Ticino e Grigionitaliano

Dipingere «temi necessari». L'arte di Bruno Bordoli, pittore di Porlezza

Avevamo conosciuto meglio l’arte di Bruno Bordoli, pittore di Porlezza, nel 2019, quando alla Facoltà di teologia di Lugano presentò niente meno che il suo progetto di una Bibbia interamente illustrata in 380 tavole di grande intensità. Lo ritroviamo quattro anni e decine di opere dopo, intento questa volta a dare voce e corpo alle sofferenze del mondo: prima il Covid, poi la guerra. Per un semplice fatto: l’arte non solo è in grado di relazionarsi al vissuto delle persone, bensì essa stessa è vita, porta – incisi su di sé – i tratti che caratterizzano l’umano, anche quelli più scomodi, anche quelli meno comprensibili. Tanti, a questo proposito, gli scrittori letti, apprezzati e infine illustrati nel tempo dallo stesso Bordoli – da Testori, a Kafka, Manzoni, Goethe, Turoldo e fino all’«Inferno» di Dante – ma sempre con la stessa fondamentale «sete»: capire chi siamo e il mistero del nostro stare al mondo. A partire, ogni volta, dalle fonti bibliche.

Come Gesù davanti a Pilato

«Il Covid mi ha messo davvero di fronte a un bivio: non comprendevo il perché di tutta questa sofferenza. Mi sono sentito denudato, lasciato solo a me stesso così come immagino possa essersi sentito Cristo giudicato da Pilato poco prima della sua morte. Senza via di fuga. Da qui l’idea di dare vita a una serie di tavole a olio che illustrassero questa nostra condizione proprio integrando dei personaggi del Vangelo, in primis lo stesso Pilato. Mi è servito per elaborare quanto stavo vivendo, sebbene la pandemia, nei suoi primi mesi mi avesse sottratto ogni tipo di ispirazione e per diverso tempo non ho più impugnato un pennello. Ma alla fine, nei momenti difficili, dove trovi un’ancora? Sicuramente nella fede, nel Vangelo. C’è chi dice che la morte sia la fine di tutto; per me non è così: gli angeli, nei miei disegni, ma anche la presenza di Cristo stesso, magari dipinto proprio in mezzo alla folla, quasi irriconoscibile eppure presente, dicono che c’è una via di uscita. Così Gesù nei miei dipinti è elemento imprescindibile: la speranza che indica la via da seguire per salvarsi, che non è magari un salvarsi dalla malattia ma un salvarsi dell’umanità nella fede».

Da qui il senso di un impegno che ha visto Bordoli produrre in oltre cinquant’anni di lavoro e di collaborazioni migliaia di opere oggi custodite nel suo studio a Porlezza, in attesa di qualche altra mostra: «Penso che testimoniare la fede e la speranza sia un dovere etico. Come disse papa Paolo VI, l’arte – in specie quella sacra – è sempre un tramite tra il visibile e l’invisibile, indipendentemente dai pregi o i difetti che può avere l’artista. L’arte, insomma, può davvero essere lo spunto giusto per accedere al divino».

Il dramma della guerra

Dopo il Covid, il conflitto armato come nuovo soggetto da dipingere; di mezzo un Polittico in nove parti sulla vita di Cristo e alcune opere pregnanti a illustrazione del famoso libro-denuncia degli anni Novanta della giornalista russa Anna Politkovskaja, cruda descrizione dei crimini commessi in Cecenia che le sarebbe costata la morte, «un libro – sottolinea Bordoli – che mi ha colpito per la somiglianza con quanto sta avvenendo in Ucraina».

«Temi necessari»

Sempre sulla guerra, negli ultimi mesi «ho infine voluto dar vita a un’altra opera, che ho intitolato Strada cattiva: l’idea, vista come strada percorribile, di credere che valga la pena uccidere anche solo per il gusto di farlo, senza realmente credere che ciò risolva i problemi; tale mi sembra la motivazione – superficiale – adottata nelle guerre ora in corso. Si uccide, ben sapendo che non sarà questo a condurre alla soluzione del conflitto. Si tratta di temi che mi toccano, mi coinvolgono. Non dipingo mai per motivi estetici né mi pongo il problema se può piacere o no ciò che faccio; dipingo, per contro, temi necessari». (LQ)  

9 Maggio 2023 | 06:23
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