Ticino e Grigionitaliano

Ticino: verso la ripresa delle Messe con la sfida di ripartire diversi

Finalmente anche da noi in Ticino e in Svizzera possiamo ricominciare – a partire dal 28 maggio– a celebrare le sante Messe con il popolo. Ci si sta organizzando per stabilire come mettere in atto le indicazioni fondamentali per la tutela della salute, perché tornare in chiesa non sia un rischio per nessuno, ma per tutti una grande gioia. Qualcuno sicuramente avrà un po’ di timore e, ovviamente, rimane sempre valido l’invito, per le cosiddette persone a rischio, di rimanere a casa e di seguire la santa Messa mediante la televisione o via internet.

In questo periodo di lockdown, molti si sono organizzati e hanno sperimentato la bellezza di poter seguire da casa Messe, rosari, adorazioni, lectio… Queste esperienze sicuramente li hanno arricchiti e hanno fatto crescere la loro vita spirituale. Altri nelle loro case ne hanno approfittato per vivere un momento di raccoglimento o preghiera con i propri cari e anche questo, credo, sia stato molto arricchente, perché hanno sperimentato la vita della cosiddetta Chiesa domestica. Possiamo dire che questo digiuno eucaristico, seppur in tante persone abbia creato disagio e in qualche modo lacerato il cuore, per tanti è stata un’occasione di approfondimento della fede, di un’effettiva crescita umana e cristiana. Sono anche aumentate moltissimo le iniziative di solidarietà e la gente ha mostrato tutta la propria generosità.

Ora penso che sia molto importante che ci prepariamo insieme per tornare a celebrare l’Eucaristia comunitariamente perché, se tutto dovesse tornare come prima, perderemmo davvero un’occasione propizia per fare un ulteriore passo in avanti come comunità cristiana. Mi permetto quindi di dare alcune indicazioni per il prossimo futuro in attesa, poi, di immaginare, sognare e realizzare insieme quelle per un futuro più remoto. Il nostro Dio infatti ci precede sempre non solo nel senso che è Lui che ci guida, che ci salva, che ci converte. Egli è anche Colui che attende che ci mettiamo alla sua sequela per stabilire quei legami che non siano semplicemente formali, ma ci aprano a una fattiva costruzione del Regno di Dio che, se è sempre adveniente, è anche sempre da edificare. Dunque quali potrebbero essere alcune semplici indicazioni. Ne individuo tre: 1. la presenza reale, 2. il fuoco del desiderio, 3. la rivoluzione del Vangelo.

La presenza reale

Le esperienze che abbiamo fatto con i diversi collegamenti via internet hanno consentito a tutti, anche a coloro che hanno una certa età, di vivere bei momenti di approfondimento della parola di Dio e di contatto con le persone a distanza. Siamo stati bersagliati dallo slogan che ha dato i suoi effetti: «distanti ma vicini», ora aggiornato in: «distanti ripartiamo». Se vogliamo ripartire, allora è importante uscire dal nostro caldo nido. Non intendo dire solo uscire di casa, ma aprirci alla realtà, al mondo, recuperare i rapporti umani che si realizzano anche attraverso la nostra fisicità. Finalmente sembra che i nonni possano riabbracciare i nipoti con le dovute precauzioni, si possano frequentare gli amici e prima o poi si parteciperà alla Messa. E qui qualcuno potrebbe pensare, ma in fondo da casa la seguo anche meglio, non è necessario che vada in chiesa. Certo: chi è a rischio stia a casa, ma coloro che non corrono rischi vengano in chiesa.

Gli specialisti ci hanno fatto capire che la realtà virtuale è pur sempre una realtà, fa parte del nostro mondo, soprattutto per le giovani generazioni che sono eternamente connesse. Ma siamo fatti per vivere nella realtà reale, in cui i contatti avvengono attraverso la presenza fisica, gli uni accanto agli altri, e in modo effettivo e non mediato da uno schermo. Qualche esempio. Un conto è vedere il mare sul computer anche in 3D, un conto è esserci davanti ed entrarci dentro facendo un bel bagno. Una cosa è scrivere alla mia amata dei messaggini d’amore e sorriderle dalla telecamera, altra cosa è poterla stringere a me, abbracciarla, accarezzarla e sentire il pulsare del suo cuore. Così pure possiamo assistere a vari spettacoli di cucina dove si preparano piatti favolosi, ma mangiare e gustare concretamente uno di questi piatti è totalmente differente. È necessario, perciò, che riscopriamo la consapevolezza del nostro essere ed avere un corpo. Renderci conto di abitare il nostro corpo e considerarlo il luogo che ci consente di comunicare concretamente con gli altri e col mondo, qui ed ora.

Durante l’Eucaristia avviene il miracolo di un’altra presenza reale, quella di Cristo. In quel pezzo di pane che noi mangiamo, c’è veramente Lui. Da 2000 anni la Chiesa proclama e rende effettiva con la celebrazione della Messa questa presenza reale del Signore. Lui è lì, con tutto sé stesso e si dona a noi. È vero, Cristo si dona anche in altri modi, ma questa è la forma stessa che Egli ha scelto per essere presente realmente nel mondo e per essere presente in noi. Quindi la comunione spirituale è senz’altro una grande opportunità per edificare l’anima nostra, ma la comunione sacramentale è un incontro autentico, vero col Cristo vivo e risorto che prende carne in noi, perché noi lo rendiamo presente nel mondo amando come Lui ci ha amato.

Il fuoco del desiderio

Ma perché io sia consapevole di questo incontro di corpi reali, come quelli di due amanti, bisogna che anche io sia realmente lì, con tutto me stesso, che abbia un cuore ardente di desiderio, assetato d’amore. È nell’Eucarestia che attingo il fuoco vivo dell’amore, che mi abbevero alla fonte inesauribile della grazia, che mi nutro della carne di Cristo, pane della vita. Tornare a una celebrazione della Messa che sia come prima, sarebbe davvero un tornare indietro, e il digiuno sperimentato non gioverebbe a nulla. Si tratta di tornare a vivere un incontro con Cristo e con i fratelli che sia una festa del cuore, in cui la partecipazione viva di ciascuno ci apra a uno stile di autentica fraternità.

La partecipazione del popolo alle messe sarà con un numero limitato di persone e con delle restrizioni che ormai tutti conosciamo. Questo sacrificio ci renda attenti a ciò che viviamo. Il segno di pace, che non potremmo scambiarci con le mani, sia dato con gli occhi e con il cuore, sia il segno della volontà di riconoscere nell’altro un fratello da amare, col quale tessere una rete di relazioni che sia anche l’impegno per un effettivo rinnovamento.

La rivoluzione del Vangelo

Credo, o no che io posso cambiare, che tutti noi possiamo cambiare? Ce lo siamo ripetuti in tutte le Quaresime della nostra vita e forse mi direte che ormai è pura retorica. Ma se io mi metto in gioco, se noi ci mettiamo in gioco, se ci lasciamo plasmare il cuore, il Signore ci guiderà verso la capacità di essere davvero sale della terra e luce del mondo. Se da questo nostro ritrovarci di nuovo in chiesa non scaturirà il seme di una Chiesa più sobria, più casa comune, più Regno da edificare insieme, ancora una volta ci ritroveremo a fare discorsi inutili.

Da dove partire? Dalla percezione davvero che siamo di passaggio, che passa la scena di questo mondo e che non ha senso continuare a vivere come vivevamo prima. Dobbiamo essere capaci di quella rivoluzione d’amore a cui ci invita il papa. È importante che dalla consapevolezza di una nostra presenza reale, passiamo alla presenza nel reale, nella storia, nella vita quotidiana. Crediamo o no in un mondo migliore? Crediamo o no che il Vangelo sia parola viva da incarnare insieme? Allora sogniamo oggi il mondo che vogliamo, sogniamolo insieme, con i nostri amici, i membri della nostra comunità, con chi ci sta.

È tempo di scelte coraggiose, di nuove intuizioni, di sussulti del cuore, di slanci appassionati, di vita condivisa, di ritorno alla natura.

Come? Incominciando io e te, confrontandoci, progettando, pregando, cambiando, credendoci, volendolo, agendo, realizzando con Cristo la rivoluzione del Vangelo.

don Marco Dania

| © unsplash.com
20 Maggio 2020 | 17:00
Tempo di lettura: ca. 5 min.
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