Ticino e Grigionitaliano

«Nella mia arte parlo di Dio guardando a Cristo e al creato». Alla Salita dei Frati una mostra retrospettiva delle opere di Fra Roberto Pasotti

di Laura Quadri

«Leggo tutto alla luce della fede. Dio vuole bene all’uomo e se l’uomo corrisponde a questo amore riceve una carica incredibile. Ancora oggi posso dire di non aver cercato nulla, ma di avere solo ricevuto gratuitamente». È con questo sguardo commosso che fra Roberto Pasotti, in festa per i suoi 90 anni, ci confida di guardare al lungo cammino compiuto. Un percorso in cui nel suo caso alla vocazione cappuccina si è molto presto intrecciata quella per l’arte, espressa sotto molteplici forme, dalle vetrate, alle vie crucis, ai quadri, condecorando diverse chiese del Ticino, ma anche della Svizzera tedesca. Ora, in occasione dei festeggiamenti, una mostra presso la chiesa dell’ex convento della Salita dei Frati a Lugano – che verrà inaugurata oggi alle ore 17 con la partecipazione di mons. Alain de Raemy – intende ripercorrerne l’opera.

I lavori attuali e la mostra
«Attualmente lavoro alla cappella della casa anziani di Canobbio, oltre che ad alcune vetrate per committenti privati e a un dipinto murale che verrà collocato su una facciata del nuovo centro della Masseria del confratello fra Martino Dotta a Cornaredo. Mi è stato concesso, secondo una possibilità prevista dalle nostre costituzioni, di vivere proprio a Canobbio extra muros, ovvero, pur sempre in contatto con una comunità – nel mio caso quella di Bellinzona – di avere i miei spazi e il mio atelier in cui continuare a lavorare. La mostra che presentiamo, curata da Aurelia Antonini, Giulio Foletti e Maria Will presenta le opere più significative, dal 1957 in poi», ci spiega.

La formazione
Proprio gli anni Cinquanta risulteranno per la formazione di fra Roberto Pasotti i più cruciali, anni di apprendimento non tanto accademico, ma – come tiene a sottolineare – da vero artigiano e«da bottega»: «Il mio avvicinamento all’arte incominciò durante gli anni di seminario a metà del secolo scorso al Convento di Faido, quando il superiore di allora, padre Giuliano Gavirati, persona molto sensibile all’arte, decise di concedermi una grande cella interamente per me per cominciare a sviluppare questa mia passione. Commissionandomi anche la mia prima opera: un quadro da collocare sopra l’altare della chiesa conventuale, che ritraesse fra Ignazio da Laconi, francescano che stava per essere beatificato. Non ho in questo senso frequentato alcun corso di laurea. Piuttosto mi era permesso viaggiare molto. Con molti sacerdoti visitavo di frequente i musei d’arte della vicina Italia e dellaSvizzera. Così ho iniziato a rubare il mestiere ai più bravi».

Interprete del Concilio
Mentre gli vengono commissionate le prime opere – come, a Campello, sempre in Valle Leventina, il graffito raffigurante Cristo benedicente – cambia anche l’approccio all’arte della Chiesa e fra Roberto ne diviene l’interprete: «Gli anni del Concilio Vaticano II contribuirono ad un profondo rinnovamento anche dell’arte sacra. Iniziò allora per me il contatto sempre più frequente con parrocci, consigli parrocchiali e critici d’arte, tutte persone che mi hanno dato fiducia e possibilità di impegnarmi in un lavoro di rinnovamento sia nei dipinti murali che nelle vetrate», ricorda.

Il significato del proprio lavoro
Oggi, dopo centinaia di opere, condecorare una chiesa, come ci spiega, rimane per lui un gesto di grandissima importanza: «L’ambiente e lo spazio della chiesa sono un luogo privilegiato per riscoprire e accrescere la propria fede. Uno spazio che è sempre stato ricco di opere d’arte che aiutassero l’uomo ad entrare in sintonia con la dimensione divina e con la contemplazione. Si dice che l’artista sia baciato in fronte da Dio. Operare in uno spazio creato per il culto, per la preghiera e la meditazione impegna infatti l’artista ad una profonda ricerca ed analisi del suo lavoro creativo».

Temi francescani
Sui soggetti preferiti fra Roberto non ha dubbi: «Ho sempre sviluppato dei temi a me cari come il valore fraterno dello spezzare il pane nei dipinti delle Ultime Cene o nell’episodio della cena diEmmaus. Anche la passione diCristo, la sua sofferenza, la sua Morte sono temi importanti per aiutare l’uomo a comprendere il valore della presenza delCristo Risorto nel nostro quotidiano e nella speranza della vittoria finale sulla morte. Ma hanno inciso parecchio anche la formazione che ho avuto e la conoscenza del messaggio francescano. Il tema della passione di Cristo ma anche l’esaltazione della magnificenza del creato, temi che San Francesco amava, mi hanno sempre coinvolto e ancora oggi mi ispirano».
In occasione di questi 90 anni è infine ai fruitori della sua arte a cui va il pensiero conclusivo: «Bisogna creare un rapporto con l’opera d’arte, ma è un dono che non tutti hanno. In ogni caso è fondamentale andare oltre le forme per cogliere il messaggio profondo che si vuole trasmettere. Qualsiasi opera d’arte racchiude un messaggio particolare che si offre a chi la guarda ma soprattutto a chi la sa ascoltare. È di questo ascolto che abbiamo bisogno».

Oggi il vernissage con mons. de Raemy

Intervengono al vernissage della mostra «Con arte, con fede», oggi alle 17 nella chiesa della Santisisma Trinità a Lugano, oltre a mons. de Raemy, Roberto Badaracco, vice sindaco di Lugano; Mario Branda, sindaco di Bellinzona; Fabio Stampanoni, vice presidente della «Fondazione Salita dei Frati», e Bruno Cocchi, vice presidente della Fondazione «L’arte di Fra Roberto». Alla mostra, che rimarrà visitabile fino al 14 gennaio (il sabato e la domenica dalle 14 alle 18), si accompagna la pubblicazione di un libro edito da Fontana Edizioni.

| © catt
21 Ottobre 2023 | 07:46
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