Il cardinale Kurt Koch è presidente del Dicastero vaticano per l'Unità dei cristiani.
Svizzera

Il card. Koch: «A tutti auguro di trovare la pace del cuore»

di Cristina Uguccioni

Fare del proprio cuore un presepe, pronto ad accogliere la luce vera: è questo l’invito e l’augurio che offre in questa conversazione il cardinale svizzero Kurt Koch, dal 2010 prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Come festeggiava il Natale quando viveva in Svizzera? E a Roma, come lo trascorre?

«Quando ero in famiglia, la sera della vigilia, si cenava tutti insieme, si cantavano inni natalizi vicini all’albero e al presepio e c’era lo scambio dei doni. Ricordo che in quelle serate di festa non mancava mai la lettura del Vangelo della nascita di Gesù. Nella notte andavo poi alla santa messa. Quando invece ero vescovo di Basilea, avevo l’abitudine, il 24 dicembre, di trascorrere il pomeriggio in cattedrale a disposizione dei fedeli che desideravano confessarsi. Poi, dopo cena, celebravo l’Eucaristia. La serata terminava nella casa vescovile con lo scambio di auguri e il brindisi con amici e collaboratori. Da quando sono a Roma, invece, celebro sempre la messa di Natale in lingua tedesca nella chiesa di santa Maria della Pietà del Campo Santo Teutonico perché sono davvero molti i tedeschi che vivono già da lungo tempo a Roma ma desiderano seguire la santa messa nella loro lingua madre».

Anche quest’anno il Figlio torna a nascere e rinsalda la sua alleanza, il legame inaudito, irreversibile con la famiglia umana. Quali sentimenti e pensieri suscita in lei questo avvenimento? E quale significato esso assume per la vita di ogni giorno?

«Questo è un momento storico molto difficile: il mondo è prostrato da guerre e atti terroristici, si moltiplicano avvilimenti e sofferenze. Molti si chiedono come, data questa situazione, sia possibile festeggiare il Natale. Ebbene, anche al tempo del primo Natale il mondo era lacerato da violenze che generavano grandi dolori. Allora, proprio come oggi, c’erano tenebre e oscurità. Ma Dio non si è tirato indietro, ha voluto venire proprio nel mondo così fatto per portare la Sua luce. Coltivo la speranza che questa luce possa entrare nel cuore di tutti gli esseri umani, operando quella conversione che porta a scegliere la pace e a far cessare ogni violenza. Penso che dobbiamo prendere molto sul serio il canto degli angeli: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Luca 2,14). Questa espressione vuol dire che la pace sulla terra dipende dalla gloria che diamo a Dio».

Cosa si augura che ciascun cristiano possa mettere al mondo di buono in questo tempo natalizio per il bene di tutti?

«Per poter mettere al mondo qualcosa di buono per gli altri è anzitutto necessario che il nostro cuore diventi un presepe per Gesù che desidera prendere dimora presso di noi. Se il nostro cuore è nell’oscurità cosa potremo offrire? Il tempo dell’Avvento è il tempo nel quale prepariamo il nostro cuore ad accogliere Gesù e il Suo amore, la luce vera. La preghiera, la confessione, la partecipazione all’Eucaristia sono il modo migliore per costruire il nostro presepe interiore dal quale sapremo poi generare vita buona».

In gennaio si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: quale importanza riveste questo appuntamento ecclesiale nel cammino verso l’unità?

«Questa settimana è irrinunciabile: essa costituisce il cuore pulsante del movimento ecumenico poiché si fonda sulla preghiera sacerdotale di Gesù, il quale ha detto: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Giovanni 17,20-21). Gesù non ha ordinato di fare l’unità, ha pregato per l’unità. Noi non riusciamo a costruirla, riusciamo solo a produrre divisioni, separazioni, guerre: l’unità è dono dello Spirito Santo e il modo migliore di prepararsi a riceverlo è pregare».

C’è un progetto del Dicastero da lei guidato che le sta particolarmente a cuore?

«Sì, tra due anni si celebrerà un anniversario importantissimo per tutta la cristianità: nel 2025 saranno infatti trascorsi 1700 anni dal Concilio di Nicea, che si tenne nel 325, quando la Chiesa era ancora unita. Divisioni e separazioni sarebbero giunte in seguito, nel corso della storia. Questo anniversario dunque coinvolge tutte le Chiese e le comunità ecclesiali del mondo: sarà una magnifica opportunità per i cristiani di confessare insieme la loro fede in Gesù Cristo. Per questa ragione vogliamo preparare con grande cura questo appuntamento, e non lo faremo da soli: in novembre ho incontrato a Istanbul il patriarca ecumenico Bartolomeo e abbiamo deciso di lavorare insieme per organizzare varie iniziative. Anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese, con sede a Ginevra, ha espresso il desiderio che si celebri la ricorrenza con progetti comuni».

Quale augurio vorrebbe rivolgere ai suoi connazionali in occasione di questo Natale?

«Auguro a tutti di poter gioire davvero della nascita di Gesù, il Salvatore, e di trovare pace nel cuore. E mi auguro che si trovi pace anche nella Chiesa che purtroppo è attraversata da tensioni, contrapposizioni, lotte: è difficile annunciare la pace se non c’è pace nella nostra stessa casa. Desidero rivolgere un pensiero ai giovani: a loro, così sensibili alla pace e alla giustizia, auguro di scoprire e vivere l’onore e il compito di ricordare al mondo degli adulti che siamo tutti fratelli e figli di Dio, e che bisogna lavorare, tutti uniti, per la pace e la giustizia».

A fine anno la Chiesa eleva l’inno di ringraziamento, il Te Deum: lei di cosa desidera rendere grazie a Dio?

«Questo è stato anno molto triste a causa delle efferate violenze che si sono susseguite in tante parti del mondo: ma esistono sempre motivi per rendere grazie a Dio. Le tenebre e l’oscurità dalle quali molti si sentono avvolti sono vinte dalla luce di Cristo, che non abbandona nessuno, mai. Dunque, ringrazio il Signore perché nella Sua bontà continua a essere la luce che scaccia le tenebre e l’oscurità e sostiene i nostri passi verso la pienezza della vita».

Il cardinale Kurt Koch è presidente del Dicastero vaticano per l'Unità dei cristiani. | © Jacques Berset
23 Dicembre 2023 | 09:41
Tempo di lettura: ca. 4 min.
Condividere questo articolo!