René Roux, rettore della Facoltà di Teologia di Lugano
Ticino e Grigionitaliano

Il desiderio del Papa? Una Chiesa «in ascolto». Il commento del Rettore Roux dopo la risposta di Francesco ai «dubia»

di Laura Quadri

Quanto contano i cambiamenti culturali e antropologici nella reinterpretazione della rivelazione contenuta nella Bibbia? È questa la prima domanda che i cinque cardinali Walter Brandmüller, Raymond Burke, Juan Sandoval Íñiguez, Robert Sarah e Joseph Zen hanno rivolto negli scorsi giorni a Papa Francesco, chiedendogli al contempo di esprimersi, chiarito questo aspetto, su altre quattro questioni o «dubia», tra cui il sacerdozio femminile e la benedizione delle coppie omosessuali. Nella risposta alla prima domanda in particolare, il Papa sottolinea l’importanza di capire anzitutto a fondo il concetto di «reinterpretazione» legato ai dogmi: non tanto un mettere in discussione ciò in cui crede la Chiesa, ma un «comprendere meglio» e più a fondo.

La questione di un’interpretazione della dottrina

«I dogmi – spiega René Roux, rettore della Facoltà di Teologia di Lugano – sono nati dalle professioni di fede battesimali come un breve riassunto dell’essenza della fede. Nel corso dei secoli successivi, queste formule sono state precisate dai Concili ecumenici, ogniqualvolta la Chiesa ha percepito il rischio che la pienezza del mistero rivelato potesse essere ridotta o deformata sotto l’influsso di correnti di pensiero alla moda. In questo la Chiesa non si affida alle teorie dei teologi, ma ripone la sua fiducia nel Signore che ha promesso l’assistenza del suo Santo Spirito. Non è adeguato parlare di «evoluzione» o di innovazione dei dogmi, ma di precisazioni ed approfondimenti sempre maggiori. Immaginare una modifica alla dottrina significherebbe mettere in dubbio la coerenza di Dio che farebbe credere alla Sua Chiesa una volta una cosa e un’altra volta un’altra. Di conseguenza, la Chiesa crede che la dottrina non possa essere modificata, in quanto sarebbe mettere in dubbio questa azione divina. Ma è anche vero che ci sono degli aspetti, soprattutto quelli legati al comportamento morale degli uomini e delle donne nella storia, che sono necessari di costante interpretazione critica per poter essere applicati nelle diverse circostanze della vita. Vale anche per i precetti più elementari. Cosa vuol dire, ad esempio, amare gli altri come il Vangelo ci invita a f+are? La risposta che nel tempo hanno dato a questo precetto i Santi con la loro vita, ad esempio, ci permette di comprendere meglio il significato di questo comandamento. I dogmi insegnano quel minimo di verità necessaria per essere salvati, ma comprendere in pienezza le profondità del mistero di Dio in tutte le sue implicazioni è lavoro che va oltre i brevi confini della nostra vita terrena».

Una Chiesa «in ascolto»

Un’altra questione, al di là delle singole risposte, sottolinea Roux, è capire a fondo i motivi per cui proprio ora siano stati sollevati certi aspetti e perché, soprattutto, il Papa abbia voluto rispondervi puntualmente: «Credo che questo scambio tra i cardinali e il Papa sia frutto diretto del Sinodo appena incominciato. Il Papa ha infatti auspicato sin dall’inizio un Sinodo in cui tutti potessero parlare di tutto e non si censurassero problemi o domande. Così come questi dubia esprimono le preoccupazioni di alcuni, altre esternazioni manifesteranno le preoccupazioni di altri. Il Santo Padre, con questo sinodo, non vuole un parlamento in cui i partiti si fanno la guerra per ottenere a tutti i costi la maggioranza e così imporre a tutti la propria ideologia. Il punto è un altro: è la volontà, da parte del Papa, di sottolineare la crucialità dell’ascolto e del camminare assieme. La Chiesa oggi sugli aspetti sollevati dai dubia è divisa, è un dato di fatto. Siamo divisi, perché ognuno di noi cercare di fare il meglio per la Chiesa, ma non siamo d’accordo su quale sia questo «meglio». Ecco che con questo Sinodo il Papa vuole insegnarci l’opposto: a non essere noi i protagonisti ma imparare ad ascoltarci e ad ascoltare lo Spirito che parla».

Una Chiesa, dunque, oltre che «in uscita», anche «in ascolto», «una scommessa grande, soprattutto rispetto al passato, ma che andava colta. Non per niente questa volta prenderanno parte al Sinodo, sempre per volontà del Papa, anche le realtà ecclesiali più piccole e periferiche: non perché si voglia che la loro voce si sovrapponga o sostituisca a quelle più grandi, ma proprio perché sia in atto questa dinamica». 

Nel caso della benedizione di coppie omosessuali, il Papa invita inoltre a considerare l’importanza del discernimento pastorale, «un invito a restare nella tradizione, facendo in modo, però, che ciò non diventi una scusa e un motivo di condanna per uccidere spiritualmente l’uomo a causa della condizione in cui esso si trova». E uno stile «ben più che semplicemente gesuitico. È il condurci, piuttosto, verso un cammino di unità nella sequela di Cristo che è più grande di noi. Se si seguirà questa linea, potrà essere un momento di grande crescita per la Chiesa, un momento per capire l’importanza anzitutto di andare avanti uniti, a ritmi diversi ma insieme. In questo senso l’auspicio finale di Francesco è uno solo: la conversione di tutti a un altro modo di vedere il nostro essere insieme nella Chiesa, un popolo di Dio che si senta veramente tale».

René Roux, rettore della Facoltà di Teologia di Lugano
9 Ottobre 2023 | 11:53
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