Etty-Hillesum.
Internazionale

La preghiera è cura dell’altro: la testimonianza di Etty nella Shoah

di Cristina Uguccioni

Etty Hillesum era una giovane ebrea olandese; di lei Benedetto XVI affermò: «Inizialmente lontana da Dio […], nella sua vita dispersa e inquieta Etty Hillesum Lo ritrova proprio in mezzo alla grande tragedia del Novecento, la Shoah. Trasfigurata dalla fede, si trasforma in una donna piena di amore e di pace interiore, capace di affermare: Vivo costantemente in intimità con Dio».

Etty era nata nel 1914, in una famiglia ebrea non praticante. Trasferitasi ad Amsterdam, si era laureata in Legge. Era una giovane donna colta e vivace. Durante l’occupazione tedesca la repressione degli ebrei olandesi divenne durissima: i nazisti li conducevano nel campo di smistamento di Westerbork, ultima tappa prima di Auschwitz. Nel luglio del 1942 Etty iniziò a lavorare in una sezione del Consiglio Ebraico, organizzazione che faceva da cuscinetto tra i nazisti e gli ebrei: presto chiese di essere trasferita a Westerbork per assistere le persone in transito. Un anno dopo i nazisti decisero che la metà dei membri del Consiglio presenti nel campo tornasse ad Amsterdam, mentre l’altra metà avrebbe dovuto restare senza poter più uscire. Etty decise di restare. Il 7 settembre 1943 venne deportata ad Auschwitz dove morì il 30 novembre 1943. Ha lasciato un imperdibile «Diario» (Adelphi ed.): le sue riflessioni, il suo percorso spirituale possono accompagnare e sostenere in modo speciale gli uomini e le donne del nostro tempo. Qui consideriamo in particolare tre tematiche.

La preghiera

Per Etty pregare non era un ripiegamento narcisistico su di sé né la ricerca di una consolante relazione con Dio in cui crogiolarsi ignorando le sofferenze altrui. La sua esperienza aiuta a riconoscere la distorsione in cui oggi può incorrere la preghiera: nella nostra epoca, dominata da un pervasivo narcisismo, la preghiera corre il rischio di essere vissuta come una tecnica di autorassicurazione psicologica, una pratica da attuare per conseguire il benessere, per «stare bene con se stessi» (imperativo ossessionante delle società occidentali). Pregare, per Etty, significava invece coinvolgersi nella dinamica dell’amore di Dio per tutte le creature.
Scriveva: «Dobbiamo abbandonare le nostre preoccupazioni per pensare agli altri, che amiamo. Voglio dir questo: si deve tenere a disposizione di chiunque si incontri per caso sul nostro sentiero, e che ne abbia bisogno, tutta la forza e l’amore e la fiducia in Dio che abbiamo in noi stessi e che ultimamente stanno crescendo meravigliosamente in me. O l’uno o l’altro: o si pensa solo a se stessi e alla propria conservazione, senza riguardi, o si prendono le distanze da tutti i desideri personali e ci si arrende. Per me, questa resa non si fonda sulla rassegnazione che è un morire, ma si indirizza là dove Dio per avventura mi manda ad aiutare come posso».

L’amore

In un tempo come il nostro – nel quale aggressività, violenza, parole d’odio e toni ringhiosi si diffondono come un virus malefico – Etty incoraggia la sterminata moltitudine di uomini e donne che, con letizia e anche a costo di sacrifici, rammendano il mondo con quotidiani gesti di cura, accudimento, dedizione: incanti che impediscono al mondo di sprofondare. Osservava Etty: «L’assenza di odio non significa di per sé assenza di un elementare sdegno morale. So che chi odia ha fondati motivi per farlo. Ma perché dovremmo sempre scegliere la strada più corta e a buon mercato? Laggiù (a Westerbork) ho potuto toccare con mano come a ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo si renda ancora più inospitale. E credo anche, forse ingenuamente ma ostinatamente, che questa terra potrebbe ridiventare un po’ più abitabile solo grazie a quell’amore di cui l’ebreo Paolo scrisse agli abitanti di Corinto».

Debitori gli uni degli altri

Oggi il diktat dell’autorealizzazione, che impone di farsi da sé e per sé, senza vincoli né debiti con alcuno, non dà tregua producendo danni gravi (tanti giovani restano schiacciati sotto questo peso). In realtà tutti gli esseri umani nascono in debito con altri e sono destinati a vivere in favore di altri. Questa splendida verità dell’umano, nel Diario, risplende. Da un lato Etty nutriva una gratitudine limpida e profonda verso l’uomo che le aveva insegnato a pronunciare il nome di Dio, dall’altro pensava a quanti sarebbero venuti dopo di lei. Annotava: «Ho il dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all’ultimo respiro: allora il mio successore non dovrà più ricominciare tutto da capo, e con tanta fatica». Etty conosceva l’incanto di essere debitori gli uni degli altri. E aiuta a riscoprirlo.

Etty-Hillesum.
27 Gennaio 2024 | 11:57
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