Madre Cristiana Dobner per la Giornata della Memoria: «Pietre e volti per una coscienza trasparente»

L’Assemblea Generale dell’ONU il 1° novembre 2005 ha deliberato che il 27 gennaio si celebrasse la Giornata della Memoria, giorno in cui nel famigerato campo di Auschwitz nel 1945 irruppe l’Armata Rossa liberando, dopo anni di tortura, i deportati. I filmati che hanno registrato l’ingresso delle truppe e i primi sopralluoghi dei Generali alleati rivelano una realtà indimenticabile e straziante. Forse il popolo ignorava l’esistenza di Auschwitz e dei lager disseminati in Europa, non così chi era al comando delle nazioni e della politica. Memoria significa riportare alla mente e al cuore un evento e le sue ripercussioni, non con un atteggiamento romantico ma con una scossa della coscienza per una presa sulla realtà che incida autenticamente sul presente e sul futuro. La ferita inferta alla cultura europea – dove per cultura si intenda in senso lato, tutto il vivere e il sentire della civile Europa – è di dimensioni enormi perché ha scardinato i valori della persona e ha fatto assurgere a valore o misura alcuni parametri che violano l’essere umano in sé. Istintivamente subentra una rimozione perché affrontare la realtà, semplicemente nella sua dimensione numerica, incute paura e timore. I testimoni sopravvissuti all’efferatezza hanno solcato l’Europa con scritti, conferenze, comunicazioni che non possono essere eluse e bisogna conoscere.

Giacobbe, come è scritto in Genesi (28, 10ss) sta vivendo momenti di estrema amarezza ed «inciampa» con sua sorpresa nel luogo non in un luogo. Riconosce il luogo in cui suo padre e suo nonno avevano vissuto momenti egualmente terribili. Comprende di dover pernottare, mettersi in ascolto e assumersi le sue decisioni. A noi riconoscere la pietra d’inciampo: un piccolo blocco di 10×10 cm ricoperto d’ottone non decorativo, stile parco della rimembranza, che vuole dire ben di più: osserva quanto è stato inciso su di me. Questi dati dicono la vita di una persona: il mio nome, l’anno della mia nascita ma anche quel momento cruciale, immeritato, che segnò il giorno in cui fui deportato in un luogo di orrore. Infine, il giorno della mia morte, in cui fui assassinato per la semplice ragione che esistevo. La pietra d’inciampo non riporta in vita, non si affida all’onda, se si vuole pur suggestiva, dei tempi andati. Vuole essere un autentico inciampo: penetrare nella psiche di chi la osserva, suscitare sdegno, non aizzare alla vendetta ma essere profetica di scelte che non deturpino mai più la nostra coscienza di europei. Migliaia di queste pietre sono state posate in tante città del continente: 50.000 e aumenteranno ancora. Dobbiamo l’idea a Gunter Demnig che, con la sua sensibilità artistica, ha creato il monumento che solca simultaneamente tutta l’Europa e grida l’orrore che i negazionisti dovrebbero poter cogliere e che ogni cittadino dovrebbe portare con sé per costruire un presente trasparente. La pietra d’inciampo nella rivelazione biblica, ricevuta dal popolo d’Israele, l’eletto dall’Altissimo, se è un autentico inciampo, nel senso che costringe il viandante ad una sosta oppure a chiedersi come procedere per non infortunarsi, possiede anche un significato profondo che la vicenda di Giacobbe contiene in sé. In ogni inciampo l’Altissimo si rivela, malgrado i limiti delle persone e la tragicità delle vicende, e sa trarre dal male più esecrabile, il bene più limpido. Agire nella storia però è nelle nostre mani. Le pietre d’inciampo sono portatrici di memoria vivente che impedisce di obliare e sospinge ad agire diversamente.

Cristiana Dobner, monaca carmelitana

27 Gennaio 2019 | 06:20
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