Internazionale

«Sinodo: l’ascolto e il dialogo tra idee diverse è una via valida anche per cercare la pace»

di Margaret Karram*

Ho partecipato al Sinodo come «invitata speciale» e l’esperienza di quei giorni è in me ancora molto viva. Facevo parte del folto gruppo di laici – 70 dei quali, di cui 54 donne, aveva diritto di voto – la cui partecipazione e totale integrazione nelle dinamiche e nei lavori è forse una delle novità più grosse di questo Sinodo. Non esagero se dico che questo tempo ha trasformato la mia vita, perché ho potuto prendere parte a un percorso in cui ho fatto esperienza della «Chiesa-comunione».
Ci sono quattro parole che descrivono bene quello che ho vissuto: silenzio, ascolto, condivisione e conversione. Ciascuna ha segnato una tappa importante e siamo stati aiutati nei lavori da un metodo molto valido, quello della «conversazione nello spirito», fondato su un ascolto profondo; su un silenzio che lasciava spazio all’agire dello Spirito Santo e su molti momenti di condivisione autentica. Tutto questo ha contribuito a infondere nella mia anima un amore nuovo per tutte le membra della Chiesa che ho riscoperto «madre» e «cuore» pulsante per ogni persona e popolo; mi ha aperto orizzonti nuovi su come noi credenti, in un mondo che sembra indifferente, apparentemente senza una speranza di pace, possiamo imparare ad ascoltare per cogliere il dono che ogni persona porta in sé. Le diversità di cultura, di lingua, di stato sociale, non sono state un ostacolo, anzi! Ho capito quanto tutto ciò possa trasformarci.
Uno spazio importante è stato dedicato al ruolo delle donne nella Chiesa, con un dibattito aperto e franco, che non ha nascosto le criticità e i diversi punti di vista. Ho gioito quando sulla relazione di sintesi ho letto un passaggio che, secondo me, esprime molto bene il desiderio comune dell’assemblea sinodale e il cammino ancora da compiere: «Desideriamo promuovere una Chiesa in cui uomini e donne dialogano allo scopo di comprendere meglio la profondità del disegno di Dio, in cui appaiono insieme come protagonisti, senza subordinazione, esclusione, né competizione».
Le violenze in corso tra Israele e Palestina
Poi è arrivato il 7 ottobre, il giorno in cui sono scoppiate le violenze in Israele e Palestina, la mia terra, e devo dire che vivere questo immenso dolore al Sinodo è stato per me molto forte. La preghiera per la pace del 27 ottobre scorso, come pure gli altri momenti di preghiera per tutti i Paesi in cui non c’è la pace mi hanno mostrato una Chiesa che è profondamente immersa nelle sofferenze dei propri popoli, attenta a tutte le persone che sono vittime di ingiustizia. Per questo credo profondamente che l’esperienza e lo stile di comunione che abbiamo cercato di vivere tra tutti al Sinodo possa essere una strada efficace non solo per rinnovare la Chiesa al suo interno; ma che possa essere un percorso molto valido anche fuori, per riportare la pace nelle tante situazioni di polarizzazione e conflitto. Ci si scontra perché non ci si ascolta, non si lascia spazio a idee, a stili di vita e culture diverse dalle nostre. Se invece si riesce a dialogare, si possono trovare soluzioni anche impensabili e vivere un dialogo costruttivo nella vita di tutti i giorni,che credo sia il contributo più grande che noi laici possiamo portare. Infine, vorrei testimoniare un aspetto della Chiesa che, a mio avviso, non è emerso abbastanza, messo in secondo piano dai problemi, dagli errori e dai dolori che pur sono presenti in essa. Parlo della «santità della Chiesa» che ho conosciuto e ascoltato dalla voce e dalle testimonianze di tanti sacerdoti, religiosi, consacrate e vescovi che ogni giorno danno letteralmente la vita per la loro gente. Ho avuto modo di parlare con molti di loro, in momenti di condivisione profondi e ho potuto vedere la donazione, la fedeltà, la generosità e quindi la santità di questi uomini e donne di Dio. Nel suo intervento d’apertura, il Papa aveva detto che il compito primario del Sinodo era «ricentrare il nostro sguardo su Dio, per essere una Chiesa che guarda con misericordia l’umanità». Ed è proprio questo il dono più grande che mi porto da questa tappa sinodale e che voglio vivere: ripuntare il mio sguardo su Dio; quel Dio che è morto in croce per tutti e ha assunto su di sé tutti i dolori e gli orrori dell’umanità. Senza di Lui non c’è comunione piena e non hanno senso i conflitti, le tragedie e le assurdità che il mondo vive oggi. *Presidente del Movimento dei Focolari

11 Novembre 2023 | 09:19
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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