Chiese diocesane e il Vaticano. Questo sarà l’argomento della sessione di ottobre 2024, su cui è chiesto di lavorare nelle diocesi. Ci vuole tempo, per questo il Papa ha pensato ad un’assemblea generale in due sessioni e alle assemblee continentali. Non si possono affrontare questi temi in tre mesi e pretendere che dopo tre settimane a Roma, escano dei risultati.

Formazione del clero della diocesi di Lugano con p. Giacomo Costa
29 Gennaio 2024 | 13:30
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