Mons. Angelo Jelmini
negli anni Cinquanta.
Il vescovo è in compagnia del canonico don Arnoldo
Giovannini (a destra nella foto) e di don Guido Marzaro.
Diocesi

Mons. Angelo Jelmini: traghettò un Ticino povero e rurale verso le nuove sfide del XX secolo

Monsignor Angelo Jelmini, vescovo dal 1936 al 1968, durante il suo episcopato vede cambiare la società ticinese. Eletto durante la crisi economica degli anni Trenta, in un Ticino ancora in parte rurale e povero ma con una forte religiosità popolare, vive la seconda guerra mondiale, il boom economico grazie al quale il cantone entra nella modernità (e in una crescente secolarizzazione), il Concilio vaticano secondo e arriva a vedere l’inizio delle contestazioni del ’68.

Nato a Muralto nel 1893, dopo gli studi in seminario è consacrato sacerdote da mons. Aurelio Baccarini nel 1917. Diventa parroco a Bodio, prodigandosi a favore della gente in questo comune industriale; nel 1927 è chiamato a Lugano a dirigere l’oratorio maschile. Eletto amministratore apostolico nel 1935, è consacrato il 2 febbraio 1936 nella cattedrale di Lugano.

Dal suo precedessore mons. Bacciarini riprende il sostegno all’associazionismo cattolico (forte aiuto all’OCST, all’Azione cattolica, al Giornale del Popolo), alle opere sociali, alla difesa dei costumi tradizionali. Durante la seconda guerra mondiale si impegna a favore di attività caritative – la Caritas diocesana nasce nel 1942 – e sostiene generosamente l’accoglienza dei profughi e degli internati, condanna ogni forma di totalitarismo e collabora poi, nell’immediato dopoguerra, ad azioni di soccorso con le popolazioni italiane vittime del conflitto in contatto con Schuster, cardinale di Milano. La grande visita della Madonna Pellegrina del 1949 nelle parrocchie ticinese si può considerare come l’apogeo della religiosità popolare, ma in realtà si situa ormai all’inizio di una nuova e decisiva ondata di secolarizzazione della società e di diminuzione della pratica religiosa.

Mons. Jelmini, che compie anche tre visite pastorali nel cantone e nel 1955 si reca in America per visitare gli emigrati ticinesi, tiene molto alla pace religiosa e cerca di evitare polemiche con le autorità politiche. Questo atteggiamento lo porta anche in conflitto con alcuni settori del mondo cattolico, in quel momento più portati al confronto. Un esempio è la nuova legge scolastica nel 1957- 58 in cui il vescovo rinuncia a una battaglia sui principi, aiutato dai suoi fedelissimi monsignori Del- Pietro e Leber, ma criticato da gran parte degli altri ambienti cattolici. Jelmini si impegna intanto anche per il rinnovamento del clero ticinese e per una catechesi adatta ai nuovi tempi, e partecipa poi alle commissioni preparatorie del Concilio vaticano secondo. Partecipa ai lavori conciliari e diventa un sostenitore del «rinnovamento» liturgico e pastorale, che spera possa far fronte al cambiamento della società di cui è testimone. Dopo lunga malattia muore il 24 giugno 1968, ricordato per la sua attività pastorale, caritativa e la sua opera pacificatrice.

Alberto Gandolla, storico

Mons. Angelo Jelmini negli anni Cinquanta. Il vescovo è in compagnia del canonico don Arnoldo Giovannini (a destra nella foto) e di don Guido Marzaro.
29 Giugno 2019 | 06:15
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