L'insegnate Laura Caldarulo con Olga, Irina e Svetlana.
Ticino e Grigionitaliano

Dall'Ucraina a Lugano: «In Ticino stiamo bene, ma ci manca la certezza del futuro»

di Silvia Guggiari

Per un attimo proviamo ad immaginare di essere costretti a lasciare le nostre case, il lavoro, le certezze che in una vita abbiamo costruito: prendere i figli ed essere costretti a scappare al sicuro. Uno scenario lontano per tanti di noi, ma che Olga, Svetlana e Irina, insieme a tantissimi loro connazionali, hanno vissuto in prima persona. Loro sono tre giovani donne ucraine arrivate a Lugano nel marzo 2022, all’inizio del conflitto che ancora non ha visto una fine. Per una casualità si sono ritrovate un giorno tutte all’oratorio di Lugano dove grazie al lavoro di tanti volontari sono partiti i corsi di lingua italiana ed è lì che hanno conosciuto la loro insegnate Laura Caldarulo, che ancora oggi continua a seguirle nello studio della lingua ma non solo. «Non sapevano una parola di italiano», confida Laura. «Da marzo fino a giugno ci siamo incontrate all’oratorio due volte la settimana. Poi, terminato il corso, mi hanno chiesto se potevano continuare a fare lezione di italiano e da allora vengono a casa mia». L’italiano l’hanno imparato e anche molto bene, tanto che sono loro a raccontare la loro storia.

Irina ci racconta di essere scappata da Kiev insieme ai suoi genitori il 2 marzo, dopo un grande bombardamento. «Inizialmente volevamo andare in Polonia, ma non siamo riusciti, così abbiamo preso il treno e siamo andati a Leopoli e da lì abbiamo deciso di proseguire il viaggio fino a Lugano, dove ero già stata da turista e dove avevo degli amici che ci hanno ospitato nelle prime settimane, fino a quando è arrivato il sostegno del Cantone con l’appartamento e la tutela sociale». Irina ci confida che, anche se i suoi genitori vorrebbero tornare in Ucraina, a lei piace molto stare in Ticino e vorrebbe iscriversi all’università per ampliare i suoi studi: «Sono una storica dell’arte, spero di riuscire un domani a trovare un lavoro nell’ambito dell’arte e della cultura».

Negli occhi di Svetlana traspare tanta tristezza: in Ucraina ha dovuto lasciare il marito e i genitori, che non sono voluti scappare. «Mi piace stare in Ticino, ma non sono contenta, vorrei solo ricongiungermi con mio marito», ci dice. Svetlana, che lavorava in una fabbrica di piastrelle, viene da Kharkiv, al confine con la Russia, «una città che veniva bombardata ogni giorno: all’inizio del conflitto siamo rimasti nel bunker per due settimane, fino a quando mia figlia ha iniziato a stare male, aveva una forte tosse. Siamo così riuscite a scappare a Leopoli da famigliari e poi abbiamo proseguito il viaggio fino a Lugano dove ad accoglierci c’era una mia cugina. Ci troviamo bene: mia figlia di 10 anni va a scuola e ha trovato tanti amici; sta bene ma le manca il papà». Il marito di Svetlana continua a lavorare in azienda e non può lasciare il Paese: «Ancora oggi, l’allarme per le bombe suona continuamente, ma ormai la gente non si nasconde neanche più.I miei famigliari non stanno vivendo; stanno solo aspettando e questa non è una vita».

Lavorava in banca a Kiev Olga che ricorda i primi giorni di conflitto con le lunghe fila di gente fuori dalla filiale per riscuotere i soldi e poi scappare. «Il primo giorno di guerra mi sono svegliata e ho letto il messaggio della maestra di mio figlio che diceva di non mandare i bambini a scuola. Da lì è iniziato tutto». Dopo giorni di continui bombardamenti, Olga decide di scappare con suo figlio di 13 anni: «Ero già stata a Lugano e qui avevo qualche amico che mi ha accolto i primi giorni, fino a quando abbiamo avuto il sostegno del Cantone». Il figlio, come tanti giovanissimi, si è integrato molto bene, «da grande sogna di diventare un calciatore professionista» dice sorridendo Olga. Anche lei sembra serena ma, ci confida, «Mi manca il mio futuro: avevo una vita, un lavoro e ora mi sento senza casa, senza un futuro certo».

L'insegnate Laura Caldarulo con Olga, Irina e Svetlana. | © catt
16 Ottobre 2023 | 14:38
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