Internazionale

Intervista a Suor Coppa per la Giornata mondiale della vita consacrata

di Cristina Uguccioni

Il 2 febbraio nel mondo la Chiesa celebra la Giornata mondiale della vita consacrata. In occasione di questo appuntamento, che nella diocesi di Lugano si tiene il 4 febbraio, conversa con Catholica e catt.ch suor Nadia Coppa: superiora generale delle suore adoratrici del sangue di Cristo, dallo scorso anno è presidente dell’Uigs, l’Unione internazionale delle superiori generali, organizzazione fondata nel 1965 che oggi riunisce le superiori generali di circa 1900 Congregazioni femminili presenti nel mondo.

Ritiene stia crescendo nella Chiesa la considerazione in cui è tenuta la donna?

«Direi di sì e ciò sta giovando sia alla Chiesa sia alla famiglia umana. Grazie a papa Francesco diverse donne hanno anche raggiunto ruoli apicali e hanno potuto dunque offrire i loro doni alle comunità attraverso questi nuovi incarichi. Certo, molto resta da fare. Il clericalismo costituisce un ostacolo serio al riconoscimento del valore delle donne e del contributo peculiare che esse possono offrire. In alcune parti del mondo, purtroppo, le donne non sono considerate a servizio del Regno di Dio ma delle autorità ecclesiali. Nonostante il peso di questi problemi – che riflettono anche la considerazione in cui è tenuta la donna nelle diverse culture – resto fiduciosa: nella Chiesa il riconoscimento sempre crescente delle qualità delle donne è un processo ormai avviato cui papa Francesco ha dato slancio. Sono convinta inoltre che il cammino sinodale contribuirà a rendere più incisiva la presenza femminile nella Chiesa e nella società». 

Come tratteggerebbe l’originalità del genio femminile?

«Le donne possiedono la straordinaria attitudine a generare vita per altri, a prendersi cura della vita, a cercare e trovare, con creatività sorprendente e generosità inesauribile, modi nuovi, concreti e fattibili, per farsi carico di chi è più debole e bisognoso. Le donne, me ne accorgo guidando l’Uisg, hanno anche il desiderio connaturato di lavorare «con» gli altri e ciò consente loro di fare rete più facilmente. In un mondo lacerato da disuguaglianze, frammentazioni, patimenti, solitudini, tutte queste peculiarità sono di indubitabile utilità». 

In quali ambiti si articolano i principali i progetti della Uisg? E quale principio guida tali progetti?

«La nostra Unione è una rete a servizio delle religiose: si propone di promuovere la conoscenza della vita religiosa femminile, aiutare le associate nelle proprie attività, offrire loro occasioni di formazione, favorire il confronto e il dialogo, promuovere progetti comuni a favore delle persone più vulnerabili. Pace, cambiamenti sociali, giustizia, ecologia sono gli ambiti in cui si articolano i nostri progetti, tutti fondati su un principio: lavorare insieme. Ci muove la certezza che solo così facendo si possono superare le sfide della contemporaneità. Un primo progetto è la «Rete Internazionale per Migranti e Rifugiati», che assicura varie forme di sostegno alle Congregazioni impegnate nell’accoglienza e promuove la riflessione comune sul fenomeno migratorio. Vi è poi il progetto «Talitha Kum», la Rete, attiva in 90 Paesi, che opera per prevenire e contrastare il fenomeno della tratta degli esseri umani e offrire cura e un nuovo futuro alle vittime. Il «Catholic care for children» è una iniziativa  volta a incentivare, in particolare in Africa, la pratica dell’affido e ad assicurare a ogni bambino che vive nel disagio una famiglia sana in cui crescere. Abbiamo anche avviato la campagna «Seminare speranza per il pianeta» che si ispira all’enciclica Laudato si’ e intende promuovere la cura della casa comune. «Sorelle, l’advocacy globale» è il progetto che si propone di incoraggiare il dialogo sulle questioni chiave dello sviluppo internazionale e favorire la ricerca del bene comune».

Avete promosso anche un progettodedicato al tema degli abusi nella vita religiosa?

«Sì. Nel 2019, anche in seguito all’appello della Santa Sede che sollecitava una riflessione in materia di abusi e tutela all’interno delle comunità religiose e della Chiesa, abbiamo istituito una commissione che svolge capillare opera di sensibilizzazione e formazione affinché comunità e istituzioni siano sempre luoghi sicuri per tutti e, anche attraverso nuove prassi, siano efficacemente prevenute e contrastate le varie forme di abuso:  spirituale, psicologico, di potere, sessuale». 

Guardando al futuro e alle sfide che attendono l’Uisg, quali propositi ha maturato?

«Mi propongo di lavorare anzitutto per rafforzare la rete tra le Congregazioni che fanno parte della Uisg: ciò significa, ad esempio, viaggiare molto per incontrare le delegate nei diversi continenti, ascoltare la loro voce, ripensare insieme la vita religiosa e monitorare i progetti avviati, che vanno portati avanti in un mondo complesso in profonda trasformazione. La stessa vita religiosa sta affrontando cambiamenti rilevanti: aumenta, almeno nell’emisfero nord, la vita media delle consacrate, diminuiscono le vocazioni, molte comunità rischiano di scomparire. Occorre scongiurare questo rischio, collaborare ancora di più, trovare soluzioni che consentano a comunità anche molto piccole di sopravvivere. Il principio che ci guida nell’affrontare questi temi è, ancora una volta, lavorare insieme: nessuna Congregazione basta a se stessa. Inoltre vorrei rafforzare la collaborazione con l’Usg, l’Unione dei superiori generali, ideando nuove occasioni di incontro e di scambio, intensificando il lavoro delle commissioni congiunte che operano su vari fronti. Confido che una riuscita alleanza tra donne e uomini saprà dare buoni frutti».

2 Febbraio 2023 | 06:46
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