La Guinea Conakry, una «Chiesa sorella», il cui primo vescovo fu uno svizzero

È sempre una grande gioia poter  guardare negli occhi la Chiesa universale,  la grande comunità mondiale  dei credenti, che in ogni Paese, fin  nei villaggi più sperduti, annuncia il  Vangelo. È commovente incontrare  gli attori di questa Chiesa, lungo le  strade che ogni giorno percorrono  per rendere possibile l’incontro con  Cristo e accompagnare la crescita  umana dei popoli.  Missio Svizzera – vale a dire le Opere  pontificie missionarie elvetiche –,  ogni anno compiono un breve viaggio  in quello che sarà il Paese ospite  della campagna dell’Ottobre missionario  dell’anno seguente, per provare  a entrare, in punta di piedi, in un  nuovo mondo, che sarà poi presentato  ai cattolici svizzeri. Quest’anno la  scelta è caduta sulla Guinea Conakry,  nell’Africa dell’Ovest, un territorio  sconosciuto ai più, ma ricco di storici  contatti con la Svizzera, soprattutto  nella diocesi di Nzerekoré, nella Guinea  forestale.  Il primo vescovo di questa Chiesa è  stato proprio uno svizzero, un giurassiano,  monsignor Eugène Maillat  (1919-1988), che ha speso tutta la sua  vita per questa terra, con tenacia,  enormi sofferenze, ma anche grande  gioia. Un vescovo che, a un certo punto,  venne espulso come tutti i religiosi  stranieri dal Paese, ma che ha ancora  gestito la sua diocesi dalla Svizzera,  attraverso i tanti catechisti e laici  formati negli anni precedenti.  Il viaggio verso la Guinea permette  un breve passaggio dalla Costa d’Avorio.  Il transito verso la Guinea avviene  via terra, su lunghe strade di terra  rossa dissestate e con dogane perse  nella foresta, dove un bianco significa  francese o inglese, certo non uno…  svizzero! Al di là delle formalità politiche,  l’accoglienza, ovunque in Guinea,  si fa con un gesto simbolico ma  toccante: allo straniero si regala un  pacchetto fatto di foglie, dentro cui si  trovano le noci di cola e una banconota,  in segno di ospitalità e riconoscenza.  Ne abbiamo visti tanti di questi  gesti. Forse quello che ci ha toccato  di più è stato il primo, in un neonato  centro per non vedenti, dove vengono  persone provenienti da tutta la  diocesi, per ricevere dei corsi di lettura  e scrittura. Lo sparuto gruppo di  presenti ci ha accolto con un breve  concerto con strumenti quasi improvvisati  (scodelle rovesciate, bastoni  ecc), seguito poi dal «gesto della  cola». Un rituale lento e sentito, poiché  il dono viene offerto dapprima alla  persona che accompagna lo straniero  in visita, che in seguito lo consegna  alla donna straniera, che infine  lo consegnerà poi all’uomo straniero.  Un passaggio di mano in mano, che  nel caso del centro per non vedenti  ha assunto anche un significato più  forte, poiché proprio attraverso quelle  mani ci siamo conosciuti e incontrati.  I giorni del nostro viaggio sono  scorsi velocemente, tra feste, ordinazioni  sacerdotali, voti delle suore e  tanti incontri con le realtà sostenute  dalle Opere missionarie del Papa.  Mi fermo: ora è il momento di iniziare  a preparare l’Ottobre missionario  del prossimo anno, di mettere a  frutto il viaggio e scoprire quali ricchezze  questa Chiesa sorella ha da  condividere con la nostra Chiesa locale.  *Missio Svizzera 

15 Dicembre 2019 | 15:28
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