Ticino e Grigionitaliano

I commenti ai Vangeli della domenica

calendario romano (Mc 4, 35-41 / XII Domenica del Tempo ordinario)

Anche se la fede vacilla, il Signore non ci lascia soli

di Dante Balbo (Dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube)

Saremmo ipocriti o ingenui se non riconoscessimo che la nostra vita non è una passeggiata, che la fede non ci salva dalle fatiche, dalle persecuzioni, forse oggi non sanguinose come agli albori della presenza della Chiesa nel mondo romano, ma non meno terribili.
Sono le statistiche a dirci che il secolo ventesimo ha visto un numero di cristiani uccisi per la loro fede, maggiore di tutti i tempi.
La Chiesa non è solo vittima, ma anche divisa al suo interno fin quasi dal principio, tanto che il Vangelo di Giovanni è stato scritto per combattere l’eresia gnostica. L’aspettativa del ritorno di Gesù nella sua gloria, che avrebbe sistemato ogni cosa e trasportato i credenti in un regno di pace e letizia, lontani dalle guerre, dall’odio del mondo, dalla sofferenza della malattia e dal limite estremo della morte, era altissima nel primo secolo. Le letture di questa domenica ci ricordano che non si tratta solo di un problema dei primi cristiani, ma di una questione universale, che attraversa tutte le età, già presente nell’Antico Testamento, con il libro di Giobbe, un uomo che si è visto strappare tutto ciò che aveva: beni, figli, salute, tanto da indurlo a bestemmiare rifiutando Dio. Eppure nota don Willy Volonté alla fine è lo stesso Giobbe a testimoniare la propria fiducia: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (Gb 42, 5). Nel Vangelo è ancora più esplicito il turbamento degli apostoli, durante una tempesta in cui Gesù dorme sulla loro barca. La fede vacilla ma è il Signore stesso che si alza e domina la bufera, ricordando che Lui non ci lascia soli. «È un po’ questo l’insegnamento di questa domenica: avere la pazienza di lasciare che Dio finalmente operi nella nostra vita quella trasformazione che ci rende accoglienti di tutto ciò che ci capita, sapendo che abbiamo un Padre che conduce questa nostra esistenza».

calendario ambrosiano (Mt 22, 1-14 / IV Domenica dopo Pentecoste)

L’invito rivoltoci da Dio a una comunione festosa

di don Giuseppe Grampa
La pagina evangelica di questa domenica risulta chiaramente dalla unione di due testi, due parabole accostate: la prima costruita attorno al simbolo del convito di nozze, la seconda al simbolo dell’abito di nozze. Il simbolo del convito indica l’intenzione di Dio di convocare tutta l’umanità ad una festa eterna. Tutta l’umanità. Certo, i primi destinatari non hanno accolto l’invito ma i doni di Dio sono senza pentimento e quindi altri vengono invitati, anzi tutta l’umanità con un gesto di sconfinata larghezza. Buoni e cattivi, belli e brutti, anche l’ultimo e malconcio rottame umano è raggiunto dall’invito: vieni anche tu alla festa. Questo è l’Evangelo, la gioia dell’Evangelo. Prima di qualsiasi precetto morale, prima dei comandi e dei divieti, prima di ogni altra parola deve risuonare l’invito alla gioia dell’Evangelo. Perché la sala sia stracolma e sia festa per tutti. La prima parabola si ferma qui, sulla soglia della sala affollata da una umanità che nonostante le fatiche e le brutture che ne sfigurano il volto è ormai chiamata alla gioia della comunione con Dio. La seconda parabola, invece, si concentra attorno al simbolo dell’abito per la festa. Il nostro modo di vestire parla di noi, esprime i nostri intimi sentimenti. Ricordo un giorno di 60 anni fa quando davanti all’altare della mia chiesa mi tolsi la giacca e indossai la lunga veste nera. E ricordo le parole che accompagnavano quel gesto: «Ti sei spogliato dell’uomo vecchio e ti sei rivestito dell’uomo nuovo». Così iniziavo il cammino verso il sacerdozio. Notiamo il trapasso dalla prima alla seconda parabola, dal primo al secondo simbolo, dall’invito al banchetto all’abito adeguato per la festa. L’accostamento di queste due parabole indica la progressiva presa di coscienza da parte della comunità cristiana: essa deve anzitutto diffondere a tutti il lieto annuncio, l’appello alla comunione festosa con Dio, ma al tempo stesso farsi guida e maestra che indica gli atteggiamenti, i comportamenti, appunto gli abiti degni di questa lieta comunione con Dio.

20 Giugno 2021 | 06:39
Tempo di lettura: ca. 3 min.
vangeli (29)
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