Ticino e Grigionitaliano

Giornata della memoria. Evento lunedì 27 a Lugano con Fanny Ben-Ami

Il luogo della memoria non è la testa, è il cuore. Non è sufficiente infatti rievocare gli orrori del passato, è necessario «coinvolgere» la coscienza, la responsabilità e l’impegno. E’ quello che ha tentato di fare la scuola media di Barbengo in vista della Giornata internazionale della memoria con un percorso, differenziato secondo l’età, iniziato in ottobre e culminante con un evento pubblico lunedì prossimo, 27 gennaio alle 19.30, al palazzo dei congressi di Lugano (sala B). La serata sarà incentrata sulla testimonianza della signora Fanny Ben-Ami, con letture del suo diario e momenti musicali. Si potrà ammirare anche l’esposizione dei sui dipinti. Fanny Ben-Ami nasce il 19 marzo 1930 a Baden-Baden, in Germania. Quando Hitler sale al potere, nel 1933, con la famiglia si rifugia a Parigi. Pochi giorni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, il padre è arrestato e la madre esiliata a Limoges. Fanny e le sue due sorelle riescono a mettersi in salvo in Svizzera. Diversa sorte per i loro genitori, che sono morti nei campi di concentramento di Auschwitz e di Majdanek. Fanny oggi vive a Tel Aviv, si è sposata e ha due figli e tanti nipoti. «Questa iniziativa nasce nel novembre del 2016 – ci raccontano le docenti Laura Franchini e Arianna Corona di Barbengo – quando una classe, partecipando al Festival del cinema «Castellinaria» di Bellinzona, ha visto il film «Le voyage de Fanny». La storia vera della protagonista ha molto colpito i ragazzi e ha provocato molte domande. Siamo riusciti ad instaurare, tramite email, una corrispondenza con Fanny Ben-Ami e dopo tre anni siamo onorati e orgogliosi di poterla ospitare in Ticino». «Riteniamo – concludono le docenti – che sia fondamentale fermarsi un momento. La frenesia odierna rischia di far perdere di vista le avvisaglie del pericolo, quello che portò una società, quella germanica, culturalmente progredita, ad accettare le leggi razziali. Potrebbe succedere di nuovo? Certo. Per evitarlo bisogna raccontare, ascoltare e far sì che entri nella coscienza il concetto di giustizia e considerare il faticoso percorso che ha portato alla redazione della Dichiarazione universale dei diritti umani. La memoria è l’antidoto contro i veleni di cui è stata vittima la storia». (FA)

26 Gennaio 2020 | 09:10
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