Ticino e Grigionitaliano

I commenti al Vangelo di domenica 14 aprile

Calendario Romano Lc 24,35-48 / III Domenica di Pasqua

La Risurrezione ci cambia la vita

di Dante Balbo*

Una donna frequentava la sua parrocchia, mentre il marito era non credente. Un giorno si decise a seguire la moglie, assistendo alla messa. Alla fine del rito chiese alla sua consorte di vedere il sacerdote che aveva celebrato. La signora si preoccupò, ma non osò contraddirlo e lo condusse in sacrestia. Questi si rivolse al celebrante perentoriamente:
«È vero quello che ha detto?»
«Cosa?», Rispose il presbitero.
«Che Gesù è risorto.»
«Sì, perché?»
«Perché se è vero, cambia la nostra vita.»
Questo è il succo di quanto ci propone la terza domenica di Pasqua, soprattutto nel discorso di Pietro, il capo degli apostoli, che annunciando la risurrezione del Messia chiede senza giri di parole ai suoi ascoltatori di convertirsi. Il termine greco usato è «metanoeite», cioè «cambiate testa, pensiero, prospettiva sulla vita». Questo significa diventare cristiani, accogliendo il pensiero di Gesù, non come un insegnamento morale, né un’indicazione su come diventare più buoni, ma stupiti, incantati da un fatto, sconvolti da un uomo che nella sua carne ha spezzato i vincoli della morte, ha proclamato che l’ultima parola non è la tomba, ma la vita straripante, l’amore senza confini, la vittoria sulla nostra fragilità, la fiducia in un padre che ci ama a tal punto da chiedere al Figlio amato di percorrere fino in fondo la vicenda umana per assumerla su di sé e trasformarla. Se siamo risorti con Lui, nulla più ci spaventa, ci sconfigge, ci dispera. Questa è la pace che Gesù ci dona, non l’assenza di conflitti, la vita sicura, la mancanza di sofferenze, ma la consapevolezza profonda che nessuna di queste cose ci potrà separare dall’amore di Dio. È il segreto di tutti i santi, uomini e donne che hanno scoperto l’effetto dirompente di questa Buona Notizia: sono rimasti fragili, fallibili, gravati da battaglie e sofferenze, pagando con la vita il loro convincimento, eppure incrollabili, capaci di rinnovare il mondo intero.

*Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino

Calendario Ambrosiano Gv 14,1-11a / Domenica III di Pasqua

In ogni nostro passo, l’anticipazione della meta

di don Giuseppe Grampa

Gesù dice: «Io sono la strada». Lasciamoci istruire da questo simbolo universale: la strada. Se la vita è cammino allora l’uomo è camminatore, ovvero cercatore. Non c’è quindi vita autentica se non nell’inquietudine della ricerca. Guai agli installati, a quanti si considerano arrivati, a coloro che sono così sazi da non aver più in cuore alcuna domanda, alcuna attesa, alcuna inquietudine. Anche la fede è cammino. E infatti il padre dei credenti, Abramo, è un grande camminatore. A lui Dio si rivolse con questo comando: «Parti, esci dalla tua terra e và verso la terra che io ti indicherò». E Abramo partì. Dopo di lui quanti camminatori, uomini e donne in ricerca. Anche il cammino della fede conosce la fatica di fare un passo dopo l’altro. La fede, allora, non è scorciatoia che ci esoneri dalla fatica paziente, non è espediente che ci liberi, d’un balzo, dalla ricerca. Certo, non sono mancate le conversioni improvvise, repentini squarci di luce che rischiarano la notte. Ma venire alla fede è sempre cammino, talora lunghissimo, fatto di tanti passi, anche di battute d’arresto, di soste, di ripensamenti, come quando stanchi decidiamo di rinunciare alla vetta e ripieghiamo più agevolmente verso il fondo valle. Il cammino è fatto di tanti passi: tutti necessari per arrivare alla mèta. Così anche la fede: tanti passi, tanti frammenti, tante piccole e grandi scoperte verso la pienezza della verità. Il cammino conosce tanti passi che attraversano luoghi diversi, piani, scoscesi, ripidi, accidentati; anche il cammino della fede può attraversare le più diverse esperienze umane: liete o dolorose, oscure o luminose. Così le diverse situazioni dell’esistenza possono aprirci alla verità. Ovunque possiamo trovare indizi che segnano il cammino.
Che il cammino di fede sia appunto cammino e non tranquillo possesso vuol dire rispettare ogni passo, per quanto incerto e stanco: in ogni passo c’è già la promessa, l’anticipazione della mèta.

| © unsplash
13 Aprile 2024 | 18:55
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