Papa Francesco a Budapest. Foto Vatican Media (twitter).
Papa e Vaticano

Papa Francesco alla messa a Budapest: «Apriamo le porte come Gesù»

L’ultimo giorno del viaggio apostolico in Ungheria di Papa Francesco si apre con la celebrazione della Messa in Piazza Kossuth Lajos, a Budapest.  

«Un bravo pastore – ha detto il Papa nell’omelia – dona la vita per le sue pecore. Così Gesù, come un pastore che va in cerca del suo gregge, è venuto a cercarci mentre eravamo perduti; come un pastore, è venuto a strapparci dalla morte, ci ha fatti entrare nell’ovile del Padre, facendoci diventare suoi figli». Gesù – ha osservato – come prima azione «chiama le sue pecore; all’origine c’è la chiamata di Dio, l’abbondanza della sua misericordia che vuole salvarci dal peccato e dalla morte, per donarci la vita in abbondanza e la gioia senza fine. Gesù è venuto come buon Pastore dell’umanità per chiamarci e riportarci a casa. Allora noi, facendo memoria grata, possiamo ricordare il suo amore per noi, per noi che eravamo lontani da Lui».

Ancora oggi – ha detto ancora il Pontefice – Gesù «ci chiama. Viene come buon Pastore e ci chiama per nome, per raccoglierci in unità nel suo ovile e renderci familiari con il Padre e tra di noi. Sentiamo la gioia di essere popolo santo di Dio: tutti noi nasciamo dalla sua chiamata; è Lui che ci ha convocati e per questo siamo suo popolo, suo gregge, sua Chiesa. Ci ha radunati qui affinché, pur essendo tra noi diversi e appartenendo a comunità differenti, la grandezza del suo amore ci riunisca tutti in un unico abbraccio. È bello trovarci insieme, questa è cattolicità: tutti noi, chiamati per nome dal buon Pastore, siamo chiamati ad accogliere e diffondere il suo amore, a rendere il suo ovile inclusivo e mai escludente».

La seconda azione del buon Pastore – ha proseguito il Papa nell’omelia – è quella di condurre fuori le sue pecore. »Siamo inviati nel mondo affinché, con coraggio e senza paura, diventiamo annunciatori della Buona Notizia, testimoni dell’Amore che ci ha rigenerati».

«Gesù – ha ricordato Papa Francesco – è la porta che si è spalancata per farci entrare nella comunione del Padre e sperimentare la sua misericordia; ma una porta aperta serve, oltre che per entrare, anche per uscire dal luogo in cui ci si trova. E allora, dopo averci ricondotti nell’abbraccio di Dio e nell’ovile della Chiesa, Gesù è la porta che ci fa uscire verso il mondo: Egli ci spinge ad andare incontro ai fratelli. Tutti, nessuno escluso, siamo chiamati a questo, a uscire dalle nostre comodità e ad avere il coraggio di raggiungere ogni periferia che ha bisogno della luce del Vangelo». «Essere in uscita – ha ricordato – significa per ciascuno di noi diventare, come Gesù, una porta aperta. È triste e fa male vedere porte chiuse: le porte chiuse del nostro egoismo verso chi ci cammina accanto ogni giorno; le porte chiuse del nostro individualismo in una società che rischia di atrofizzarsi nella solitudine; le porte chiuse della nostra indifferenza nei confronti di chi è nella sofferenza e nella povertà; le porte chiuse verso chi è straniero, diverso, migrante, povero. E perfino le porte chiuse delle nostre comunità ecclesiali: chiuse tra di noi, chiuse verso il mondo, chiuse verso chi non è in regola, chiuse verso chi anela al perdono di Dio. Per favore: apriamo le porte». Diventiamo – ha auspicato – «come Gesù: una porta aperta, una porta che non viene mai sbattuta in faccia a nessuno, una porta che permette a tutti di entrare a sperimentare la bellezza dell’amore e del perdono del Signore. Ripeto questo soprattutto a me stesso, ai fratelli Vescovi e sacerdoti: a noi pastori».

Il pastore – ha ammonito Papa Francesco – «non approfitta del suo ruolo, non opprime il gregge che gli è affidato, non ruba lo spazio ai fratelli laici, non esercita un’autorità rigida. Incoraggiamoci ad essere porte sempre più aperte: facilitatori della grazia di Dio. Lo dico anche ai fratelli e alle sorelle laici, ai catechisti, agli operatori pastorali, a chi ha responsabilità politiche e sociali, a coloro che semplicemente portano avanti la loro vita quotidiana: siate porte aperte. Lasciamo entrare nel cuore il Signore della vita, la sua Parola che consola e guarisce, per poi uscire fuori ed essere noi stessi porte aperte nella società. Essere aperti e inclusivi gli uni verso gli altri, per aiutare l’Ungheria a crescere nella fraternità, via della pace».

L’appello al Regina Coeli

In piedi ma idealmente in ginocchio di fronte all’icona della Madonna, Magna Domina Hungarorum, venerata come protettrice e patrona dell’Ungheria, il Papa eleva alla Madre di Dio una supplica universale per un continente, quello europeo, lacerato da conflitti, divisioni, tensioni, prospettive nefaste per il futuro.

Santa Vergine, guarda i popoli che più soffrono, guarda soprattutto il vicino martoriato popolo ucraino, il popolo russo a te consacrati. Tu sei la regina della Pace.

La causa della pace

Francesco prega il Regina Caeli con i 50 mila fedeli riuniti in piazza Kossuth Lajos, a Budapest, ultimo evento della mattinata prima di trasferirsi in Nunziatura. Prima della preghiera mariana, si rivolge alla Madonna: al suo Cuore Immacolato, il 25 marzo 2022, aveva consacrato Russia e Ucraina implorando la fine del conflitto. Ora torna a chiedere la sua intercessione:

«Da questa grande città e da questo nobile Paese – dice – vorrei riporre nel Suo cuore la fede e il futuro dell’intero continente europeo, a cui ho pensato in questi giorni, in modo particolare la causa della pace».

Santa Vergine, è la supplica del Vescovo di Roma, «infondi nel cuore degli uomini e dei responsabili delle nazioni il desiderio di costruire la pace, di dare alle giovani generazioni un futuro di speranza non di guerra, un avvenire di culle e non di tombe, un mondo di fratelli e non di muri».

Religioni diverse che si incontrano

La fraternità, dunque, è la strada che il Papa indica per prevenire i drammi che rendono instabile il mondo. La stessa fraternità di cui sono esempio religioni e confessioni cristiane dell’Ungheria: «Grazie – dice Francesco ai rappresentanti presenti alla Messa – per la vostra presenza e grazie perché in questo Paese confessioni e religioni diverse si incontrano, si sostengono a vicenda».

Qui, aggiunge il Pontefice, citando le parole del cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Esztergom -Budapest, «si vive al confine orientale della cristianità, occidentale da mille anni. È bello che i confini non rappresentano frontiere che separano ma zone di contatto e che credenti mettano al primo posto la carità che unisce e non le differenze storiche, culturali e religiose che dividono»

Ci accomuna il Vangelo ed è tornando alle sorgenti che il cammino dei cristiani proseguirà secondo la volontà di Gesù, buon pastore che ci vuole uniti in un solo gregge

Preghiera per la Chiesa europea

Papa Francesco prega quindi per la Chiesa di tutta l’Europa «perché ritrovi la forza  della preghiera» e riscopra «l’umiltà e l’obbedienza, l’ardore della testimonianza e la bellezza dell’annuncio».

Da qui il saluto alla presidente Katalin Novák, al primo ministro Viktor Orbán – entrambi seduti nelle prime file –, come pure a vescovi e consacrati e a tutto l’amato popolo ungherese per l’accoglienza e l’affetto che ho provato in questi giorni: «Ormai prossimo a rientrare a Roma, desidero esprimere la mia riconoscenza…», scandisce Papa Francesco.

Esprimo gratitudine a chi è giunto qui da lontano, a chi ha tanto bene lavorato per questa visita, a tutti dico: grazie, Dio vi ricompensi

La gratitudine agli ungheresi

Un ricordo speciale va agli ammalati e agli anziani, a «chi non ha potuto essere qui» e a «chi si sente solo ha smarrito la fede in Dio e la speranza nella vita»: «Vi sono vicino – assicura il Papa – e vi benedico».

Infine, l’augurio di «diffondere la gioia di Cristo» e il grazie per i tre giorni trascorsi nella capitale ungherese: «Vi porto nel cuore e vi chiedo di pregare per me».

Agenzie/red

Papa Francesco a Budapest. Foto Vatican Media (twitter).
30 Aprile 2023 | 12:47
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