Commento

Commento al Vangelo della XV Domenica del Tempo ordinario

Calendario romano: Lc 10, 25-37

«Il Vangelo è vita per ciascuno di noi»

«Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Tutti noi abbiamo un desiderio forte di vivere una vita per sempre. E pur avendo allungato l’esistenza umana, non siamo in grado di generare frutti di vita. Forse, abbiamo dato più anni alla vita e meno vita agli anni. Attorno a noi c’è violenza, invidia e cattiveria; dentro di noi paure, insoddisfazioni e aggressività. Come il dottore della legge, narrato nel brano evangelico di Luca di questa domenica, anche noi ci rivolgiamo a Gesù Cristo con la stessa domanda, ma carica di tutte le nostre problematiche di oggi: «Maestro, che cosa dobbiamo fare perché la nostra vita di adesso abbia i segni di una gioia, di una pace e di una pienezza che duri per sempre?». E Gesù ci risponde con un’altra domanda: «Che cosa hai appreso nella tua educazione religiosa?». Pensiamo un po’ al nostro cammino di fede fin da quando eravamo bambini e ragazzi; quello che ci hanno insegnato i nostri genitori. Oggi, potremmo dire: quello che ci hanno insegnato i nostri nonni. Il cristianesimo è amore totale verso Dio e amore verso le sorelle e i fratelli. «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso ». Chissà quante volte da piccoli abbiamo ripetuto questa frase senza percepire che in essa sta il segreto della vera vita e della vera gioia. Ma non basta conoscerla e ripeterla: bisogna sapere metterla in pratica nella nostra vita di ogni giorno. Il nostro amore verso Dio è credibile se abbiamo un autentico amore verso le sorelle e i fratelli. Amare significa donare. Amare è uscire da noi stessi, è vivere la prossimità come Dio l’ha vissuta nei nostri confronti. E Gesù ci manda subito ad «amare il prossimo come te stesso». E allora, anche noi ci chiediamo: «Chi è il nostro prossimo?» Il prossimo è ognuno di noi che si accosta agli altri con amore fattivo e generoso, senza tener conto delle differenze religiose, culturali e sociali. Solo il samaritano della parabola evangelica ama sul serio e sa che cos’è l’amore. Il sacerdote e il levita (aspirante sacerdote), chiusi nel loro egoismo, sono aridi e non sanno amare. E noi, molto spesso, di fronte a questo particolare della parabola raccontata da Gesù Cristo, diciamo: «Ma qui Gesù Cristo si riferiva ai sacerdoti dell’Antico Testamento». Non solo. Anche noi siamo interpellati da Gesù Cristo come preti, come donne e uomini di Dio nella Chiesa di oggi. Lo stile del samaritano è per noi un invito esemplare: «Va’ e anche tu fa’ così». Ma chi è il samaritano? È uno che vive la vita di tutti. È in viaggio, forse per lavoro e passa accanto al malcapitato; lo vede, ma il suo – a differenza del sacerdote e del levita – è un vedere che lo porta ad avere compassione di lui: si mette nei suoi panni di sofferenza e dolore. L’amore è vicinanza, è lasciarsi interpellare dall’altro, rispondere al suo vero bisogno, essere disponibile a mettere in crisi i propri progetti, prendersi cura dell’altro perché l’altro sia se stesso, è un perdere se stessi per ritrovarsi, un dono di sé che dà vita e possibilità di ripresa.

Don Simone Bernasconi

 

Calendario ambrosiano: Lc 13,23-29

«Ci salveremo se accogliamo l’invito di Gesù»

Il brano evangelico odierno risente della polemica sul rigetto di Gesù da parte dei Giudei e l’ammissione dei pagani nella Chiesa. Luca ha inteso attualizzare l’insegnamento di Gesù per i discepoli del suo tempo e di ogni tempo, quindi anche per noi. Coloro che in qualità di discepoli hanno familiarità con il Signore e ne ascoltano gli insegnamenti, (v.26): «Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze», si pongono una domanda fondamentale: «E noi ci salveremo?» Gesù offre una risposta che può sembrare dura, ma essenzialmente vera: «Non so di dove siete». Egli vuol far capire che l’essere cristiani non è un mezzo magico di salvezza, bensì essa viene dall’incontro dello sforzo umano con il Dono preveniente di Dio. «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio» (v.29). L’universalismo intravisto dai Profeti viene portato a pienezza da Gesù. Per i suoi connazionali chiusi nel privilegio, Egli presenta la parabola della porta stretta (v.24). «Sforzatevi di entrare per la porta stretta». Ora sta per nascere un mondo nuovo in cui Giudei e pagani si troveranno alla stessa tavola, perché l’impurità dei pagani che vietava ai Giudei di sedersi a tavola con loro, è definitivamente cancellata per sempre da Cristo. La selezione alla porta del banchetto non consisterà più nella separazione di Israele dai pagani, ma nella scelta libera e generosa di chi avrà risposto all’invito con la sollecitudine dell’amore, e di chi avrà messo in pratica la giustizia, chiunque egli sia. Gesù ci insegna che il Regno di Dio è una festa a cui tutti siano invitati. È simboleggiato da un banchetto, un luogo d’incontro e di comunione. Ci è offerto, siamo invitati, ma ci dobbiamo andare. È un dono gratuito e che ci previene: ma deve essere da noi accolto. È comunione e perciò tempo di gioia piena, di festa senza tramonto a cui tutti gli uomini, senza distinzione, sono invitati. Alla luce della fede anche le sofferenze che dobbiamo sopportare per imitare il nostro Maestro sofferente, crocifisso e risorto, sono parte della pedagogia di Dio verso noi suoi figli chiamati alla sua stessa santità. Ogni Celebrazione Eucaristica. soprattutto quella domenicale, dovrebbe nutrire in ciascuno di noi il desiderio di voler accogliere tutti, l’umanità intera, specialmente quella più debole e ferita nel corpo e nello spirito. Cristo Gesù offrendo a noi il suo Corpo e il suo Sangue come nutrimento, ci dà tutti gli uomini e le donne come fratelli nella fede. Sostenuti da questa certezza il cristiano vince ogni particolarismo e contribuisce alla costruzione del Regno di Dio e alla costruzione di una umanità nuova in cui finalmente Dio sarà tutto in tutti!

Madre Sofia Cichetti, Badessa del monastero di Claro

14 Luglio 2019 | 14:19
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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