Giotto, La Natività
Ticino e Grigionitaliano

La Natività, immagine di pace

di Gilberto Isella 

La celebrazione del Santo Natale, come è noto, si è propagata gloriosamente nell’arte, nel corso del tempo: basti pensare alla meditativa Natività di Giotto (per la pittura) o allo sfavillante Weinachtsoratorium di Bach (per la musica).

La letteratura non è stata da meno. Racconti, poesie, filastrocche, in cui vengono evocati, sulla scorta dei testi sacri, i momenti topici della nascita di Gesù: il presepe, la Madonna, i pastori, i Magi. Non sempre capolavori, intendiamoci, spesso al contrario testi elementari e stereotipici, preoccupati di far presa su fedeli anche incolti, col rischio di cadere in una retorica dolciastra e farcita di luoghi comuni.

Non così per molte produzioni dei nostri giorni. In una società scettica e fortemente secolarizzata, i poeti più sensibilihannovolutoporrel’accento soprattutto sulla straordinaria dimensione etica inerente alla Festività, dove il pathos non lascia per strada ilpensieroolariflessionesull’oggi. Il testo che propongo ai lettori fa parte delle Poesie disperse e inedite di Salvatore Quasimodo, uno dei massimi esponenti della poesia italiana del Novecento,autoreapprodatodall’ermetismo prebellicoallapoesiad’impegno civile a partire dal ’45, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1959.

Non sfuggirà il tono didattico del componimento, datato 1953 e scritto forse in collaborazione col figlio Alessandro: una lezioncina in famiglia, ma non per questo priva di valore. Il tracciato è cristallino, i versi sono tutti endecasillabi, quasi per accentuare la rigorosa classicità della scrittura.

L’autore osserva un presepe «scolpito », ed è profondamente suggestionato dal senso di pace che esso irra-dia. Lo scenario, ridotto all’essenziale, accoglie figure della tradizione, impresse nella memoria di tutti. Non c’è posto per descrizioni superflue. Ciò che in particolare colpisce è il «silenzio delle figure di legno», evocanti se si vuole le umili fatiche artigianali (la «finzione») e alla lontana – perché no? – San Giuseppe, il falegname per eccellenza.

Il silenzio invita alla meditazione, e questa ci conduce alla fucina della pace, il «cuore di Cristo». Una pace incondizionata, assoluta, che tuttavia sembra non aver presa sul cuore umano, prigioniero delle proprie inquietudini, della propria volontà di prevaricazione.

E allora chi ascolterà il pianto del bambino venuto al mondo per redimerci, e «che morirà in croce»?

Quello riproposto dal poeta è un messaggio antico, ripetuto nei secoli fino allo spasimo, eppure oggi più attuale che mai.

«Natale», poesia di Salvatore Quasimodo

Natale. Guardo il presepe scolpito, dove sono i pastori appena giunti alla povera stalla di Betlemme.

Anche i Re Magi nelle lunghe vesti salutano il potente Re del mondo.

Pace nella finzione e nel silenzio delle figure di legno: ecco i vecchi del villaggio e la stella che risplende, e l’asinello di colore azzurro.

Pace nel cuore di Cristo in eterno; ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.

Anche con Cristo e sono venti secoli il fratello si scaglia sul fratello.

Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino che morirà poi in croce fra due ladri?

Giotto, La Natività | © Di Giotto – Web Gallery of Art:   Immagine  Info about artwork, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15884070
26 Dicembre 2023 | 06:11
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