Ticino e Grigionitaliano

XVIII Domenica del Tempo Ordinario. I commenti al Vangelo

Calendario romano: Lc 12, 13-21

Qoelet o Ecclesiaste, che non c’entra con la Chiesa se non in senso ampio, è il termine greco che significa «colei che raduna, anima». È il nome del libro della prima Lettura di questa domenica e conduce ad una analisi spietata sulla condizione umana, un testo che avrebbe potuto scrivere un autore come Sartre, in un’epoca in cui si dice che Dio è morto. Persino Voltaire si è stupito che questo testo fosse inserito nel canone biblico, perché un riferimento a Dio è incluso solo alla fine, quasi a sigillare con una pia illusione una scrittura altrimenti senza speranza. Il Vangelo sembra concordare con il sapiente dell’Antico testamento, perché anche Gesù ricorda tutto l’affanno di chi non sa contare i propri giorni e si illude di avere il potere su di essi, narrando la parabola dell’uomo che si arricchisce, progetta anni di riposo a godere dei suoi beni, senza sapere che la notte stessa sarà chiamato in giudizio da Dio e con sé non porterà nulla. La differenza, rileva don Willy Volonté commentando la liturgia domenicale, la troviamo nella seconda lettura, in cui l’apostolo ci invita a considerare la nostra vita nascosta in Dio, laddove è il nostro destino, la pienezza di un’esistenza che non può essere confinata nelle fragili realtà terrestri, o peggio, ad esse soggiogata. Tuttavia, se nella prima lettura tutto è vanità, nella seconda tutto è proiettato in un oltre cui le cose di questo mondo non potranno mai arrivare, nel Vangelo l’ammonimento di Gesù non è motivo di disprezzo per la realtà, solo di un giusto equilibrio, di uno sguardo che proprio perché non si fa legare dalle cose, le può valorizzare, renderle preziose. Se la nostra vita ha il suo fine in Dio infatti è perché Gesù nella Trinità ha portato proprio la povera polvere di cui siamo fatti, quella stessa materia che ha condiviso con noi, vivendo fra Nazareth e Cafarnao, accogliendo anche l’orrore e il non senso della morte, per riscattarci.

Dante Balbo, dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube 


Calendario ambrosiano: Mt 22, 15-22.

L’evangelo odierno è l’unica pagina che è in qualche modo rivolta alla politica cioè a quella attività che si fa carico della città, la polis appunto, la civile convivenza. Con la prima parte della sua risposta Gesù riconosce lo spazio legittimo della politica. Nella comunità cristiana delle origini serpeggiava, probabilmente, una sorta di anarchia di natura religiosa. È significativo il richiamo, ripetuto, nelle lettere di Paolo, al rispetto per l’autorità costituita, anzi la preghiera per i governanti come leggiamo nella seconda lettura di oggi (1Tim 2,1s.). Dare a Cesare quel che è di Cesare vuol dire riconoscere la legittima autonomia della politica e contrastare la tentazione da parte delle religioni, delle Chiese, di invadere lo spazio della politica. Questa invasione ha un nome: teocrazia, ovvero «governi da parte di Dio», naturalmente per mezzo di una Chiesa o religione. Non sono mancate in passato e anche oggi non mancano forme di teocrazia, forme di organizzazione della convivenza civile, guidate, controllate direttamente dall’autorità religiosa. Il Papa-Re che ha governato per secoli una parte del nostro Paese – gli Stati pontifici – è stato per noi l’ultima espressione di una teocrazia. Ma dopo aver affermato il valore della politica Gesù ne riconosce il limite, affermando: «Date a Dio quel che è di Dio». Come dire: la politica non è tutto, non deve invadere l’intera esistenza delle persone e non è il valore supremo; decisivo è lo spazio della coscienza dove l’uomo compie le sue scelte. Il secolo appena trascorso ha conosciuto stagioni terribili di dittatura, di statalismo, forme di una politica che non riconosceva i propri limiti. Con altre parole: solo davanti a Dio e alla sua legge mi metterò in ginocchio; davanti agli altri uomini, anche ai politici più illustri e alle loro leggi, resterò rispettosamente in piedi, pronto a cambiarle con gli strumenti della democrazia.

don Giuseppe Grampa

| © unsplash
31 Luglio 2022 | 05:53
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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