Glorificazione di S. Stefano eseguita tra il 1682 e il 1688 da Giovanni Battista Colomba (Arogno, chiesa di S. Stefano)
Ticino e Grigionitaliano

Arogno: edifici sacri come «libri aperti»

di Laura Quadri 

Un libro, non tanto per perdersi in lunghi e fumosi discorsi, quanto, piuttosto – scarpe comode ai piedi – per soffermarsi davanti al dettaglio mai notato, intraprendere percorsi nuovi e sperimentare l’arte«dicasa». Nasce così un’idea nuova, attraverso la quale nutrirsi – passeggiando per le vie di Arogno – di arte e cultura, elaborata in un tempo come quello pandemico, in cui corpo e anima chiedevano di «sconfinare». Una proposta, infine, che torna a rivelarsi utile, in questo assolato periodo estivo, dove il refrigerio può essere trovato soffermandosi all’ombra di qualche oratorio o di qualche cappella, come erano soliti fare i nostri avi. È con questo spirito che vi proponiamo di andare alla scoperta dell’ultimo volume dello storico ticinese Mario Delucchi – il quinto della collana «Arogno racconta» – questa volta soffermatosi sui monumenti sacri del proprio paese, come indica il titolo: «Monumenti e luoghi sacri di Arogno» (ed. Fontana, 2021). 

Mario Delucchi, perché proprio ora un volume specifico sui luoghi sacri di Arogno? 

La Collana «Arogno racconta» si propone di promuovere la conoscenza di Arogno nei suoi elementi più significativi: i luoghi, le realizzazioni umane, i personaggi, le opere d’arte, le vicende storiche, insomma tutto ciò che ha contribuito a creare un villaggio sopravvissuto allo spopolamento e all’abbandono. Nessun argomento è di per sé escluso. Ogni ricerca contribuisce a salvare conoscenze che altrimenti andrebbero perse. Il tema dei monumenti religiosi e dei luoghi sacri è stato oggetto in passato di vari studi, ma sempre puntuali. Mancava una visione d’assieme che illustrasse la ricchezza delle testimonianze presenti nel territorio: una chiesa parrocchiale, cinque oratori, sette cappelle, piloni e colonne votive, monumenti funerari e altri segni minori di matrice cristiana. È ciò che ho cercato di fare. 

Nella Prefazione, indica che il volume vuole essere un invito non solo a «vedere», ma soprattutto a «guardare»: qual è lo scopo preciso della pubblicazione? 

Mi viene naturale paragonare una chiesa o un oratorio a un libro aperto che racconta tante storie, non con le parole, ma con delle scene e dei simboli. Le scene a volte sono esplicite, a volte bisogna interpretarle. Ad esempio, tutti sanno interpretare un affresco in cui sono rappresentati i Re Magi inginocchiati di fronte a Gesù e alla Madonna. È una scena nota. Se però tra le fronde degli alberi è inserito un uccello dalle piume d’oro, allora bisogna chiedersi quale messaggio l’autore vuole veicolare. E quando si scopre che rappresenta l’Araba Fenice, l’uccello risorto dalle proprie ceneri dopo aver vissuto cinquecento anni, allora si comprende quale relazione esiste con la nascita di Gesù. Bisogna guardare ogni particolare, non accontentarsi di una percezione globale. 

Al centro del saggio troviamo l’iconografia: cosa si intende con questo termine? 

L’iconografia è la descrizione delle figure allegoriche o simboliche. La parola ha la sua radice nel termine icona, cioè immagine sacra. Quindi descrizione dell’immagine, non disgiunta però dal senso. L’iconografia indaga sul significato delle immagini: quali sono i personaggi rappresentati, quale azione stanno compiendo, in quale contesto vivono, ecc. Per far questo bisogna però ritornare spesso ai testi sacri o alle tradizioni che hanno ispirato l’artista nella sua rappresentazione, in particolare il Vecchio e il Nuovo Testamento. Ad esempio, tra i dottori della Chiesa troviamo San Gregorio che è spesso rappresentato con una colomba sulla spalla. La tradizione vuole che fosse questo uccello a suggerirgli i canti che egli dettava a un monaco (canti gregoriani).

In breve, quali sono i monumenti più notevoli del patrimonio storico-artistico di Arogno? 

Non credo si possa stabilire una gerarchia tra i monumenti storico-religiosi di Arogno. Ognuno di essi ha una sua dignità e un suo valore culturale. Ma se proprio dovessi farlo, allora menzionerei la cappella della Madonna del Rosario, nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano, opera principalmente dello scultore Giovanni Antonio Colomba (1585-1650), che la portò a termine tra il 1625 e il 1630. Oppure la Madonna in trono, piccola statua lignea medioevale, che risale al XII secolo. Ma anche l’oratorio di Valmara, con i dipinti illusionistici del pittore arognese G.B. Innocenzo Colomba (1717-1801), o la cappella della SS. Trinità situata alla frazione della Canova, con affreschi del XV-XVI secolo attribuiti a pittori della Scuola Seregnese. È un patrimonio talmente ampio ed eterogeneo che risulta difficile inserirlo in una scala di notorietà. I committenti erano le famiglie più abbienti, come è il caso degli Stella (Cappella della Madonna del Rosario), dei Cresta (Cappella dei Re Magi) e dei Santo-Michele (Cappella di Sant’Antonio di Padova). L’oratorio di San Rocco era privato, (famiglia Spezza) e così via. 

Qual è l’eredità che questi monumenti ci lasciano?

Direi che perpetuano valori universali, insiti nella tradizione cristiana, valori che, al di là di ogni convincimento religioso, dovrebbero ispirare continuamente il vivere civile e che ci investono anche di una grande responsabilità, quella della conservazione e della valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese.

Glorificazione di S. Stefano eseguita tra il 1682 e il 1688 da Giovanni Battista Colomba (Arogno, chiesa di S. Stefano)
11 Luglio 2022 | 09:38
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