Mons. Pier Giacomo Grampa, vescovo emerito di Lugano.
Ticino e Grigionitaliano

Un testo di Pier Giacomo Grampa «in attesa del nuovo vescovo di Lugano»

Il vescovo emerito di Lugano Pier Giacomo Grampa ha voluto ricordare in questi giorni in cui è in ballo un’iniziativa di alcuni privati cittadini per raccogliere delle firme per esprimere il desiderio che si cambi la legge del 1968 che regola i rapporti tra Stato e Chiesa nella clausola di nomina del vescovo, quanto scritto dallo stesso Grampa nella lettera pastorale alla Diocesi di Lugano per l’anno pastorale 2011-2012, «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi». Pubblichiamo di seguito il testo del vescovo emerito Pier Giacomo su diversi aspetti che entrano in discussione quando si tratta della scelta di un vescovo.

«Per quanto diverse possano essere state nella storia le modalità di elezione o di nomina dei vescovi, una costante è presente in tutte le procedure: la preghiera. La preghiera è fondamentale nella procedura di elezione o di nomina dei vescovi, se si vuole restare fedeli alle modalità presenti nella Scrittura a proposito delle prime comunità (cfr. Atti 1, 21-26; Atti 13,2-3; Atti 14, 21-23; Tito 1,5-9).

Oggi tra le due modalità di designazione più conosciute, quella della nomina da parte del Papa e quella della elezione da parte di gremi particolari – si veda in proposito il canone 377 del Codice di diritto canonico – credo si debba perseguire una sapiente via di equilibrio con una azione congiunta della Chiesa universale e le Chiese particolari, con una significativa partecipazione del presbi- terio e dei fedeli interessati.

Che l’autorità statale non debba più intervenire è acquisizione di libertà della Chiesa e di distinzione dei poteri, che torna a favore di una pacifica convivenza, che non impedisce la collaborazione, se la laicità viene intesa in modo positivo.

Nel prendere in considerazione candidati per il servizio episcopale occorre tenere presenti le qualità umane riguardanti l’età, la salute, la resistenza al lavoro, le attitudini intellettuali, il temperamento ed il carattere, l’equilibrio nel giudicare. Sono da valutare la formazione umana, cristiana e sacerdotale. La capacità di offrire una testimonianza gioiosa delle virtù umane (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e teologali (fede, speranza e carità). Per una Chiesa complessa come quella svizzera anche la conoscenza delle lingue nazionali deve essere tenuta in giusta considerazione. Evidentemente si richiede un’adesione convinta e leale alla dottrina e al Magistero ecclesiale, in particolare su alcuni punti come il sacerdozio ministeriale, l’ordinazione delle donne, il matrimonio, la giustizia sociale e le indicazioni dottrinali contenute nel Concilio e nel Catechismo universale della Chiesa cattolica.

Viene richiesta fedeltà e rispetto al Santo Padre, alla Sede apostolica e alla gerarchia; fedeltà al celibato e alla liturgia delle ore e il rispetto delle norme che regolano la Sacra Liturgia.
Si richiede un’appropriata esperienza pastorale, capacità nell’evangelizzazione, nella catechesi e nella predicazione; sensibilità per le vocazioni; impegno per le missioni e spirito ecumenico. Non meno importanti sono le qualità per il governo: un cuore di padre, senso di servizio e di iniziativa, disponibilità alla guida, al dialogo e alla collaborazione, capacità organizzativa, decisionale ed esecutiva.

Necessarie sono pure le competenze amministrative, la salvaguardia dei beni della Chiesa ed il rigore nella giustizia.

Si valuti pure la considerazione pubblica da parte dei confratelli, del popolo e delle autorità, prestando particolare attenzione alla integrità personale dei candidati, alle loro qualità per guidare la diocesi, all’accettazione da parte del presbiterio e dei fedeli, alla loro fedeltà alla gerarchia e al Sommo Pontefice.

Ce n’è abbastanza per procedere con delicatezza, prudenza, serenità di giudizio e consapevolezza che nessuno possiede in misura completa e totale tutti questi requisiti. Si proceda dunque con rispetto, riservatezza e carità, evitando ogni personalismo, pregiudizio o simpatia personale e pregando lo Spi- rito Santo perché illumini nell’offrire risposte obiettive e veritiere. Ultima, ma non secondaria condizione, è che il candidato sia «choisi parmi les prêtres ressortissants tessinois» (cfr. Convenzione tra la Svizzera e la Santa Sede del 16 marzo 1888: «L’Evêque de Lugano sera nommé par le Saint-Siège et sera choisi parmi les prêtres res- sortissants tessinois», ripresa integralmente dalla Convenzione del 24 luglio 1968 fra la Santa Sede e il Consiglio federale svizzero), che non vuol dire esclusivamente tra quelli «incardinati» in diocesi, ma che godono della cittadinanza ticinese. Quindi anche un prete «ressortissant tessinois», non incardinato, perché religioso o residente altrove, può entrare in considerazione, nonostante la formulazione della «Bolla di fondazione della Diocesi di Lugano nella Svizzera» di Leone XIII del 7 settembre 1888, dove si legge che «L’Ammini- stratore Apostolico di Lugano dovrà poi essere eletto dalla Santa Sede fra i Sacerdoti soggetti alla giurisdizione Luganese, sentito il parere del Vescovo di Basilea». Molti altri aspetti di questa bolla sono stati superati dall’evoluzione dei tempi.

La norma del «ressortissant tessinois«, legata al momento in cui la diocesi di Lugano è nata, è stata sentita subito come troppo restrittiva, ma intanto è ancora valida e da rispettare. Si voleva infatti garantire non tanto la diocesanità del candidato, quanto la sua «ticinesità» nel contesto svizzero»

Pier Giacomo Grampa, tratto dalla Lettera pastorale «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi»

Sul tema leggi anche: Petizione per il nuovo vescovo di Lugano: c’è voglia di cambiare le regole

Mons. Pier Giacomo Grampa, vescovo emerito di Lugano. | © catt
25 Febbraio 2023 | 22:11
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