Ticino e Grigionitaliano

Il senso della Risurrezione oggi. Una riflessione spirituale di padre Roberto Fusco

di Roberto Fusco*

Se c’è una cosa, nella nostra vita, che spesso non sappiamo fare è gestire il nostro tempo. E non ci riferiamo agli appuntamenti a cui tardiamo o alle cose che dimentichiamo di fare a causa del nostro correre senza sosta, su e giù nelle le nostre giornate così indaffarate. La questione è che siamo sempre troppo proiettati o in avanti, in un futuro possibile ma dai confini incerti, o indietro, in un passato che ci condiziona e che ci fa rimpiangere i tempi felici ed inconsapevoli in cui non sapevamo nulla e sognavamo tanto.

Seneca diceva che di solito – per nostra negligenza – perdiamo il nostro tempo in maniera sciocca: o ci comportiamo male, o non facciamo nulla di ciò che dorremmo fare, o compiamo altro rispetto a quanto dovremmo fare. Soprattutto, sono i rimpianti che ci portiamo dentro la causa più frequente del tempo che sciupiamo, e così la lista di inutili recriminazioni che facciamo a noi stessi si allunga ogni giorno di più.

Persino gli amici di Gesù, quelli che durante la passione non erano certo brillati per coraggio e solidarietà nei confronti del Maestro, avevano vissuto una fase simile. Ne avevano sprecato, di tempo, proprio loro! Avevano trascorso diversi anni al fianco del Signore e nonostante il Cristo avesse cercato di far capire loro la verità riguardo la sua identità e la sua missione, alla fine non aveva ottenuto più di tanto. E l’ultimo rimpianto, l’ultima recriminazione che continuava a girare nella loro testa e nel loro cuore si era realizzata proprio davanti alla tomba vuota, al mattino della Resurrezione. Ed eccoli lì, davanti alla situazione ineluttabile della morte del loro Maestro, sconsolati e sconfitti dagli eventi; e quando le cose sembrano ormai andate in un certo modo ed era necessario fare i conti con una dura realtà, la faccenda prende un corso inaspettato. Sono le donne, quelle che anzitutto capiscono che qualcosa non torna: «Perché cercate tra i morti colui che é vivo? Non é qui, é risorto” (Lc 24,5-6).

In pratica, i due gentiluomini sfolgoranti dinanzi alla tomba vuota e dinanzi a delle donne piangenti ed umiliate dagli eventi, dicono loro: perché siete venute qui a perdere tempo? È inutile piangere, Lui è già altrove più vivo che mai. In pratica, state sprecando il vostro tempo. Quelle parole furono per loro quasi uno schiaffo, che le fece tornare alla realtà: «Esse si ricordarono delle sue parole” (Lc 24,8). Ecco, in sintesi, il senso della Pasqua di Risurrezione; il tempo che abbiamo sciupato in mille e inconcludenti vicoli ciechi che abbiamo percorso nella nostra vita non tornerà più, questo è certo. Però, non dobbiamo sciupare ancora tempo a piangere chi credevamo morto e sepolto ed invece è più vivo e vegeto che mai. Sarà questo il modo più adeguato per vivere una reale esperienza di rinnovamento interiore, alla luce della Risurrezione di Cristo, nostra speranza: in Lui tutto ciò che credevamo perduto – persino il nostro tempo – viene trasfigurato e restituitoci centuplicato.

*Docente di Teologia Spirituale – Eremo di Santa Caterina del Sasso.

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31 Marzo 2024 | 07:32
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