Ticino e Grigionitaliano

Domenica 19 novembre. Commenti ai Vangeli

Calendario romano: Mt 25, 14-30

«Dalla croce il Re giudica»

di Dante Balbo*
Ci sono persone che scambiano il perdono con il giudizio, cancellando il secondo. Le relazioni che nascono da questo presupposto sono malate, si originano dalla paura di perdere l’altro, anche se fa soffrire, usa violenza o mantiene un rapporto squilibrato. Io posso perdonare, ma ciò non mi impedisce di giudicare la relazione che l’altro ha con me e decidere che continuarla sarebbe dannoso per entrambi. Allo stesso modo non ci deve spaventare il giudizio di Dio, al centro del quale c’è la nostra relazione con Gesù, il punto di paragone, il vertice attorno al quale ruota e si orienta l’universo, la toria, la nostra traiettoria personale. Gesù, in questa festa in cui è contemplato come re, ci parla del giudizio finale, che prevede una sanzione, non necessariamente negativa, ma che constata come abbiamo riconosciuto in Gesù la nostra salvezza e come abbiamo tradotto nella nostra vita il suo modo di essere. I cristiani possono capire che paradossalmente il luogo ove il Salvatore ha esercitato al massimo grado la sua regalità è la croce, perché è da essa, dall’offerta ultima e definitiva della vita che scaturisce il modo più radicale di dire il dono totale del suo amore per noi.
Questo come dice san Paolo è uno scandalo per i Giudei, che dal Messia aspettavano la liberazione dall’oppressione romana e non certo un simile fallimento, una stoltezza per i pagani, perché apparentemente non vi era alcun vantaggio né per noi, né per lui, da questa morte infame, propria degli schiavi. Questa però sarà la misura su cui sarà valutato il nostro rapporto con Gesù, non nella nostra capacità di dare la vita come lui, ma nella disponibilità ad accogliere la sua offerta, per divenire capaci come lui di fidarci del Padre, fino a dare anche la vita, forse non in modo cruento, ma nella quotidianità ferita delle nostre relazioni, delle scelte, della compassione che sul suo modello sapremo esprimere. Questa festa finale chiude l’anno liturgico, ma ci proietta già verso il mistero della nascita del re che ci rinnova.

*Dalla rubrica televisiva Il Respiro spirituale di Caritas Ticino

Calendario ambrosiano: Matteo 25,14-30

«Giovanni Battista e lo stile del vero educatore».

di don Giuseppe Grampa

Giovanni Battista, uomo del deserto ci richiama ad uno stile di vita sobrio, ad una disciplina rigorosa. Anche la predicazione del Battista è intransigente. Si rivolge alla gente che accorre a lui sulle rive del Giordano con accenti duri e con la minaccia di tremendi castighi: «La scure è posta alla radice degli alberi…». Possiamo dire che il Battista è un educatore rigoroso, esigente, per niente accomodante.
Ma il Battista mi appare un grande educatore non solo per la dura coerenza del suo esempio e delle sue parole. È grande educatore per una ragione che mi è stata suggerita dal cardinale Martini nella sua lettera pastorale del 1992-3. Scriveva: «Sono due le figure del Nuovo Testamento che esprimono meglio di altre questa qualità di un vero lavoro educativo e comunicativo: Giovanni Battista e Maria di Nazareth, entrambi capaci di rinviare all’unico Maestro». Il vero educatore è quindi colui che rinvia all’unico Maestro. Dice infatti Giovanni: «Colui che viene dopo di me è più potente di me e io non sono degno neanche di portargli i sandali». E ancora, consapevole dei suoi limiti: «Io vi battezzo con acqua…egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Un vero educatore non è preoccupato di richiamare su di sé, sulla sua persona, l’attenzione dei suoi discepoli o scolari ma piuttosto sulla verità, più grande di lui, che è chiamato a trasmettere. Deve quindi, in una certa misura, rendersi progressivamente inutile perché sovrana sia sempre e solo la verità alla quale l’educatore deve condurre.
Questo atteggiamento di Giovanni Battista descrive bene quello che deve sempre essere lo stile della Chiesa, comunità che deve continuamente rinviare a Gesù, alla sua Parola. La Chiesa deve svelare sempre più nitidamente il volto di Gesù trasmettendone fedelmente l’Evangelo. La Chiesa deve essere un segno che potentemente, efficacemente indica Gesù. Come Giovanni anche la Chiesa non ha altra ragione d’essere che diminuire perché Lui solo, il Signore, cresca.

18 Novembre 2023 | 06:04
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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