Gli ammalati alla grotta delle apparizioni di Lourdes (immagine di archivio)
Ticino e Grigionitaliano

Don Nicola Zanini: «Da Massabielle l’invito al prendersi cura nato dalla fecondità di un Mistero»

di don Nicola Zanini, Delegato dell’Amministratore apostolico della Diocesi di Lugano.

Di solito i malati non viaggiano. Partire è sinonimo di salute, di vita da vivere, di nuovi progetti. Per molti secoli anche il pellegrinaggio è stato una pratica adatta a temprare spiriti giovani, pronti a dei salti di qualità e all’ingresso in nuove stagioni della propria storia. Lourdes è invece una meta che da sempre rovescia le ovvietà. Là Maria si rivolse a una bambina senza istruzione, là fu offerto a una modernità di tanta testa e poco cuore il segno di una nuova sorgente, là chi viene scartato e tentato di sentirsi un peso per questo mondo è stato chiamato a trovare dignità e guarigione.

Così, i malati si sono messi in viaggio. E molti di noi con loro. Ogni anno, anche da tutta la Svizzera italiana, insieme si parte verso un angolo di Francia altrimenti sconosciuto. Come Nazareth, Lourdes è un luogo divenuto familiare al mondo intero per l’iniziativa misteriosa di Dio. Quel luogo ci impegna a un prendersi cura, altrimenti dimenticato nel nostro correre quotidiano. I malati e il loro desiderio di farsi pellegrini ci fanno rallentare, dirottano il nostro movimento verso una meta in cui le gerarchie mondane sono messe in discussione.

Il Magnificat, che nel Vangelo secondo Luca diviene l’inno scaturito dal cuore sorpreso di Maria, è l’inno di una nuova umanità, il canto della Chiesa intera che confessa un Dio che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. Maria stessa si definisce umile e ritiene che il Signore abbia guardato al suo essere humus, terra. A Lourdes Bernardette fu invitata a scavare la terra e sporcandosi le mani trovò un’acqua purissima. La fecondità di questi misteri è attrattiva per noi, che ci sentiamo spesso così aridi e in un mondo che somiglia al deserto, più che a un giardino.

I malati possono dunque riportarci al Magnificat, donarci una nuova gioia di cantare, guarire l’autosufficienza che fa di noi una terra indurita e sterile. La cura e l’impegno che ci domandano le persone fragili sciolgono paralisi ben più gravi che ci bloccano, liberano da prigioni ben più buie di quelle fisiche. Davvero Gesù ci viene incontro in loro, la loro carne ferita rende morbido il nostro cuore di pietra e il miracolo di una risurrezione si anticipa in questa vita: forse imprevisto, ogni volta meraviglioso.

Un «libro d’oro», bella tradizione della nostra Diocesi, a partire da quest’anno raccoglierà nuovamente e idealmente tante piccole risurrezioni che la carità fattiva dei Ticinesi renderà possibili. Aiutare un malato a mettersi in viaggio significherà per molti dare anche alla propria vita un nuovo inizio. È a questo che l’acqua battesimale ci chiama. Lourdes è allora meta e partenza, sepoltura di ciò che è vecchio e nascita a una vita nuova.

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Il Libro D’Oro: un piccolo gesto per sostenere gli ammalati

Coloro che non possono prendere parte personalmente al pellegrinaggio diocesano, ma desiderano parteciparvi spiritualmente e sostenere chi ne prenderà parte, possono favorire la partecipazione degli ammalati bisognosi versando un’offerta sul «Libro d’Oro»: CH16 0825 2010 1575 C003 C (Diocesi di Lugano Rubrica Pellegrinaggi).


Gli ammalati alla grotta delle apparizioni di Lourdes (immagine di archivio) | © pellegrinaggio Diocesi di Lugano
11 Febbraio 2024 | 10:28
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