Ticino e Grigionitaliano

Il 6 ottobre al Teatro di Locarno lo spettacolo «Gino Bartali: eroe silenzioso»

di Laura Quadri

È il 2013 quando Gino Bartali (Ponte a Ema, Firenze, 1914- Firenze, 2000) viene dichiarato «Giusto tra le Nazioni», titolo con il quale si intendeva riconoscere il grande impegno dell’indimenticato ciclista durante una delle pagine di storia più buie del Novecento quale la Seconda Guerra mondiale. Riconoscimento che però all’inizio stupisce, riportando alla luce un impegno umanitario di cui quasi nessuno sapeva. Nasce, proprio dalla voglia di saperne di più, lo spettacolo di Federica Molteni della compagnia «Luna e Gnac», dal titolo «Gino Bartali – Un eroe silenzioso» e che verrà portato gratuitamente sul palco del Teatro di Locarno il prossimo 6 ottobre alle 21, dopo l’Assemblea annuale degli Amici del teatro. «Da anni – sottolinea Paolo Crivellaro, direttore del teatro – la programmazione della stagione del Teatro di Locarno è attenta a una riflessione su temi legati alla storia recente e l’opposizione alle dittature: Ottavia Piccolo narratrice dell’assassinio di Anna Politkovskaja o, la scorsa stagione, Un tram per San Vittore sulla resistenza al fascismo e al nazismo, proposto in occasione della giornata della memoria. Per la stagione in arrivo ci è dunque parso significativo unire l’impegno civile alla notorietà di un campione sportivo che al contempo permettesse di continuare a riflettere sul pericolo delle dittature».

Oltre 200 repliche, tra teatri, scuole e carceri, la pièce della Molteni ripercorre infatti, in forma di monologo la storia di Bartali, dall’infanzia – con il primo grande innamoramento per lo sport del ciclismo – fino agli anni cruciali della guerra, di cui l’attrice stessa ci svela i particolari: «L’ascesa di Bartali in quanto sportivo viene tragicamente a coincidere con l’affermarsi del fascismo. Mussolini avrebbe voluto fare un uso strumentalizzato delle vittorie dello sportivo, piegandolo alle sue mire. Ma Bartali non ci sta, ed è qui che inizia la pagina meno nota della vita dell’atleta, che aderisce come staffetta alla rete clandestina organizzata dall’arcivescovo di Firenze Elia Dalla Costa. L’aiuto di Bartali fu fondamentale: raccontava a tutti di recarsi ad Assisi per degli allenamenti, nascondeva i documenti necessari ad allestire i documenti falsi per gli ebrei nel telaio della bicicletta, consegnava il materiale ai frati che a loro volta lo trasmettevano allo stampatore, quindi ritornava a Firenze con i documenti falsificati, sempre ben celati dalla scusa di spostarsi per inseguire la sua passione, il ciclismo». A questo impegno se ne aggiunse però presto un altro: «Per accedere al titolo di Giusto tra le nazioni è indispensabile che qualcuno testimoni dal vivo dell’impegno del candidato. Per Bartali si trattò del figlio dei Goldenberg, famiglia ebrea che Bartali nascose nella sua cantina privata negli anni della persecuzione, mentendo silenzio al riguardo persino alla moglie». Gesti di un uomo che, secondo Molteni, «viveva la fede in modo semplice e concreto». E l’attrice nonché ideatrice dello spettacolo si commuove: «Personalmente ho molto riflettuto su questi gesti mentre costruivo lo spettacolo. Bartali, alla fine della sua vita, si è ritrovato povero e indebitato ma non ha mai sfruttato quanto aveva fatto per poterne trarre qualche vantaggio. Anzi: consegnò il racconto della vicenda al figlio, con la preghiera di divulgare tutto solo dopo la sua morte. Il motivo? Lo spiegò egli stesso con le ultime parole pronunciate ai famigliari e che rievoco nello spettacolo: le medaglie d’oro vengono appese ad una maglia e, se tutto va bene, vengono conservate in un museo; fare del bene, invece, è qualcosa che ti si attacca all’anima e che splenderà Altrove».

Info su bartalieroesilenzioso.it

4 Ottobre 2022 | 10:47
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