Pio XII
Internazionale

Un convegno prova a svelare la strategia diplomatica e di resistenza di Pio XII durante la seconda guerra mondiale

Un convegno alla Pontificia Università Gregoriana di Roma ha permesso in questi giorni di fare luce con la divulgazione di documenti sulla strategia che Pio XII avrebbe adottato durante la seconda guerra mondiale, in particolare fronte il dramma dell’olocausto. Dei documenti – secondo i ricercatori e gli esperti intervenuti – mostrerebbero come Papa Pio XII abbia adottato una resistenza sia diplomatica che segreta in relazione al genocidio ebraico.

Al convegno è intervenuto il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che ha sottolineato l’importanza di stabilire la verità storica, osservando che i documenti presentano un’immagine diversa di Pio XII rispetto all’immaginario comune. Tra l’altro i partecipanti hanno osservato un minuto di silenzio per le vittime in Israele e a Gaza a causa dell’escalation di violenza.
Riguardo ai temi del convegno Parolin ha citato il contributo positivo di Pio XII nei confronti degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, testimoniato da fonti di rabbini ebrei dell’epoca. È stata evidenziata la posizione della Santa Sede a favore del popolo ebraico già nella Prima guerra mondiale e come gli archivi rivelino la «resistenza non dichiarata» di Pio XII. È stata anche affrontata la polemica sul silenzio di Pio XII sull’Olocausto, indicando che egli parlò di «massacri per odio razziale», ma non di «sterminio». La conferenza ha cercato infatti di fare luce su questo delicato periodo storico alla luce anche dei nuovi documenti sul pontificato di Pio XII e sul loro significato per le relazioni ebraico-cristiane offrendo un dialogo tra storici e teologi.
Il cardinale Parolin ha ribadito che la strategia di Pio XII non fu caratterizzata da un’apatica inazione, ma piuttosto da un’azione estremamente rischiosa. Da quando nel 2020 Papa Francesco ha deciso di aprire gli «Archivi del Pontificato di Pio XII» a studenti e ricercatori, sono stati pubblicati numerosi studi che hanno rivisto gli stereotipi su «Papa Pacelli».

La lettera di Lothar König a papa Pacelli

Nell’archivio vaticano è stata ritrovata una lettera del 1942 che descrive le atrocità nei campi nazisti. La lettera, inviata dal gesuita antinazista Lothar König al segretario di Papa Pio XII, rivela i crimini nazisti ed è l’unica prova di una corrispondenza su questi eventi. Un altro ritrovamento è un elenco di Pio XII che nomina 4.300 persone, tra cui 3.200 ebrei, rifugiati in istituzioni cattoliche a Roma durante l’occupazione tedesca, compilato dal gesuita italiano Gozzolino Birolo. Questi risultati mettono in discussione le critiche storiche sull’atteggiamento di Pio XII durante l’Olocausto. Parolin ha sottolineato che i documenti ritrovati e l’amicizia di Eugenio Pacelli con gli ebrei dimostrano che «la Santa Sede aveva già preso posizione a favore degli ebrei durante la Prima guerra mondiale». Ha anche osservato che durante la «Seconda guerra mondiale», molti cattolici, per convinzione religiosa e obbedienza al Papa, hanno difeso gli ebrei, partecipando persino alla «resistenza contro il nazismo e il fascismo».
Rispetto ai suoi predecessori, il Segretario di Stato vaticano ha osservato che il numero e l’argomento dei documenti del pontificato di Pio XII sono significativamente più ampi. Si stima che gli archivi siano composti da 16 milioni di pagine e i ricercatori hanno già raccolto informazioni decisive sulla posizione della Chiesa nei confronti degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale.
Il Segretario di Stato Parolin ha concluso che le riflessioni e i giudizi matureranno nel tempo, consentendo di superare interpretazioni soggettive decontestualizzate che non hanno il supporto di fonti e fondamenti storici.

La parola del rabbino Di Segni e il prof. Gargiulo

Il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, ha invitato durante il convegno a riflettere sulle sofferenze subite dagli ebrei, avvertendo che «una cosa è spiegare le dinamiche e un’altra è dare giudizi morali». Di Segni ha esortato a «distinguere tra emozione e storia». Riferendosi al contesto del pontificato di Pio XII, il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma ha detto: «Le memorie dolorose vanno rispettate e non offese con giudizi apologetici».
Massimo Gargiulo, direttore del Centro Cardinal Bea per gli Studi Ebraici della Pontificia Università Gregoriana, ha dichiarato che «i documenti sono sempre la base per un serio approccio storico. Il contributo dei teologi può servire a proporre e ricercare ulteriori chiavi interpretative di un fenomeno che, grazie a nuovi materiali, diventa ancora più complesso. Tutto questo, a sua volta, aiuterà a definire meglio l’azione di una figura centrale come Pio XII e il contesto in cui ha agito».

La realtà dei fatti: la complessità di una vicenda che si oppone ad ogni riduzionismo

Come osserva il professor Agostino Giovagnoli dell’Università del Sacro Cuore di Milano in un articolo su Vita e Pensiero, riguardo alle recenti notizie di ritrovamenti di documenti, in realtà «l’elenco dei circa 3200 ebrei nascosti in 155 conventi romani che sarebbe emerso, peraltro, non è nuovo: lo aveva già visto Renzo de Felice. Lo compilò tra il 1944 e il 1945 il gesuita Gozzolino Birolo su indicazione di padre Agostino Bea, rettore dell’Istituto Biblico. Dopo De Felice non era stato più consultato, ma la cifra di circa 4000 ebrei salvati nei conventi è stata citata dai più autorevoli studi su questa ospitalità sulla base anche di molti altri documenti. Oggi, insomma, l’elenco non aggiunge molto ad una certezza ormai acquisita: tra ’43 e ’44 gran parte del mondo ecclesiastico e cattolico romano più vicino al papa – e, anche se manca il documento che lo dimostri inequivocabilmente, tutto fa pensare che lo abbia sollecitato lo stesso Pio XII – si mobilitò largamente per salvare gli ebrei. Non è un’acquisizione da poco. Ma sbaglierebbe chi usasse questo elenco per chiudere definitivamente la questione dell’atteggiamento di Pio XII verso gli ebrei.

Sulla questione della lettera del gesuita Lothar König al segretario particolare del Papa, meritoriamente ritrovata dall’archivista vaticano Giovanni Coco, Giovagnoli osserva che se il segretario di Pio XII sapeva di forni crematori, è fondato presumere che lo sapesse anche il Papa: perché dunque ha taciuto? Un giudizio storico negativo sembra inevitabile. Ma sarebbe il risultato sbagliato di un «azzeramento» provocato anche in questo caso da un eccesso di enfasi sul documento «nuovo». Non si deve guardare all’albero dimenticando il bosco: ci sono altri documenti che vanno nella stessa direzione. Il primo a porsi il problema del suo silenzio fu lo stesso Pio XII, parlando con Roncalli nel 1942: lo sappiamo dagli Actes et documents du Saint-Siège pubblicati molti anni fa. Gli studi più seri hanno riconosciuto che Pio XII non ha «pubblicamente» condannato la Shoah: il punto, dunque, non è se c’è stato un «silenzio» ma perché c’è stato. È una questione molto complessa su cui però sono stati raggiunti nel tempo risultati importanti, che non vanno dimenticati nella corsa alla «pistola fumante».

Utile in tal senso è il rimando che lo stesso Giovagnoli fa al volume  La guerra del silenzio. Pio XII, il nazismo, gli ebrei, pubblicato da Andrea Riccardi con Laterza nel 2022

Sabato 14 ottobre alle ore 18.35 a Strada Regina su RSILa1 la senatrice italiana Liliana Segre, già deportata ad Auschwitz, interverrà sul tema con una sua personale testimonianza raccolta dal collega Francesco Muratori

Pio XII | © vaticanmedia
11 Ottobre 2023 | 16:37
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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