Chiara e Francesco, interpretati nello spettacolo da Matteo Bonanni e Giulia Marchesi
Ticino e Grigionitaliano

In scena le crisi, le sfide e gli ideali di Francesco, un Santo sempre giovane

di Laura Quadri

Sarà un debutto tutto ticinese quello dello spettacolo ideato dalla Compagnia «Exire», «Francesco, la benedizione di un povero», per la drammaturgia di Sergio Di Benedetto e la regia di Fabio Sarti, in scena martedì 4 aprile, alle 20.30, nella chiesa di S. Giorgio a Morbio Inferiore. Uno spettacolo maturato nel tempo con un’idea chiara: che la figura del Santo di Assisi emerga per la sua attualità e che se ne parli non solo per essere stato straordinario testimone del Vangelo nell’Umbria del Duecento, ma anche per la sua capacità di trarre da uno stato di sofferenza, come quello sperimentato nella malattia degli ultimi anni di vita, la forza per dirsi più convintamente «fratello» di ogni uomo, nella gioia ma anche nel dolore. Ne parliamo con il regista Fabio Sarti.

La Regola francescana

«Sono valori importanti, a cui oggi si ispira direttamente anche papa Francesco. Gli 800 anni dell’approvazione della Regola francescana, ricordati quest’anno, sono inoltre l’occasione di tornare a riflettere sulla sua origine», sottolinea. Regola che fu sancita non prima che Francesco avesse trovato il suo personalissimo modo di servire la società e la Chiesa: un modo per allora «nuovo», che da figlio di una ricca famiglia di mercanti, lo avrebbe presto portato, dopo una forte conversione in giovane età, a rinunciare a ogni ricchezza e a mettersi al lavoro per una Chiesa da «restaurare», come gli indicherà durante una visione profetica Gesù stesso, davanti al crocefisso del piccolo convento di San Damiano.

L’umanità di Francesco

«Di questa santità e di questo percorso è stato detto tanto: ne hanno scritto, parlato, tratto film. Ma sempre si tornava a esaltare la figura di Francesco in modo talmente eroico da farcela percepire, a un certo punto, quasi estranea, irraggiungibile. È invece tipico anche di nostri altri spettacoli, ad esempio quello che dedicammo a Paolo VI, prediligere l’umanità dei nostri soggetti. E per ridare l’immagine di tale umanità non si può prescindere, soprattutto in un tempo storico come il nostro, anche dalla sofferenza». L’episodio chiave, in tal senso, nel caso di Francesco, è quello della Verna: «Siamo al culmine della «crisi» di Francesco. Una crisi – continua Sarti – che subentra sul finire della vita ma è pur sempre presente, dovuta alla difficoltà di elaborare la regola per i confratelli che ormai avevano raggiunto le 5’000 unità; l’incomprensione del Papa verso questa forma di vita, e non da ultimo, la cecità fisica. Da qui l’idea di ritirarsi nel silenzio di un piccolo eremo. Ne uscirà un uomo nuovo, rasserenato, che, in mezzo a tutti i problemi, si abbandonerà alla volontà del Padre. Così, infatti, lo raccontano san Bonaventura e gli scritti del confratello più caro, frate Leone, a cui ci siamo ispirati da vicino». Proprio a frate Leone si deve anche il titolo dello spettacolo: «Francesco a un certo punto aiuta lo stesso fratello Leone a uscire dalle proprie indecisioni personali, donandogli una benedizione con queste parole: «Questa è soltanto una benedizione di un frate minore, piccolo, infinitamente piccolo come me a un altro frate minore». Parole semplici ma che mostrano come Francesco non si sia mai messo in una posizione di potere; l’umiltà fu davvero la sua caratteristica più grande».

Un «dramma sacro»

Lo spettacolo racconterà queste vicende seguendo la struttura dell’antica tradizione medievale dei «drammi sacri», «un altro modo per rendere omaggio a Francesco – sottolinea Sarti – un uomo che amava stare tra la gente. Questo genere di rappresentazione nacque infatti nel Medioevo proprio per spiegare a tutti nel modo più semplice possibile il Vangelo. Tale fu anche il luogo della predicazione di Francesco lungo tutta la sua vita: non il pulpito, ma le piazze, le strade».

L’attualità di Santa Chiara

Assieme alla figura di Francesco emergerà anche quella di Chiara: «Le scelte radicali di Chiara sono direttamente ispirate da quelle di Francesco: anche lei lotta, decide di lasciare la famiglia, resta in strada, tra la gente, con le sorelle che intendono seguirla per otto anni, fino all’ordine del Papa di assumere uno stile di vita claustrale, voluto per proteggerle dalle insidie. A quel punto il cruccio di Chiara è quello di non poter più andare a sporcarsi le mani e ad agire attivamente. Sintetizzeremo sulla scena l’insieme di questi aspetti immaginando un incontro tra Francesco malato, quasi cieco e Chiara stessa, nel giardino di S. Damiano».

Il messaggio finale? «Vorremmo parlare soprattutto ai giovani: le lotte interiori sono legittime. Si può persino dibattere con Dio quando le circostanze diventano dure. Ma ciononostante è comunque possibile avere uno sguardo buono sulla vita».

Chiara e Francesco, interpretati nello spettacolo da Matteo Bonanni e Giulia Marchesi | © Compagnia Exire
3 Aprile 2023 | 13:08
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