Ticino e Grigionitaliano

Domenica 17 marzo. Commento ai Vangeli

Calendario romano: Gv 12,20-33

Ora e nell’ora della nostra morte

L’ave Maria che recitano i credenti, mantra occidentale di rosari sgranati, spesso da mani anziane, termina con un invito alla Vergine di pregare per noi ora e nell’ora della nostra morte. Noi spesso traduciamo con «adesso » quest’ora, ma nella Sacra Scrittura l’ora non è semplicemente un attimo attuale nel tempo, ma il centro del presente, il luogo in cui divino e umano si incontrano. Molti lo ricordano: è in un’ora precisa che la loro vita ha avuto una svolta, è cambiata radicalmente. Per Gesù l’ora è una sola, quella che ha preparato per tutta la vita, alla quale era destinato, per la quale ha vissuto, amato, sofferto: le tre di un pomeriggio tempestoso in cui ha accettato di offrire sé stesso totalmente. Proprio per questo, ha sconfitto la morte, è risorto e vive in eterno. Il Maestro lo testimonia anche nel Vangelo della quinta domenica di Quaresima, riaffermando che non chiederà al Padre di salvarlo da quest’ora, perché per questo è venuto in mezzo a noi. Non è tuttavia una questione personale che riguarda solo il Figlio di Dio ma una legge universale, la struttura stessa di ogni cristiano. Addirittura è scritta nell’esperienza naturale: se un chicco di grano non muore, non produce frutto. La legge del dono, totale, senza riserve, né sconti, né compromessi è il codice del cristiano, che comporta molte morti; non sacrifici inutili, non volontarie mortificazioni, ma una battaglia perenne contro la tentazione di trattenere la vita, le cose, le persone, per paura di perderle. Gesù, con tutta la sua esistenza ci dice che questa è un’illusione, che ci renderà sterili, ci costringerà a misurarci con il nostro limite, mentre accogliere il principio del dono di sé, significa spalancarci alla vita, accoglierla nella sua pienezza, tuffarci in un amore più grande. L’ora del presente e quella della morte, saggiamente nell’ave Maria coincidono e facciamo bene a chiedere che la Vergine preghi per noi, per restare nel terribile e meraviglioso istante del dono.

Dante Balbo, dalla rubrica Il Respiro spirituale di Caritas Ticino su TeleTicino e su YouTube

Calendario ambrosiano: Gv 11, 1-53

Nell’ora della morte Gesù ci apre alla vita

In questa domenica detta di Lazzaro Gesù sta di fronte alla morte, la morte del suo amico Lazzaro. La morte domina questa pagina: la malattia e la repentina fine di Lazzaro, il pianto delle sorelle, il cordoglio della gente, il fetore del cadavere e il turbamento e il pianto di Gesù che come ognuno di noi, è segnato dalla morte. Infatti la morte dell’altro, dell’amico, di una persona cara rivela, spezzandola, una comunione di vita che ora non è più possibile. Col silenzio di chi muore e col quale non potremo parlare più, la morte dell’altro penetra in me spezzando questa appartenenza reciproca. Ma così la morte svela il senso profondo della vita, svela una appartenenza reciproca, una comunione di vita che appunto la morte interrompe. Allontanare la morte d’altri, renderci ad essa indifferenti vuol dire negare questa appartenenza, negare che il senso della vita va cercato nella reciprocità e non nella distanza. Questo vale soprattutto per la morte di persone care con le quali abbiamo avuto consuetudine di vita, ma vale anche per ogni morte che in qualche misura ci appartiene. E di fronte alla morte Gesù ci rivolge una domanda: Credi tu? Ma che vuol dire credere, cioè affidarsi a Dio quando si è di fronte alla morte? È come tendere le braccia e al di là delle esitazioni e delle paure afferrare la mano di Dio che è irrevocabilmente tesa verso di noi. Come il gesto di chi tiene, accarezza, stringe la mano dell’altro che soffre e muore. Davvero felici coloro che hanno potuto scoprire il miracolo di pace e serenità che può compiere una mano amica che tiene la nostra mano in un momento difficile, quando ogni parola è inutile. E se già la mano dell’uomo può operare un tale prodigio in forza della sua tenerezza, che cosa non farà per noi la mano di Dio se sappiamo afferrarla? Credere nell’ora della morte è questo affidamento, come Gesù morente: Padre, nelle tue mani affido la mia vita. Parola ardua. Ci sia dato di chiudere ogni nostra giornata e, un giorno, la nostra esistenza, con questa parola.

Don Giuseppe Grampa

16 Marzo 2024 | 14:08
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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