Ticino e Grigionitaliano

XXII Domenica del Tempo Ordinario: commento al Vangelo

Calendario romano: Marco 7,1-8.14-15.21-23

Lavarsi accuratamente le mani con il sapone o con un liquido igienizzante. Pulire con appositi prodotti ad azione antisettica le superfici e i punti di contatto degli oggetti usati e dei mobili presenti in chiesa. Nella storia recente, mai come nel corso degli ultimi mesi i ministri e i fedeli presenti nelle funzioni liturgiche sono stati tenuti ad attenersi a norme che potremmo definire «di purificazione ». Cogliamo questa nuova situazione come invito a soffermarci sul disappunto espresso da un gruppo di contemporanei di Gesù, allorquando constatarono che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate. C’è una differenza essenziale tra la purificazione rituale delle mani ancora in uso tra gli ebrei praticanti e il nostro lavarci accuratamente le mani prima di celebrare l’Eucaristia. La nostra è una norma igienica atta ad evitare un possibile contagio; la purificazione delle mani rituale praticata dal pio israelita dovrebbe invece rammentargli che il pane che lui mangia è sacro perché è un dono di Dio e per questo va toccato solo con mani pure. Ma un rito può anche perdere il suo significato originale e diventare un puro atto formale. E questo sembra essere stato il caso per molti contemporanei di Gesù, i quali osservavano ossessivamente il rito della purificazione delle mani e molti altri riti simili, concentrando la loro attenzione sulle persone o sugli oggetti con le quali erano venuti in contatto e non sul loro rapporto con Dio. Per Gesù invece le mani, che sono il simbolo dell’azione, non vengono rese impure dagli oggetti o dalle persone, ma da ciò che esse hanno fatto o hanno omesso di fare. Le mani possono servire per uccidere o per dare vita, per dar da mangiare agli affamati, per rivestire gli ignudi, per curare le ferite di uno sventurato. Queste azioni gradite agli occhi di Dio rendono veramente pure le mani. E così anche il nostro igienizzare le mani in tempo di pandemia per evitare di contagiare altre persone assume un valore spirituale, oltre che sanitario.

Agostino Del-Pietro


Calendario ambrosiano: Matteo 10,28-42

Domenica scorsa leggevamo le parole di Gesù ai discepoli inviati in missione; oggi si conclude questo «discorso missionario» con altre indicazioni. Anzitutto, il discepolo non parte, ma è «mandato». Insistente è il richiamo: chi accoglie voi, accoglie me e anche un bicchiere d’acqua fresca dato al discepolo proprio perché discepolo non passerà inosservato agli occhi di Dio. Il discepolo è parte forte di una presenza che come ombra lo accompagna: un Altro parla in lui, di un Altro sono le parole che deve dire, ad un Altro prepara la strada. Per questo il discepolo non deve avere paura. Uno sguardo vigile lo segue, lo sguardo di quel Padre che conta perfino i capelli del nostro capo: nemmeno uno cade a terra senza che questo sguardo paterno lo segua benevolmente. Se il volo dei passerotti e la sorte dei nostri capelli non sfugge allo sguardo di Dio, potrà forse sfuggirgli la sorte di uno dei suoi discepoli? Di qui nasce il coraggio. Il discepolo dovrà affrontare prove decisive e compiere scelte coraggiose. È possibile che la sua stessa vita sia a rischio e che debba scegliere tra la vita da un lato e la fedeltà alla missione dall’altra. Confidiamo che a noi sia risparmiata una tale drammatica scelta ma ci è comunque domandato il coraggio della coerenza con l’Evangelo, ad ogni costo. Ancora una volta, con questa parola carica di minaccia che sembra distante dall’Evangelo, viene affermata la nostra libera scelta: dobbiamo liberamente scegliere di stare dalla parte di Dio, scegliere di dichiararci suoi. Infine la coerenza con l’Evangelo potrà esigere dure scelte che segnano dolorosamente anche gli affetti più cari, i legami familiari. I vincoli del sangue che chiamiamo «sacrosanti» non devono impedirci la coerenza con l’Evangelo che è «spada a due tagli » (Eb 4,12). È questa la spada che Gesù è venuto a portare, appunto quella Parola che è segno di contraddizione, è giudizio, è coraggiosa decisione; coraggio che, però, può nascere in lui solo dalla fiducia in questo sguardo.

Don Giuseppe Grampa

29 Agosto 2021 | 05:20
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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