Germania: dietro il feretro, un laico

In Germania è sempre più frequente assistere e partecipare a funerali della Chiesa cattolica senza alcun sacerdote o diacono al seguito del feretro. Il fenomeno della diminuzione dei preti e dei religiosi rende il numero delle parrocchie prive di pastori in costante crescita. Ma i vescovi possono istruire in situazioni particolari donne e uomini per assumere la responsabilità del servizio funebre, dopo una preparazione teologica, liturgica e pastorale adeguata. Si tratta sempre di persone conosciute all’interno delle comunità locali, che abbiano svolto attività pastorale e di volontariato attivo. L’esperienza è molto differenziata tra le varie diocesi tedesche, sia per il numero dei sacerdoti in servizio, sia per la presenza sempre maggiore di laici formati che si occupano della vita delle comunità. Il fenomeno, che non è una eccezione liturgica, rientra nell’ambito della pastorale dei laici, confermata sia dalla Congregazione per il clero, sia dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. In molte diocesi tedesche la scelta è orientata per volontari del servizio funebre a tempo, ma non è rara l’esperienza full-time. Nella scelta di operare in un settore così delicato e particolare rientra certamente l’aspetto teologico: si tratta della settima Opera della misericordia, un compito della comunità cristiana, che vive il momento del conforto del lutto e dell’inumazione dei defunti in modo speciale.

Compito delicato. Ludger Weijers è stato uno dei sei partecipanti del corso organizzato dalla diocesi di Essen a partire dal settembre 2014. Il corso è stato articolato per offrire una formazione liturgica e teologica, sulle tecniche omiletiche e l’approccio psicologico e compassionevole con i parenti dei defunti.«Ognuno di noi aveva un prete come guida, accompagnandoci per la preparazione al funerale e alla gestione del lutto»,spiega Weijers, che è anche presidente del consiglio comunale di Gladbeck-Rentfort, piccola cittadina della Ruhr. «Il confronto con il dolore è stato anche praticato intensamente nei corsi con gli altri partecipanti», precisa il volontario, che per molti anni ha lavorato in ospedale. La morte e il dolore li ha vissuti in prima persona.

«Ho alle spalle molte esperienze personali di lutto»,dice Weijers.

Nonni, genitori e fratelli sono morti, ma anche la moglie e il figlio maggiore, e, dichiara, «posso ancora oggi piangere per la  morte di mia moglie», ma l’approccio con i funerali di sconosciuti è ben altra cosa, perché, come aveva imparato facendo l’infermiere, «è difficile aver sempre compassione». L’attività dei volontari per i funerali cattolici porterà ad un cambio drastico dell’idea del servizio funebre: mancando la celebrazione eucaristica, l’accompagnamento avviene verso la tomba, ma anche con la preparazione dell’addio al defunto. Non si parla però di laici consacrati «ministri del funerale», bensì di volontari della comunità che divengono agenti pastorali nell’assumersi tale compito.

Riti, omelie, questioni legali. «I nostri studenti sono pensionati che vogliono apprendere un nuovo servizio; persone della parrocchia che hanno già maturato esperienza in questo campo, come ad esempio un dipendente di una agenzia di pompe funebri o volontari ospedalieri», dice Nicole Stockhoff, segretario per la liturgia della diocesi di Essen, che ha progettato il corso di formazione per i volontari. «Alla fine del corso i volontari conosceranno i riti di sepoltura, sapranno come e quando usare l’acqua santa, come menzionare il nome della persona scomparsa – prosegue Stockoff – e sapranno formulare un elogio funebre o aiutare a dirimere questioni legali e organizzative».E, aspetto teologico importante, «dovrebbero trasmettere la speranza cristiana».

Vicini al dolore. L’esperienza personale dei laici cristiani presso ospedali, case di riposo, hospice, li porta ad essere più vicini al dolore degli uomini, capendone le esigenze: «Di fronte alla morte, l’esperienza della definitiva perdita è profondamente commovente e agita le questioni fondamentali della vita – sostiene Brigitte Vielhaus, teologa e consigliere terapeutico educativo, che dirige il dipartimento di Teologia della Federazione delle donne cattoliche tedesche (Kfd) –. Che cosa è la vita? Che cosa è la morte? Che cosa viene dopo? Qual è il punto di inizio e la fine della vita? Qual è il significato di una vita che è ormai giunta alla fine? E dove è, adesso, Dio in tutto questo?». Per Vielhaus, che ha concluso un periodo di 5 anni nel servizio funebre, l’esperienza l’ha portata a scoprire che «a volte si verificano meravigliose conversazioni circa il valore della vita»; altre volte «si parla del rapporto con Dio e sul significato della risurrezione, oppure si prega o si torna a sorridere su vicende della vita del defunto».

(Sir)

30 Dicembre 2016 | 09:09
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morte (32), speranza (105)
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