Ticino e Grigionitaliano

I commenti al Vangelo di domenica 4 dicembre

Calendario Romano

Anno A / Mt 3,1-12 / II Domenica di Quaresima

Un germoglio fragile può rinnovare il mondo

di Dante Balbo*
Giorgio Gaber, cantautore lucidissimo, in una sua performance, alla luce della confusione spacciata per libertà, ebbe a dire, provocatoriamente, che quasi quasi gli veniva voglia di un dittatore. Senza auspicare una svolta autoritaria, rappresentava bene la tendenza umana a semplificare l’esistenza. Lo stesso vale per Dio, perché sarebbe più semplice se di fronte alla nostra disordinata inconsistenza Gesù fosse venuto su di un carro di fuoco, circondato da un esercito sterminato di angeli, veri, con ali grandi, voci tonanti da far tremare la terra. A volte Dio si è manifestato in questo modo, dividendo le acque del Mar Rosso, parlando dal turbine di fuoco sul monte Sinai, venendo come vento gagliardo sulla casa di Gerusalemme per Pentecoste, ma quello che ci viene annunciato oggi è il modo preferito del Signore per incontrarci, nella fragilità di un bambino, nella povertà di una mangiatoia, nell’improbabilità di una umanità scelta per salvare il mondo. Tutto questo ci riguarda, sia perché si tratta di un cammino che viene da molto lontano, per cui già Isaia il profeta ne parlava 700 anni prima dell’era cristiana, sia perché ci insegna un modo di affrontare l’esperienza quotidiana. Nella profezia della prima lettura si parla di un germoglio, la cosa più fragile da immaginare per avere il dominio su tutte le cose e un regno che non finirà mai, ma così pieno di vita da realizzare molti secoli dopo quanto Isaia aveva intravisto. Per noi significa che la conversione non è tanto l’idea di fare cose grandiose, cambiare l’assetto economico e sociale, diventare modello per popoli interi, ma scoprire l’opera di Dio nel quotidiano, nelle piccole cose, nei cambiamenti che impiegano una vita per essere fissati nel nostro cuore. Gesù ha piantato semi che solo ora spuntano, forse fra qualche secolo diventeranno piante rigogliose nel giardino del mondo rinnovato: a noi di accompagnarne la crescita, nel cammino di quotidiana scoperta di questi fragili germogli.

*Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino e su YouTube

Calendario Ambrosiano

Anno C / Mt 21, 1-9 / Domenica IV di Avvento

Una parola nuova per le coscienze e le città

di don Giuseppe Grampa
L’ingresso di Gesù in Gerusalemme è come una vera e propria rappresentazione di questo tempo di Avvento, tempo del venire di Dio in mezzo a noi. Ai molti titoli che possiamo adoperare per indicare Gesù oggi possiamo aggiungere: il «Veniente», Gesù «Colui che viene». E noi siamo un popolo che attende, perché Qualcuno viene. Non misuriamo forse il tempo a partire dalla sua venuta? 2022 dopo Cristo! Proprio perché il Signore è venuto noi siamo uomini e donne di memoria, chiamati a custodire e trasmettere una memoria. Le parole della fede noi le abbiamo ricevute da altri che prima di noi le hanno ricevute e custodite e trasmesse.
Ma non siamo solo uomini e donne di memoria, chiamati a custodire e trasmettere quanto abbiamo ricevuto. Il Signore che è già venuto è atteso e noi viviamo nell’attesa della sua venuta. Per questo il cristiano non è solo chiamato a custodire e conservare il passato, la memoria ma anche ad aprirsi al futuro, al nuovo. Niente è tanto distante dallo stile di Avvento quanto il rassegnato pessimismo di chi dice: «Niente di nuovo sotto il sole». Il Signore viene, il tempo non è ancora definitivamente concluso, noi non siamo chiamati solo a ripetere il passato ma siamo chiamati ad aprirci a colui che viene, alla sua novità.
L’evangelo di questa domenica annuncia inoltre la venuta del Signore nella città, a Gerusalemme dove entra non a cavallo, cavalcatura propria della guerra, ma in groppa ad un asino. Viene nella città perché la sua parola che è certo anzitutto rivolta alla coscienza e alla libertà di ogni uomo è altresì una parola per la città, per la convivenza civile. Quando la Chiesa alza la sua voce a difesa dei soggetti più deboli della società, contro la precarietà del lavoro, per il rispetto della dignità di ogni uomo senza discriminazioni, è fedele al suo Signore venuto nella città e per la città.
E viene sull’asino. Oggi questo asino è la Chiesa. È lei che porta Gesù ma in verità è Lui, il Signore, che la porta e la sostiene.

4 Dicembre 2022 | 07:44
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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