Ticino e Grigionitaliano

Il 18 agosto i funerali di Giorgio Dordi. L'omelia di mons. Nicola Zanini

Forse la Madonna di Lourdes lo ha chiamato in Cielo nei giorni precedenti un gesto per il quale aveva speso tante energie negli anni in cui era segretario dell’Opera Diocesana pellegrinaggi: il pellegrinaggio della Svizzera italiana al Santuario francese. Il 16 agosto 2022, nel giorno del Santo pellegrino, San Rocco, quasi alla vigilia del pellegrinaggio diocesano a Lourdes è infatti spirato Giorgio Dordi (1946-2022), apprezzato segretario dell’Opera diocesana Pellegrinaggi dal 1966 al 2015. Ieri, giovedì 18 agosto 2022, ad Agnuzzo, le esequie presiedute da mons. Nicola Zanini, vicario generale della Diocesi di Lugano. Di seguito ne riportiamo l’omelia.

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Spesse volte la liturgia definisce la nostra vita come un pellegrinaggio verso una meta, il cielo. Una bella immagine per definire la nostra esistenza. Se questo è vero per ogni credente, lo è oggettivamente molto di più per il nostro caro Giorgio al quale oggi rivolgiamo questo saluto celebrando questa Messa. Sì, perché Giorgio, 2/3 della sua vita, l’ha dedicata ai pellegrinaggi nel servizio della nostra Diocesi. Era stato «pescato» a Lanzo d’Intelvi, quando aveva vent’anni, e assunto da don Maestri e da Monsignor Leber, maestri certo in gamba, e dunque efficaci, ma non facili. In un tempo quando a Lourdes si doveva prenotare tutto senza la mediazione dalle agenzie e dunque passare in ogni albergo a saldare in contanti i conti. Nel 2015 aveva deciso di ritirarsi da questo importante servizio, durato dunque quasi cinquant’anni, e suddiviso in due periodi segnati, purtroppo, dal primo sintomo di malattia, il cancro al polmone. D’apprima, dunque, dal 1966 al 2013 nell’ufficio di via Nassa, coccolato dalle nostre care Teresine. Un ufficio caratterizzato dal profumo del toscano e dalla mini televisione in bianco e nero dietro alla scrivania, strumento indispensabile per la sua passione dello sport. Poi una seconda parte quando nel 2013, non senza fatica, lo convincemmo a trasferisi al San Giuseppe. La fatica era comprensibile, perché già aveva provato un mini esilio a Lucino, non riuscito. Difficile convincerlo perché dalle caselle postali a san Giuseppe il tratto non era così lungo rispetto a quello di via Nassa: come faceva a farci star dentro la lettura del Giornale in strada, con un occhio rivolto alle notizie e l’altro alla gente che passava, vedeva e salutava? Però la soddisfazione e il piacere di averlo vicino d’ufficio al San Giuseppe c’è stata. E anche lui lo ammetteva. I legami con Tiziano, Antonio, Carlo, i giornalisti di Comec e di Sacrificio quaresimale sono qui a dimostrarlo. Sono tanti i ricordi che sentiamo oggi nel cuore. Provo a riassumerli con le letture della liturgia di oggi, sapendo di non poter essere esaustivo. E poi certe cose non posso nemmeno dirle: posso mica parlarvi delle discussioni tra me, lui, Franscini, Isotta, ad esempio! Con gli occhi di Giorgio, in quei momenti un po’ rivolti a me, un po’ rivolti al cielo. Il profeta Ezechiele nella prima lettura ci ha annunciato una promessa che in Cristo, morto e risorto, è divenuta realtà: vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Mi pare di poter riassumere il dono e l’impegno cristiano di ogni battezzato proprio così: far crescere sempre più in noi un cuore di carne, capace di amare Dio e amare il prossimo. E questo è possibile se coltiviamo la relazione con Dio e con le persone. Difatti che cos’è il cuore di pietra se non la «non-relazione»? So di farvi sorridere, ma vorrei che ci ricordassimo queste parole di Ezechiele attraverso questa immagine: anche con Giorgio si diceva sempre che un pellegrinaggio riesce bene quando c’è una bella celebrazione al mattino, magari solenne col Vescovo, e poi quando segue un pranzo abbondante e buono. E buono vuol dire accompagnato dal rosso e dal bianco. «Em mangia ben»: ecco il risultato positivo del pellegrinaggio. In fondo a pensarci bene non diciamo altro che la giornata di pellegrinaggio è positiva se c’è relazione con Dio (la Messa) e relazione col prossimo (le gambe sotto il tavolo). Se è così per il pellegrinaggio di qualche giorno, lo sarà pure per il pellegrinaggio della vita verso il regno. E il Vangelo ascoltato ora ce ne dà una prova: il regno dei Cieli è simile a un banchetto, in cui siamo invitati dal Signore. E tanti sono gli invitati, da ogni dove. Sì, anche il Paradiso è relazione definitiva e perfetta di amore, con il Signore e con chi ha accettato l’invito. L’unica condizione per entrarvi è, lo abbiamo ascoltato, accettare l’invito e avere l’abito adatto, che non è altro che la capacità di relazione tessuta di giorno in giorno qui sulla terra, con Dio e con il prossimo, avendo avuto un cuore di carne. Negare che Giorgio non sia stato uomo di relazione sarebbe una bestemmia. Relazione con Dio, ma fedele, ad esempio alla messa domenicale, quasi sempre al Cristo risorto. Potesse dirmi qualcosa ora mi direbbe, «su fa in presa che ghem da na a bev el prosecchino»; fede dunque per nulla sdolcinata e bigotta. Relazione con Dio, ma soprattutto relazione di amore e di un cuore «grande come una casa» verso la fedelissima Rosanna e per la sua Roberta. Poi a cascata, ovviamente, quando sono arrivati, verso il cognato Andrea, e i suoi adorati Dario, Michele, Eleonora e Giulio. Ogni volta, soprattutto negli ultimi anni di malattia, ci diceva: chissà se potrò vedere nascere i miei nipotini! È stato esaudito 4 volte. Come, penso, sia stato esaudito l’altro giorno, addormentandosi serenamente dopo aver passato il pranzo con Rosanna, senza la pena, possibile per la sua malattia, di dover lasciare questo mondo stentando a respirare. Quante cose potremmo raccontarci per dire la capacità di relazione e dunque il «cuore di carne» di Giorgio. Nel comitato ODP, tra noi idealisti, lui ci rimetteva senza mezzi termini coi piedi per terra. Non amava teorizzare: lui agiva. E anche se allergico al computer (che fatica insegnarli a stampare almeno le etichette), arrivava prima di noi. A chi telefonava per prenotarsi per un pellegrinaggio, ascoltava il nome, appoggiava la cornetta tra capo e spalla, immediatamente prendeva la penna e la busta gialla profumata di sigaro, e prima ancora che la pellegrina dicesse il nome della via, lui aveva già scritto a memoria l’indirizzo, il codice postale e il paese, mai confondendo il burro con la ferrovia. E nel pieno della telefonata, mentre ascoltava magari le pene familiari di chi aveva dall’altra parte del filo, aveva già compilato il formulario d’iscrizione con l’albergo e la tipologia di stanza richiesta, la cedola di versamento e il francobollo incollato. Così, una volta appeso il telefono, la busta era pronta da spedire. Di fronte all’evidenza, come facevi a sostenere che il computer era più veloce di lui? Vi ho raccontato questo, perché mi pare sia segno del suo modo di vivere e sia evidente la sua capacità straordinaria di relazione. Quando avevi bisogno, lui c’era. Magari a Lourdes invece che cercarlo alla Grotta (lì andava da solo) lo trovavi al Royal. E in pochi minuti ti risolveva il problema. Mi devo fermare, anche se potrei continuare con gli esempi e voi potreste fare altrettanto. Accenno solo al suo grande amore per la casa e la famiglia: alle 16 lui doveva finire il lavoro, perché a casa c’era Rosanna, Roberta e… lo sport che lo aspettavano. Non voleva squilibrare la giornata. Già al mattino presto era in ufficio, ma a metà pomeriggio doveva essere a casa per i suoi cari. E al sabato sempre, con una fedeltà metodica, dalla mamma e dagli amici del bar a Lanzo. Grazie, Giorgio: inventarne un altro come te sarebbe un’impresa. Che Dio sia benedetto per essere stato così, per noi. Grazie a nome del’ODP, della Diocesi, dei Vescovi che hai servito, dei tanti pellegrini e dei tuoi familiari. A voi, Rosanna, Roberta e Andrea e a voi nipotini e familiari il ricordo e l’affetto da parte dei Vescovi Valerio e Pier Giacomo, dell’ODP e di tutti noi. Quando chiedevo a Giorgio «come stai?», mi rispondeva, con un tono ironico imitando la voce della signora che dall’altoparlante del bus, che lui prendeva quotidianamente per andare al posteggio di Cornaredo, annunciava «prossima fermata ›Cimitero’ «. Giorgio caro, la fermata Cimitero c’è solo in via Trevano a Lugano. Perchè nella realtà e con la fede, la prossima fermata è il Paradiso, quel banchetto di cui ci ha parlato il Vangelo. Aspettaci lì: metti in fresco qualcosa perché arriveremo anche noi e ci rivedremo. Tu ora entra, con l’abito firmato «cuore nuovo e relazione» che ci hai mostrato qui sulla terra. Siamo qui in tanti a pregare il Signore per questo. A presto, caro Giorgio e grazie.

Mons. Nicola Zanini

19 Agosto 2022 | 10:38
Tempo di lettura: ca. 5 min.
esequie (1), funerali (8), giorgio dordi (1), ODP (15)
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