Svizzera

Intervista al direttore uscente di Missio Svizzera

Martin Brunner-Artho, originario del cantone Lucerna, diacono con studi in teologia e in ambito sociale, terminerà alla fine dell’anno prossimo il suo secondo e ultimo mandato quale direttore di Missio svizzera, il ramo elvetico delle Pontificie opere missionarie. Occasione questa per fare un bilancio dei 9 anni di intenso lavoro alla testa della sezione svizzera dell’organizzazione missionaria e caritativa vaticana, con sede a Friborgo e Lugano. La passione di Brunner-Artho per la missione è sempre stata legata con l’altra per il viaggio, così ci racconta: «Mi è sempre piaciuto viaggiare per incontrare nuove realtà e conoscere persone di altre culture, ma come turisti si è sempre di passaggio e quindi è difficile intessere rapporti d’amicizia profondi con la gente che incontri. Per questo, con mia moglie, ho colto l’opportunità, grazie ai missionari di Betlemme di Immensee (canton Svitto), di partire in missione per la Bolivia. Siamo rimasti cinque anni seguendo un progetto di sviluppo di una nuova comunità parrocchiale. In questo periodo sono nati i miei due figli e sono stato ordinato diacono dal vescovo locale. Anni intensi e appassionanti». Rientrato in Svizzera e dopo un periodo di lavoro e impegno pastorale come diacono in alcune parrocchie, il richiamo della missione si fa di nuovo sentire concretizzandosi dapprima in un’altra esperienza missionaria all’estero di quattro anni in Kenya, e nel 2012 con la direzione del ramo elvetico delle pontificie opere missionarie. «Cercavano una persona che avesse esperienza in Svizzera e all’estero, formazione teologica e conoscenza del mondo missionario. Avevo poche informazioni su questa organizzazione internazionale ma dopo aver approfondito gli scopi e le modalità di lavoro di Missio, sono rimasto affascinato e ho accettato l’incarico». La missionarietà, ovvero l’annuncio a tutti i popoli della terra dell’avvenimento di Cristo, è il cuore della Chiesa e tutti possono essere missionari nel luogo dove vivono. «L’esperienza cristiana abbraccia tutti – ci dice Brunner-Artho – e può essere un ponte tra culture anche molto differenti. Missio è un’organizzazione internazionale che esprime quella dimensione universale della Chiesa capace di incontrare ogni uomo». Tra i ricordi più belli di questi nove anni, Brunner-Artho serba l’aver sperimentato il valore di una solidarietà senza frontiere. «Perché come dice S. Paolo, se una parte della Chiesa soffre tutto la Chiesa soffre. Con gli altri popoli è possibile condividere le ricchezze materiali ma anche quelle spirituali, liturgiche, culturali», ci dice. Tra i ricordi del direttore di Missio c’è l’annuale assemblea generale a Ro ma delle Pontificie opere missionarie e l’udienza privata con il Papa. «Francesco ha uno stile informale, ti guarda negli occhi. Più volte ha affermato che la Chiesa non è una Ong. Questo per me è una sana provocazione che mi aiuta a capire meglio quella vocazione che è l’anima del mio lavoro», conclude Martin Brunner-Artho.

Federico Anzini

9 Dicembre 2020 | 15:08
Tempo di lettura: ca. 2 min.
Condividere questo articolo!