Ticino e Grigionitaliano

Domenica 29 gennaio. Commenti al Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 5, 1-12

«Per un’ecologia integrale Dio preferisce gli scarti»

Viviamo in un mondo in cui la cultura  dominante a livello globale, anche  laddove è diffuso il mito dei buoni  poveri, semplici, accoglienti, generosi,  sostiene che se non lavoriamo,  se non siamo ricchi, siamo sbagliati,  difettosi, da scartare.  Questa è la mentalità che Francesco,  il papa Gesuita tutt’altro che ingenuo,  anche se parla con linguaggio  accessibile, denuncia da anni, fuori  e dentro la Chiesa.  Questo è il tema delle letture della IV  domenica del Tempo ordinario, in  cui si tratteggia l’identikit del fedele,  popolo di Dio.  Il profeta Sofonia parla di un resto, di  un piccolo popolo, umile e povero,  fedele al Signore. Questi saranno a  ereditare la promessa del Dio dei Padri,  di Mosè e dei profeti.  Questi sono coloro che riconoscono  il Messia, povero e umile come loro,  che viene senza clamore: sono pastori  che non avevano diritti, sono  anziani tollerati perché innocui, sono  stranieri non credenti, guidati da  un segno celeste. Quando Gesù, cresciuto  e investito della sua missione,  parlerà dell’identità del discepolo,  sarà un elemento di rottura per il suo  e per ogni tempo. Chi entrerà nel Regno  di Dio è povero, umile, misericordioso,  mite, affamato di giustizia,  compassionevole, senza doppiezza.  Sono coloro che non si lasciano incantare  dalle promesse del prestigio,  della ricchezza, del potere. Certo,  spesso sono privi di tutto, ma l’assenza  di queste cose non li avvelena. Chi  non reagisce alla violenza, non si arrampica  per un posto, non gode della  disgrazia altrui, sembra un fallito,  un inetto, uno che non otterrà mai  niente nella vita. Eppure sono questi  che il Signore chiama felici, beati, veri  eredi della terra, considerati grandi  nel Regno dei Cieli. Gesù, come il  padre, predilige gli scartati, perché  sanno fidarsi, sperare sempre, accogliere  la vita come un dono, l’amore  come un privilegio inaudito, la salvezza  come l’unico modo di vivere. 

Dante Balbo, dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube 

«In ogni figlio una promessa di futuro»

Dal Vangelo secondo Luca, 2, 22-33

Dei lunghi anni di Gesù a Nazareth solo l’evangelista Luca riferisce il pellegrinaggio a Gerusalemme e il restare di Gesù nel Tempio, gesto che anticipa il senso della sua intera  esistenza che sarà un grande viaggio  a Gerusalemme, il luogo del dono  incondizionato di sé.  In questa pagina possiamo scorgere  due caratteristiche della famiglia di  Gesù. La prima: Giuseppe e Maria in  quegli anni trasmettono al figlio con  la lingua del Paese, gli usi della tradizione  ebraica e tra questi l’annuale  pellegrinaggio a Gerusalemme. La  strada per Gerusalemme Gesù l’ha  imparata camminando con Maria,  Giuseppe e la carovana degli altri  pellegrini. Quando, adulto, deciderà  risolutamente di salire alla città  santa luogo del compimento della  sua esistenza, certo riconoscerà luoghi  e percorsi conosciuti in questo  primo viaggio quando ha appena  dodici anni. Penso che primo compito  della famiglia, dei genitori, sia  quello di trasmettere ai propri figli  con la vita i significati, i valori, le ragioni  del vivere: è questo il lascito più  prezioso di una generazione all’altra.  Ma la pagina evangelica ci riserva  una seconda sorpresa. Gesù resta  nel Tempio e conferma questo gesto  con una parola che è anticipazione  del suo futuro: «Non sapevate che io  devo occuparmi delle cose del Padre  mio?». Annota l’evangelista che né  Maria né Giuseppe comprendono  questa parola. Una annotazione che  allude alla misteriosa identità di  questo ragazzo. Ma in qualche misura  ogni figlio, pur generato da  quest’uomo e da questa donna, con  il colore degli occhi di sua madre e il  carattere di suo padre, pur così somigliante  nei tratti del volto ai suoi genitori  resta per loro una parola inedita  e che non è dato di comprendere  pienamente. C’è in ogni figlio una  promessa di futuro, un sogno che  non è dato di poter dominare. Ogni  figlio custodisce una originale libertà  che la famiglia può solo accogliere  e accompagnare, un futuro che  può essere decifrato solo negli occhi dei figli. 

Don Giuseppe Grampa

| © unsplash
28 Gennaio 2023 | 22:03
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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