Ticino e Grigionitaliano

Un'antica tradizione in cammino, memoria di un dono gratuito ma non scontato

Sono diversi secoli di storia che riportano alle origini della solennità. La beata Giuliana di Retîne, priora del Monastero di Monte Cornelio vicino a Liegi, in una visione mistica del 1208 vide la luna con una parte adombrata, segno che lei riconosceva come immagine della Chiesa del tempo che ancora mancava di una festa annuale dedicata al Santissimo Sacramento. Il canonico Giovanni di Lausanne presentò la richiesta al Vescovo e nel 1246 fu fissata la festa nel calendario diocesano. Nel 1264 Papa Urbano IV estese questa solennità a tutta la Chiesa, anche in seguito al miracolo eucaristico di Bolsena: qui un sacerdote, nel dubbio che l’Eucaristia fosse realmente presenza del Signore, si trovò l’ostia sanguinare durante la consacrazione. Questo sangue, sul lino del corporale e su alcuni sassi dell’altare, è ancora conservato nel Duomo di Orvieto. Il giorno particolarmente dedicato all’Eucaristia è senz’altro il Giovedì Santo: è il momento nel quale Cristo ha donato l’Eucaristia come segno della sua presenza. Il Corpus Domini è invece l’occasione per meditare la presenza di questo sacramento: è l’adorazione di un Mistero che accompagna la Chiesa nel tempo e nella storia. Le processioni che attraversano i nostri paesi sono l’attestazione di una fede che attraversa i secoli.

«Fate questo in memoria di me»: il comando del Signore rievocato ad ogni santa Messa indica proprio nella Comunione del Pane consacrato la via per trovare quell’unità che spesso manca nel mondo e nella Chiesa stessa. E anche se sembra che ormai le processioni del Corpus Domini siano un retaggio di un passato che ormai non dialoga più con le strade che percorrono, soprattutto negli ambienti più urbani, bisogna ammettere che la Solennità annuale è un’occasione propizia.

Non siamo possessori del Santissimo Sacramento, non è dato pensarlo come scontato nella vita della Chiesa. È un mistero che – nel suo intreccio tra iniziativa divina e risposta umana – richiama ad una presenza tutt’altro che banale. Forse il ruolo della solennità del Corpus Domini nella pastorale attuale è proprio quello di richiamare l’attenzione ad un sacramento, «fonte e culmine di tutta la vita cristiana », a volte dato per scontato. Vale la pena, un giorno all’anno, fermarsi per rendersi conto che la straordinarietà dell’Eucaristia non può essere considerata ordinaria. In un antico inno scritto da San Tommaso d’Aquino (+1274), il Pange lingua, si trovano le seguenti parole: « praestet fides supplementum sensuum defectui ». «La fede supplisca al difetto dei nostri sensi»: i sensi umani, neanche i più educati e formati, riusciranno mai a comprendere il Mistero eucaristico. E proprio perché è un dono vale la pena di fermarsi a contemplarlo. Allora il Corpus Domini non è solo una festa del passato, una ricorrenza desueta, una memoria delle azioni dei nostri avi: è il richiamo ad una presenza tanto ordinaria quanto straordinaria. La Comunione che Dio ci offre è la strada per la comunione tra gli uomini, anche per il nostro tempo. Nelle distrazioni quotidiane che distolgono l’attenzione è bene fermarsi per contemplare «il frutto di un grembo generoso » (« fructus ventris generosi »): ciò che è gratuito, ma non scontato, il Corpo e Sangue del Signore.

di don Emanuele Di Marco, Centro Liturgia Pastorale

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16 Giugno 2022 | 06:31
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