Ticino e Grigionitaliano

Natale 2022. L'intervista a mons. De Raemy

«Penso che per chiunque, rivolgere gli auguri, sia far scaturire quella parte migliore di sè che forse nel quotidiano non sempre risulta con evidenza. Fare gli auguri è un atteggiamento costruttivo e positivo che avvicina all’altro». Inizia con un pensiero su quel «Buon Natale» che riecheggia ovunque in queste ore, tra credenti e non credenti, la chiacchierata natalizia con il vescovo Alain de Raemy. «Poi è vero che «Buon Natale» – continua il vescovo- lo augura anche chi non va in chiesa, magari una persona che non ha neppure un presepe in casa e forse solo un albero di Natale addobbato con decorazioni senza veri e propri riferimenti natalizi. Eppure, dire «Buon Natale» rappresenta comunque un augurio che rimanda sempre a Gesù, fosse solo per il fatto che contiamo gli anni a partire dalla nascita di Cristo». Parliamo con il vescovo del Natale e della Chiesa in Ticino che sta incontrando in questi mesi. Sullo sfondo, il colorato presepe allestito nello suo studio.

Mons. Alain, in Ticino è viva la tradizione del presepe. Lei, che ricordi ha del suo primo presepe e dell’albero?
In casa era mio papà ad allestirli. Lo faceva da solo. Il 25 mattina scoprivamo quello che il papà aveva costruito nella notte. Era un suo compito, vissuto con sorpresa e curiosità da parte di tutti.

Al centro del presepe c’è la Sacra famiglia: Giuseppe, Maria e Gesù. C’è un messaggio che questa famiglia può dire oggi? I matrimoni calano, soprattutto quelli in Chiesa. Diverse le cause, taluni non si sposano per paura, lontananza dalla fede e altre difficoltà, mancanza di speranza, motivi vari…
Penso a due scene evangeliche non rappresentate nel presepe. Chi conosce la storia della Sacra famiglia sa, infatti, che le difficoltà non sono mancate: pensiamo alla fuga in Egitto di Giuseppe, Maria e il bambino Gesù. Oggi vediamo le famiglie dei rifugiati e profughi in fuga. Poi, la sorpresa che vive Giuseppe quando scopre del concepimento di Maria. Giuseppe deve prendere una decisione rispettando la legge ebraica ma senza ferire la fidanzata. Sono situazioni non lontane da noi: una ragazza che si trova incinta, magari il padre del bambino è anche lui molto giovane, insieme (purtroppo, tante volte, lei da sola!) devono decidere se andare avanti in tre e se tenere o meno il bambino. Quando si guarda da vicino cosa è accaduto alla Sacra famiglia, si incontrano persone impreparate e confrontate con difficoltà comuni anche a molti tra noi, proprio oggi.

Quindi il messaggio?
È un messaggio di solidarietà che dice come vive Dio: Dio entra nelle vicende umane fino in fondo.

Scandalizza il Dio cristiano?
È un Dio che entra negli scandali della vita, nelle situazioni che non capiamo, situazioni che Gesù ha vissuto.

Un Dio molto concreto, diverso da come potremmo immaginarlo …
È un Dio dal messaggio sottile. Potremmo attenderci da Dio piuttosto l’aspetto magico, quello onnipotente che fa dire: «Quando ho bisogno, Dio interviene». Invece ci troviamo davanti un Dio che mi accompagna nella vita di tutti i giorni vivendola con me, con amore. Dentro a tutte le vicende: anche la malattia, la morte.

Dio non ci risparmia la vita così com’è. Anche Gesù l’ha vissuta. C’è il mistero del male. Dio non ha voluto il male, ma non è venuto a cancellarlo, bensì a trasformarlo in occasione di bene. La fede cristiana fa fare un passo avanti rispetto a quella naturale religiosità che abbiamo tutti.

Domenica scorsa, lei ha celebrato l’Eucaristia al carcere La Stampa, con i detenuti. Che parole ha portato in questo luogo?
Ho commentato il testo del Salmo 24 che dice: «Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno». Ho guardato i carcerati e ho detto che se la condizione fosse realmente questa, nessuno di noi potrebbe dire di avere cuore puro. Nemmeno io, nemmeno i celebranti con me. In realtà il Salmo afferma altro, dice che chi ha mani innocenti e cuore puro è colui che si rivolge a Dio e non agli idoli. Cioè è colui che grida verso Dio e non – ad esempio – segue la superstizione. Costui ottiene da Dio «mani innocenti e cuore puro».

Ognuno di noi ha bisogno di essere salvato e quando troviamo Dio, allora siamo nel luogo giusto: Lui ci salva. Questo messaggio vale per tutti.

Il suo Natale, dopo le funzioni, come sarà?
Il 26 andrò anch’io in famiglia a Lucerna per ritrovarmi con mio fratello e i suoi figli. Arriverà anche mia sorella più grande con i figli, mentre la sorella più giovane vive con il marito in Australia. Invece, dopo la funzione del 25 dicembre in Cattedrale, andrò a portare un saluto al pranzo «Natale insieme» organizzato dal Kiwanis club Lugano per le persone sole. Personalmente, per il pranzo, sarò ospite di una famiglia ticinese.

Che comunità sta scoprendo nelle visite alle parrocchie ticinesi?
Un mosaico. E sono cosciente che mi mancano dei pezzi. Ad esempio, mi manca la realtà quotidiana del prete di valle con 13 parrocchie. Come fa? Come vive? Quali sono le sue attese? Sento poi tanto parlare dello «spirito di campanile». Cosa vuol dire? La gente è attaccata alla propria parrocchia e magari non va a Messa in una chiesa vicina. Non vorrei conoscere queste realtà attraverso un dossier, ma di persona, incontrando coloro che le vivono.

Lei esorta i parroci al coinvolgimento e alla promozione della corresponsabilità dei laici…
I laici in Ticino si coinvolgono molto nei consigli parrocchiali, ma tutti abbiamo da reinventare il modo di essere cristiani, perché il mondo cambia molto velocemente.

Come reinventarlo?
Dobbiamo dialogare, scambiarci idee. Con il battesimo siamo tutti coinvolti nella comunità cristiana, anche i laici battezzati sono invitati ad essere parte attiva. Il modo migliore lo ricorda papa Francesco: contemplare Gesù, riscoprirlo.

Pensiamo di conoscere il Vangelo perché lo abbiamo sentito una volta, ma siamo andati veramente a «scavare» la Parola di Dio? Tutto parte da lì e poi dal condividere.

A Bellinzona, una settimana fa, alla veglia di Avvento con i giovani, c’è stato un intenso momento di adorazione e silenzio. Che silenzio cercano i giovani?
Un silenzio vissuto insieme, con… Mi ricordo alla Giornata mondiale della gioventù di Czestochowa, in Polonia, nel 1991: quel silenzio durante la Messa, si sentivano solo bandiere mosse dal vento e poi si è visto come un’onda, quando i giovani si sono messi in ginocchio. Il tutto, insieme, nel silenzio, «con» la presenza di Cristo eucaristia.

In Ticino, lei sta riprendendo il progetto delle Reti Pastorali avviato da mons. Lazzeri. Cosa suggerisce al proposito?
Di trovare le persone per i Consigli Pastorali di Rete, magari a partire da coloro che si sono lasciati coinvolgere nella consultazione sinodale. Cominciare con le persone giuste, cioè senza caricare ancora di più coloro che sono già molto coinvolti nella vita ecclesiale.

A chi vorrebbe augurare, in modo speciale, «Buon Natale»?
A tutti coloro che non hanno la possibilità di trascorrere il Natale in famiglia: coloro che sono in ospedale, in prigione, che sono impediti dal lavoro o da conflitti proprio in famiglia, che sono nella Casa anziani o non hanno più nessuno. A tutte le persone sole va, di cuore, il mio sentito «Buon Natale!».

Cristina Vonzun

25 Dicembre 2022 | 11:24
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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