La biblista francese Anne Marie Pelletier
Internazionale

Il ruolo della donna nella Chiesa? «Qualcosa si sta muovendo»

Anne-Marie Pelletier è una delle teologhe che godono di molto riconoscimento nel mondo cattolico. Laureata in lettere e con un dottorato in scienze religiose, ha dedicato parte del suo lavoro anche ad una riflessione sulla donna nella Chiesa. Premio Ratzinger per la teologia nel 2014, la Pelletier ha scritto le meditazioni della via Crucis in piazza San Pietro del 2017. Biblista francese, è docente di Sacra Scrittura e ermeneutica allo Studio della Facoltà «Notre Dame» del Seminario di Parigi. Sposata, madre di tre figli, in italiano ha pubblicato diverse opere. Recentemente, in francese, è uscito il suo volume L’Église et le féminin*, nel quale rivisita la tradizione, per liberarla da alcuni pregiudizi culturali sulle donne.

Christophe Herinckx/Dimanche – traduzione e adattamento e riduzione di catt.ch (sotto il link alla versione integrale in francese)

Dottoressa Pelletier, possiamo dire che il posto delle donne nella Chiesa si è evoluto in modo positivo negli ultimi anni, soprattutto sotto il pontificato di Francesco?

La prima osservazione è che la questione della situazione delle donne nella Chiesa sta diventando sempre più attuale. La parola, liberata in questo tempo dai lavori sinodali, attesta senza dubbio che il tema è prioritario nelle comunità cristiane. Il Magistero, alle prese con il futuro della Chiesa in una situazione complessa e preoccupante, non può ignorarlo. Fin dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco ha dimostrato con parole e gesti di essere particolarmente sensibile a questa urgenza. Fin dal suo primo anno, ha rilasciato numerose dichiarazioni su questo tema, invitando alla riflessione teologica. Da allora si è assistito a una successione di nomine di donne a incarichi strettamente riservati agli ecclesiastici, anche nella Curia romana, senza precedenti. Ci sono diocesi che si stanno aprendo a collaborazioni che erano inimmaginabili fino a pochi anni fa. I laici, uomini e donne, entrano a far parte di Consigli episcopali nelle diocesi e sono coinvolti nel governo a fianco dei vicari generali. In Belgio e nella Svizzera francese, ad esempio, le donne sono state nominate delegate episcopali. Questi sviluppi sono suscettibili di rinnovare il funzionamento della Chiesa istituzionale. Tuttavia, a mio avviso, non possono prescindere dalla necessità di andare avanti su un insieme di questioni fondamentali che si impongono alla Chiesa, chiamata a reinventarsi con una vera audacia evangelica.   

Lei direbbe che la Bibbia e la Tradizione contengono pregiudizi misogini?

Direi addirittura: come possiamo esserne sorpresi? La rivelazione biblica è sempre stata formulata nel contesto di una società segnata da una dissimmetria quasi ontologica tra uomini e donne. Il messaggio delle Scritture è espresso con parole umane, e quindi assume tutto ciò che il nostro linguaggio necessariamente porta con sé in termini di rappresentazioni, e quindi anche di pregiudizi, soprattutto quando si tratta del rapporto tra i sessi. Il Nuovo Testamento non sfugge a questa realtà. Inoltre, quello che chiamiamo «mistero dell’Incarnazione» ha molto a che fare con questa commistione tra «il più umano» e «il più divino» all’interno della Parola di Dio.  Ad esempio, non è più possibile ignorare una lunga tradizione misogina legata, ad esempio, a una lettura della Genesi che ha costituito Eva come icona malvagia della donna, debole alla tentazione, pericolosa per il suo compagno maschio. Non è più possibile ignorare il fatto che il Nuovo Testamento contiene alcune frasi problematiche.

Esempi di questo?

Penso in particolare all’ingiunzione di tacere nelle assemblee, o all’affermazione che una donna non può comandare un uomo. Per non parlare del tabù molto arcaico, ma ancora più tenace, relativo alla presunta impurità delle donne. Anche se Gesù contesta esplicitamente questo pregiudizio la sua lezione però non viene ascoltata. (…)

Possiamo dire, tuttavia, che nonostante questo contesto culturale il Nuovo Testamento afferma una fondamentale uguaglianza tra uomo e donna?

La disuguaglianza tra uomini e donne è un fatto culturale indiscutibile del mondo culturale biblico. Le Scritture lo dimostrano, dall’Antico al Nuovo Testamento. L’assunto che le donne sono inferiori, dipendenti da un uomo che detiene l’autorità e il monopolio della parola credibile, è così attestato nel momento più decisivo della testimonianza evangelica: la mattina della resurrezione, il racconto delle donne che riferiscono la scoperta della tomba vuota è ritenuto dagli apostoli un pettegolezzo senza valore. Eppure, è impressionante notare che, in realtà, questa stessa storia biblica è punteggiata da decisive presenze femminili. Intendo la presenza di donne senza le quali nulla sarebbe accaduto al piano salvifico di Dio. Dall’intervento delle levatrici di Israele, la cui astuzia salvò Mosè dal piano omicida del Faraone, all’associazione di Maria, figlia di Israele, all’opera dell’Incarnazione. Fino al momento in cui questa storia di salvezza arriva ad essere formulata, sotto la penna di Paolo, nell’affermazione – propriamente rivoluzionaria – dell’uguaglianza tra i sessi. D’ora in poi, proclama l’apostolo, l’appartenenza a Cristo apre l’accesso all’uguaglianza di tutti i battezzati, senza distinzione di genere. Il «non c’è più maschio e femmina» della lettera ai Galati deve essere inteso come l’affermazione che, in Cristo, non c’è più alcuna differenza discriminante tra i sessi. Venti secoli di cristianesimo hanno dimostrato che c’è molta resistenza a questo.

La partecipazione delle donne al «governo» della Chiesa deve avvenire attraverso l’ordinazione episcopale, sacerdotale o diaconale?

Innanzitutto, bisogna ricordare che, secondo la teologia cattolica, ogni battezzato è costituito dal suo battesimo «sacerdote, profeta e re». Quest’ultimo titolo implica la partecipazione alla carica di «governo». Questo poi è arrivato a concentrarsi nelle mani di sacerdoti e vescovi. Ma il Concilio Vaticano II ci ha restituito la pienezza dell’identità cristiana, che vale per ogni battezzato. In altre parole, la responsabilità di «governare» va oltre il mondo clericale. Riguarda tutti i fedeli, ciascuno «secondo la propria condizione». Questo apre un vasto campo alla partecipazione effettiva dei laici, soprattutto delle donne, che possono legittimamente ricevere una delega di «governo». Ciò implica ovviamente che le donne possono avere autorità sugli uomini nella Chiesa. Si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana, dove le mentalità sono bloccate in schemi diseguali accoppiati a giustificazioni teologiche. (…) 

Ci sono argomenti che giustificano che l’episcopato e il presbiterato siano riservati ai soli uomini?

Il dibattito è in corso da decenni. Molto, se non tutto, è stato detto a favore e contro l’ordinazione delle donne. A livello istituzionale, questo dibattito è stato deciso negativamente in due testi magisteriali di Paolo VI e poi di Giovanni Paolo II, alla fine del secolo scorso. (…)

Le donne dovrebbero avere missioni «specifiche» all’interno della Chiesa? Le donne e gli uomini sono complementari tra loro?

La «specificità femminile» e la «complementarietà» sono nozioni che vengono invocate con insistenza nei discorsi magisteriali. La prima espressione ha lo svantaggio di assegnare immediatamente alla donna un’identità astratta, una definizione che precederebbe la sua vita concreta. È come se esistesse un’essenza dell’»essere donna». Questo ritrattocomposito delle donne è in realtà un’immagine creata dagli uomini. Porta con sé una serie di pregiudizi maschili, anche quando questa identità vuole essere elogiativa.

Quanto alla «complementarità», può essere usata come copertura per la disuguaglianza. Questi sono motivi per diffidare di parole così comuni. Anche per questo mi sembra essenziale partire sempre dal riconoscimento di un’identità battesimale essenziale, che fonda l’uguaglianza di tutti, clero e laici, uomini e donne. Una volta che questa uguaglianza è stata chiaramente affermata, riconosciuta e onorata, è possibile fare spazio alle differenze. Ma solo in seconda battuta e con cautela, poiché è comune ristabilire la gerarchia con la differenza. Vale la pena notare che quando Paolo parla dei diversi carismi presenti nella Chiesa, essi non sembrano essere «di genere», per usare il nostro vocabolario contemporaneo. 

Come vede evolversi il ruolo delle donne nella Chiesa nei prossimi anni?

Non credo che la Chiesa possa reinventarsi seriamente nelle nostre società secolarizzate senza trasformare profondamente la sua rappresentazione delle relazioni di genere al suo interno. Non dimentichiamo che il movimento fondamentale che oggi è all’opera nel mondo per denunciare la violenza contro le donne è una realtà che va accreditata senza riserve al nostro tempo. La Chiesa non può rimanere isolata da ciò che deve riconoscere come «segno dei tempi», per dirla con Papa Giovanni XXIII. 

E quindi?

La mia convinzione è che l’Istituzione debba liberarsi con decisione dal solco che, dal XII secolo, è consistito nel fare della distinzione tra chierici e laici un fondamento della propria identità. La cosiddetta «questione femminile» coinvolge in realtà l’intera percezione che Chiesa ha di sé. Mette in discussione, in particolare, la struttura gerarchica di cui il sacerdozio ministeriale è la chiave di volta. In questo senso, la questione è decisiva nella lotta contro il clericalismo, i cui tragici effetti stiamo vivendo oggi. O, per dirla in positivo, è legata all’indispensabile attuazione della sinodalità, dove tutti sono chiamati a riconoscere di essere ugualmente responsabili della missione della Chiesa. Qualcosa sta avanzando in modo irresistibile, anche se i venti contrari possono opporsi. Ripetiamo che non sono solo le donne a far parte dell’evoluzione che stiamo vivendo, ma tutta la Chiesa e il suo futuro nelle nostre società in trasformazione. (cath.ch/dimanche/ch – traduzione, riduzione e adattamento di catt.ch; vedi sotto intervista integrale in lingua francese)

*Anne-Marie Pelletier, L’Eglise et le féminin – Revisiter l’histoire pour servir l’Évangile, Editions Salvator, 2021, 171 pages.

Intervista integrale su cath.ch 

La biblista francese Anne Marie Pelletier | © https://centresevres.com/enseignant/anne-marie-pelletier/
26 Giugno 2022 | 08:55
Tempo di lettura: ca. 6 min.
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