Il crocifisso esposto in San Pietro e Paolo a Gravesano realizzato a partire dai dati rilevati sulla Sindone è copia della nota opera di Ricci.
Ticino e Grigionitaliano

Il crocifisso di Giulio Ricci specchio della Sindone

Nella chiesa di San Pietro e Paolo a Gravesano si può visitare un interessante crocifisso sindonico realizzato a partire dai dati rilevati sulla Sindone, il lenzuolo di lino contenente la doppia immagine accostata per il capo, del cadavere di un uomo morto in seguito ad una serie di torture culminate con la crocifissione. L’opera esposta a Gravesano, arrivata a novembre, è una copia di quella realizzata molti anni fa da mons. Giulio Ricci (1913-1995), insigne studioso della Sindone. «Il crocifisso sindonico di Gravesano è un gemello di quello esposto nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme», ci spiega il prof. Antonio Cassanelli, del centro studi sindonici di Torino che guiderà una serata l’8 aprile alle 19.30 nella parrocchiale a Gravesano. «L’opera ricostruisce fedelmente nelle misure, nella posizione, nelle ferite e nelle piaghe il corpo dell’uomo della Sindone, così come il lenzuolo lo documenta e permette di guardare il crocifisso come lo videro Maria e Giovanni, sotto la croce». La Sindone, conservata a Torino, secondo un’antica tradizione sarebbe il lenzuolo citato nei Vangeli che servì per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro. 

Una tradizione che se ha trovato numerosi riscontri dalle indagini scientifiche sul lenzuolo, iniziate un secolo fa con le prime immagini fotografiche, ha anche dato vita a contraddizioni come il famoso esame del 1988 per la radio datazione al carbonio 14, che ha retrodatato il lino ad un’epoca compresa tra il 1260 e il 1390 d.C. L’esame è stato al centro di molte discussioni perché il frammento prelevato per la radio datazione, situato su un’estremità particolarmente esposta del telo, avrebbe subito molte contaminazioni avvenute durante i secoli (batteri, funghi, i famosi incendi che hanno rovinato il lino e i restauri successivi). Lo scienziato russo Kouznetsov nel 1993 decise di riprodurre sperimentalmente le condizioni dell’esame del 1988 utilizzando un pezzo di lino proveniente da Israele e datato al radiocarbonio in un’epoca compresa tra il 100 a.C. e il 100 d.C. Sottoponendo il pezzo di lino a contaminazioni simili a quelle della Sindone, la radio datazione successiva lo fece risultare del periodo 1044-1272 d.C.

Il dibattito è aperto, per la Chiesa la Sindone è solo un’icona, la fede non si basa su un oggetto. «Gli studiosi – riassume Cassanelli – concordano sul fatto che quel lenzuolo ha contenuto il corpo di un uomo morto dopo indicibili sofferenze, attribuibili al racconto della passione di Gesù. A livello statistico – se non fosse un poveretto a cui hanno fatto subire lo stesso martirio – dovrebbe essere Gesù. Non è un’immagine dipinta, mentre ci sono due tipi di impronta: una ematologica, quindi con il riscontro di sangue e l’altra che è quella di un corpo. Come si è formata? Al centro ricerche in fisica dell’ENEA di Frascati il prof. Paolo Di Lazzaro ha indagato l’immagine che sembra essersi fissata per una bruciatura superficialissima, di molto meno di un millimetro. La cosa più simile – secondo Di Lazzaro – sarebbe un raggio laser», spiega Cassanelli. Ma qui la scienza si ferma.

«Questo volto sfigurato – ha detto il Papa – assomiglia a quello di tanti uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignità, da guerre e violenze che colpiscono i più deboli, eppure il volto della Sindone comunica una grande pace; è come se dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza dell’amore di Dio, la forza del Risorto vince tutto».

di Cristina Vonzun 


Il crocifisso esposto in San Pietro e Paolo a Gravesano realizzato a partire dai dati rilevati sulla Sindone è copia della nota opera di Ricci. | © catt.ch
6 Aprile 2022 | 09:13
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