La parabola del Figliol prodigo del pittore spagnolo Bartolomé Esteban Murillo (1617 - 1682).
Ticino e Grigionitaliano

XXIV Domenica del Tempo Ordinario. Il commento al Vangelo

Calendario romano: Luca 15, 1-32

Negli ultimi due secoli si è verificato un fenomeno singolare, che ha origini lontane, ma che in quest’epoca si è manifestato a livello planetario come una trasformazione culturale radicale. Dio è morto, come cantavano i Nomadi e Guccini negli anni ›60, riconoscendo che l’ateismo teorico, ma soprattutto nella pratica quotidiana, si era diffuso a tutti i livelli della popolazione occidentale. In realtà il vissuto delle persone è più complesso, sono sorte altre credenze una volta smontate quelle tradizionali, ma per la prima volta nella storia il senso religioso è stato quasi cancellato dalla struttura sociale, per divenire sempre di più un fatto privato, soggettivo e relativo. Con altro linguaggio, quello della famiglia e dell’eredità, parla il Vangelo di questa 24esima domenica del Tempo Ordinario, ma come spiega don Willy Volonté, ci riguarda da vicino e attraversa ogni tempo. La Parabola del Padre Misericordioso è talmente conosciuta che potremmo sorvolarla, se non ci interrogasse, rispetto alla nostra distanza dalla casa del Padre e al risultato di questa presunta libertà. Abbiamo voluto fare da soli e la conseguenza è la diffusione della cultura dello scarto, si sono accelerati i processi di omologazione, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è divenuto sistematico e consapevole, l’individualismo ha generato un consumatore irrazionale e compulsivo, distruggendo comunità millenarie in Asia e Africa. Mai come oggi sono cresciuti i disturbi riconducibili alla solitudine: depressione, isolamento, disagio sociale, ecc. Come per il figlio prodigo la condizione estrema è divenuta occasione per ripensare la sua vita, la salvezza ci raggiunge se permettiamo al nostro cuore di avere nostalgia di casa e ci rimettiamo in cammino. C’è un Padre che ci viene incontro con le braccia spalancate, per noi ha preparato il banchetto del re e ci chiama nella pienezza della gioia offrendoci il dono più prezioso, il suo stesso figlio. A casa, gli ultimi non soffrono la fame e nessuno è solo.

Dante Balbo, il Respiro spirituale di Caritas Ticino, su TeleTicino e su YouTube.

Calendario ambrosiano: Mt 21, 28-32

La parabola dei due figli conferma che i fatti contano più delle parole, solo i fatti, solo il nostro agire realizza con verità le nostre parole. E non a caso, nell’ ultimo giorno, la nostra vita sarà giudicata non già a partire dalle parole che avremo detto, non ci sarà chiesto conto delle nostre professioni di fede o delle nostre parole devote, l’ultimo giorno la nostra vita sarà giudicata dall’agire, dalle concrete e materialissime azioni compiute: ci sarà chiesto conto del pane che abbiamo condiviso, delle sete che abbiamo placato, del calore che abbiamo dato a corpi infreddoliti, dell’ospitalità per il forestiero, della compagnia donata a malati e carcerati. È così vero che più volte ritorna sulle labbra di Gesù l’appello a non limitarsi a dire la verità ma l’impegno a «fare» la verità (Gv 3,21). Infatti: «beati coloro che ascoltano la mia parola e la mettono in pratica» (Lc 8,19ss.). Questo primato dell’agire non significa svalutare il contenuto della fede che è compito necessario al quale la Chiesa non si è mai sottratta, anzi. E riconosciamolo, battendoci il petto: in nome dell’ortodossia, cioè della rigorosa formulazione della fede purtroppo sono stati accesi roghi o comminate scomuniche fino all’ eliminazione fisica di chi enunciava dottrine ritenute erronee. Alla luce della parabola odierna dovremmo avere cura non solo per l’ortodossia, la retta enunciazione della fede, ma anche per l’ortoprassi, cioè il retto agire conforme alla fede evangelica. E infine solo un cenno alla conclusione della parabola: il secondo figlio ha saputo ravvedersi e agire secondo la volontà del Padre che lo chiamava al lavoro. Gesù rimprovera i suoi contemporanei che non hanno accolto l’appello alla conversione rivolto loro da Giovanni Battista. Pubblicani e prostitute, due categorie di persone allora massimamente disprezzate, hanno invece raccolto l’appello a cambiare vita e quindi saranno, proprio loro, i primi nel Regno. Anche noi accogliamo l’appello a una vita coerente con l’Evangelo della fraternità.

Don Giuseppe Grampa

La parabola del Figliol prodigo del pittore spagnolo Bartolomé Esteban Murillo (1617 – 1682).
11 Settembre 2022 | 15:02
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