Ticino e Grigionitaliano

Chiara, in Guinea per Missio: «In viaggio pensando al Ticino. Spero non blocchino i voli...»

Un viaggio organizzato da tempo per conoscere meglio la Repubblica di Guinea, il Paese ospite della prossima campagna dell’ottobre missionario. Chiara Gerosa è responsabile di Missio, l’ufficio delle Pontificie Opere Missionarie in Svizzera italiana, ed è partita per l’Africa lo scorso 7 marzo. Nel frattempo scoppia l’emergenza Coronavirus: controlli accurati negli aeroporti, ma per lei nessuna restrizione di movimento. Il ritorno è previsto per il 21 marzo, direzione Zurigo. Con la speranza che i voli per l’Europa non risentano dell’emergenza sanitaria.

Perché è partita per la Guinea?
Sono qui per conoscere meglio il Paese in vista dell’ottobre missionario. Capire le abitudini e la vita quotidiana della popolazione locale è molto utile per il lavoro della campagna. La Chiesa universale prega per le stesse intenzioni ma si «manifesta» in modi e riti diversi. Più conosciamo una chiesa sorella e più possiamo donare e ricevere a vicenda qualche cosa. La Repubblica di Guinea si trova nella parte occidentale dell’Africa, affacciata sull’Oceano Atlantico. In particolare sto visitando la zona del Fouta-Djalon, una regione montuosa non distante dal confine con Senegal e Mali.

Il villaggio di Labé, nella regione del Fouta-Djalon, Repubblica di Guinea

Ha avuto problemi a causa del coronavirus?
Sono arrivata da Milano l’8 marzo e proprio il giorno dopo, il 9 marzo, il governo guineano ha disposto la quarantena per tutti i viaggiatori in arrivo dall’Italia. Io quindi non ho dovuto rimanere in isolamento: mi sono sentita fortunata e accompagnata. Sia in Marocco – dove ho fatto scalo – sia nella capitale Conakry le misure di sicurezza erano piuttosto rigide, ma come credo in tutto il mondo. Persone con le tute e maschere che ormai ci sono note ci hanno accolto ponendo domande, chiedendoci di riempire formulari abbastanza dettagliati sui nostri contatti con malati o potenziali malati di Coronavirus e misurando la temperatura. Ora proseguirò il viaggio, stiamo a vedere come si evolve la situazione in vista del ritorno.

Chi sono i suoi compagni di viaggio?
Sono con un’altra ticinese e viaggiamo insieme a due sacerdoti guineani. Siamo liberi di muoverci e abbiamo già visitato diverse realtà. Nei primi giorni siamo stati a Mali, un villaggio di montagna piuttosto isolato (omonimo della nazione ma situato in Guinea, ndr). Poi ci siamo spostati a Labé. Lungo la strada abbiamo avuto un piccolo guasto all’auto, e i sacerdoti hanno dovuto improvvisarsi meccanici… Cose che succedono, in Africa!

Anche in Guinea ci sono casi di coronavirus?
Al momento un solo caso, comunicato proprio nella sera del 13 marzo. In generale per ora l’Africa sembra poco toccata dall’epidemia. Ma nulla può dirci che sarà davvero così per sempre e quando vedo certi mercati, vedo la povertà che regna, mi chiedo come potrebbero uscirne senza decimare il paese. Abbiamo molto parlato anche di quando qui era arrivata l’ebola, che tra il 2014 e il 2016 ha ucciso oltre 2500 persone. Anche allora si cercavano di adottare le stesse precauzioni.

Con che stato d’animo riceve le notizie che arrivano dall’Europa?
Anche se siamo lontani dalle zone di maggior contagio, il virus ci tocca psicologicamente. Ogni giorno cerco di tenere i contatti con famiglia e amici in Ticino. Il momento più forte che abbiamo vissuto finora è stata una sera a Mali, dove i cattolici sono solo una cinquantina. Ho sentito il panico che stava attanagliando la Svizzera. Così ho chiesto di pregare insieme e mi hanno proposto di celebrare una messa «familiare» in una casa. Tutte le intenzioni erano per chiunque sia toccato dal virus ed è stato un momento di condivisione molto intenso.

La messa celebrata in una casa nel villaggio di Mali, Repubblica di Guinea

Così ha potuto partecipare a una messa, mentre le celebrazioni sono sospese in tutta Italia e permesse con numeri limitati in Ticino. Che effetto le fa?
Mi sono sentita quasi privilegiata, immaginando i tanti fedeli che non possono vivere le celebrazioni insieme. Mi sono sentita di portare tutte le sofferenze di queste persone in una umile e semplice messa.

Che percezione ha di quello che sta accadendo in Ticino?
Forse perché sono lontana, da quello che vedo sui social network percepisco questo tempo come un momento a suo modo di grazia. Quello che mi tocca del Ticino è l’ondata di solidarietà, di persone che si mettono a disposizione dell’altro per qualsiasi bisogno. Mi commuove vedere come, dentro questa enorme fatica, quello che conta è il cuore e tutto il resto passa in secondo piano. Sento tanto coraggio, tanto amore e tanta dedizione.

14 Marzo 2020 | 07:30
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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