Nel cuore di un Avvento inedito, l’invito ad «abitare» le crisi di questo tempo

Il modo più sensato per affrontare una crisi è quello di non subirla ma di accoglierla come occasione per una crescita personale e comunitaria. Un pensiero questo di papa Francesco che continua ad essere presente e ripetuto nell’anno della pandemia, quasi fosse un mantra. I giorni che stiamo vivendo, a livello locale, ci portano davanti almeno altre due situazioni di crisi oltre al Covid-19. Il caso accaduto in via Borghetto a Lugano e l’altro fatto tragico avvenuto pochi isolati più sotto, alla Manor. Due situazioni molto diverse tra loro ma che hanno avuto come inevitabile conseguenza quella di creare indubbiamente sconcerto tra la gente. Riguardo al primo fatto, mentre scriviamo siamo ancora in una fase dominata dalle indagini, quindi qualsiasi considerazione è prematura; la seconda vicenda si delinea anch’essa come un episodio ancora da chiarire e che ha lasciato dietro di sé due donne colpite in una scena di violenza che ha sconvolto i presenti e l’opinione pubblica. Ma come possiamo reagire a quello sconcerto che in un modo o nell’altro si produce in tutti, davanti ad eventi imprevedibili, che scombussolano e creano in noi e fuori di noi una crisi, un senso di smarrimento, delle domande profonde? Per coloro che hanno fede, la Parola di Dio offre l’esempio di Giobbe che ha abitato le sue crisi in modo attivo, stando dentro le situazioni di vita che implicano sofferenza, prova, dolore, incertezza, fragilità, senza negarle, senza aver paura di chiamare in causa anche Dio, ma soprattutto gridando a gran voce il desiderio di uscirne, la volontà positiva di crescere. Dalla Parola di Dio ricaviamo quindi che le crisi vanno abitate non passivamente ma attivamente, come momento di crescita. E così arriviamo all’Avvento 2020: un tempo liturgico da vivere, durante il quale la Chiesa aiuta a rivisitare le due grandi attese della storia della salvezza: quella della nascita di Gesù e quella del suo ritorno, alla fine dei tempi. Il modo di vivere questa duplice attesa è guidato dalle letture della liturgia. Lo percorriamo da domani portando il peso, la fatica, il dolore per lo smarrimento che avvertiamo in questo anno particolare. Si avvicinano le feste, pensiamo ai nostri cari che non sono più tra noi e coloro che le trascorreranno malati e in ospedale. Le diverse crisi allora ci rendono più presenti alla nostra stessa, personale fragilità, alle ferite di ognuno e a quelle sociali. Ci consola sapere che la fragilità è quella condizione nella quale ha voluto farsi presente il Figlio di Dio. Per accompagnare, condividere, risollevare, indicare una strada. Allora ci sentiamo meno soli. Torna quindi quella parola del Papa che abbiamo sentito altre volte durante la pandemia, vero e proprio distillato di saggezza, rielaborata dalla spiritualità dagli esercizi di Sant’Ignazio di Loyola: «Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla. Da una crisi non si esce uguali a prima. O usciamo migliori o usciamo peggiori». Per questo le crisi sono da abitare guardando in faccia il nostro sconcerto, la nostra paura, i nostri dubbi, non per restarci intrappolati dentro ma per capire, per confrontarsi, per crescere. Possa l’Avvento essere un tempo in cui alla luce della Parola di Dio e della liturgia, possiamo abitare con saggezza queste crisi, per uscirne a livello personale e sociale forse un po’ migliori.

Cristina Vonzun

29 Novembre 2020 | 07:29
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