Ildegarda, Elisabeth, Pétronille e le altre donne forti del Medioevo

«Dopo la mostra che ho curato su «Carlo Magno e la Svizzera» e quella sul riformatore Ulderico Zwingli, ho pensato che fosse arrivato il momento di guardare al nostro passato con gli occhi delle donne». A parlare è Christine Keller, la curatrice della mostra che il Landesmuseum di Zurigo dedica alle suore che hanno abitato – e in molti casi anche animato – la storia della Svizzera durante il Medioevo. «Donne forti» è infatti, il sottotitolo della mostra che si potrà visitare fino al 16 agosto. La scelta della curatrice è quella di sorprendere il visitatore sin dal suo ingresso alla mostra, attraverso una video istallazione colorata e cangiante, come le vetrate delle cattedrali gotiche, per dare immediatamente l’idea di un universo molto lontano dall’immagine stereotipata di una vita claustrale noiosa e ripetitiva, fatta di toni grigi, privazioni e voci sommesse. Sono state individuate, come una sorta di guida all’interno della mostra, quindici figure femminili – molte di loro furono abbadesse – che hanno lasciato il segno nella storia, nonostante la loro vita si sia svolta interamente entro le mura di un convento. Sono loro, con le loro storie, i manufatti usciti dalle mani loro e quelle delle loro consorelle, gli scritti teologici che hanno lasciato, la musica che hanno composto, i canti che hanno cantato, gli abiti che hanno ricamato, a parlarci della loro scelta di vita, che – occorre dirlo – non per tutte è stata una scelta. Molte di loro venivano avviate al monastero sin da bambine, per motivi famigliari e dinastici. Per altre la scelta di vivere in convento si presentava come una valida alternativa ad un destino che le voleva spose per convenienza e in serio pericolo di vita, ogni qualvolta partorivano un figlio. Per altre ancora, era la via non solo per imparare a leggere e a scrivere, ma per avvicinarsi a testi a cui altrimenti mai, sarebbe riuscite – in quanto donne – ad avvicinarsi. Altre ancora vi giungevano da vedove, trovando entro le mura del monastero quella protezione e sicurezza di cui la loro condizione, le aveva private. Sono loro che accompagnano il visitatore all’interno della mostra, attraverso un percorso cronologico – siamo nell’arco temporale tra l’XI e il XVI secolo – e tematico di cui le parole chiave sono: il potere, l’erudizione, la povertà, la compassione e l’essere sponsae Christi, le riforme; e la cui localizzazione geografica comprende l’attuale Europa, con la Svizzera al centro. In un Medioevo imbevuto di religiosità e che poco spazio lasciava ad una gestione individuale della propria vita, circa il 10% della popolazione femminile sceglieva, o veniva avviata, alla vita religiosa. Tra il 1230 e il 1300 si contavano sulll’attuale territorio svizzero, un’ottantina di conventi femminili, alcuni dei quali esistono ancora oggi, come quello delle benedettine di Mustair o di Fahr e quello delle domenicane a Cazis. Nella sezione «Potere e influenza » incontriamo le figure di Elisabeth von Wetzikon e Pétronille de Chemillé; tra le erudite troviamo Hildegard von Bingen e Herrad von Landsberg; mentre ad introdurci nell’ambito della mistica ci attendono Elsbeth Stagel ed Adelheid Pfefferhart. Una delle abbadesse del Fraumünster di Zurigo, Elisabeth von Wetzikon, per esempio, fu donna di grande influenza politica e sociale. Basti ricordare che era lei che, in occasioni delle sue annuali visite nella città sulla Limmat, accoglieva alle porte della città Re Rodolfo d’Asburgo- Lorena, il figlio di Francesco Giuseppe I, imperatore d’Austria, Ungheria e Boemia, per condurlo al Fraumünster, dove si svolgeva una grande cerimonia. Anche questa mostra, che doveva aprire i battenti in marzo, ha risentito del blocco del coronavirus. Chiusa ai suoi visitatori, fino al 12 maggio, la mostra è stata visitabile dal sito del Landesmuseum in maniera virtuale e accompagnata da numerosi podcast che ne riassumevano la storia e le vicende delle sue protagoniste. Strumenti – come racconta Alexander Rechsteiner, portavoce del Landesmuseum – che erano già allo studio e la cui diffusione e il cui potenziamento, il coronavirus non ha fatto che accelerare.

Corinne Zaugg

7 Giugno 2020 | 12:22
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