Scienza e fede davanti al segno cosmico della stella di Betlemme
Ogni presepe che si rispetti ha la sua stella. Ma era una cometa, una stella cadente, cos’era (se era qualcosa) l’astro narrato nei Vangeli? Intanto che costruiamo i nostri presepi, forse la domanda, qualche volta, cela siamo posti. Fratel Guy Consolmagno, americano, astrofisico e gesuita, dal 2015 chiamato alla guida l’Osservatorio astronomico del Vaticano, di stelle se ne intende. Il centro di ricerca del Vaticano è stato fondato nel 1891 anche se erano almeno già due secoli che astronomi gesuiti scrutavano scientificamente i cieli. Nel centro lavora un’equipe internazionale di diversi scienziati. Fr. Guy ha studiato astrofisica al prestigioso MIT di Boston. Nel 2000, l’Unione Astronomica Internazionale lo ha premiato dando il suo nome ad un asteroide: il 4567 Consolmagno, conosciuto anche come Little Gun. Chi quindi, meglio di lui, può soddisfare la nostra curiosità?
Fr. Guy, quello della stella è un racconto composto soprattutto per significare il senso universale della nascita di Cristo, eppure la scienza ha formulato anche qualche ipotesi astronomica a riguardo dell’astro descritto nel Vangelo e avvistato dai Magi. Cosa ci può dire? «I Vangeli sono molto più interessati a raccontarci di Gesù che a insegnarci l’astronomia. Non sappiamo cosa videro i magi. Alcune ipotesi vanno nella direzione della cometa, di una nova o una supernova, oppure c’è chi considera una congiunzione di pianeti particolarmente luminosa. In realtà, nelle nostre registrazioni nel periodo coincidente con la nascita di Gesù, non è emerso un dato univoco; ma queste non sono del tutto esaustive e vi sono altri indizi annotati da astronomi cinesi che potrebbero essere presi in considerazione. Esistono diverse possibili congiunzioni dei pianeti Saturno e Giove o di quest’ultimo con la stella Regulus, ma non sono così insolite ed è difficile considerarle un evento tale da attrarre esperti di cieli dall’Oriente, come erano i Magi. Poi c’è la teoria suggestiva dell’astronomo Michael Molnar, che suggerisce come la «stella d’Oriente» possa essere una congiunzione di pianeti che sorgono con il sole, una cosiddetta levata eliaca. Egli sottolinea che il 17 aprile dell’anno 6 avanti l’era cristiana i pianeti Venere, Saturno, Giove e la Luna sorsero tutti poco prima del Sole, raggiunti subito dopo da Marte e da Mercurio, al centro della costellazione dell’Ariete. Molnar ipotizza che ciò potrebbe aver significato, per gli esperti del tempo, la nascita di un re, da qualche parte vicino alla Siria. In tal caso, comunque, solo un astronomo molto capace sarebbe stato in grado di calcolare le posizioni di questi pianeti e ricavare un significato. Non c’è consenso fra astronomi o storici in merito alla vicenda. Ogni teoria ha i propri ferventi sostenitori e oppositori».
Nel 2019 il premio Nobel per la Fisica è stato assegnato a tre astrofisici, due di loro, sono svizzeri: Michel Mayor e Didier Queloz premiati per aver scoperto nel 1995 il primo pianeta al di fuori del nostro sistema solare ruotante attorno ad una stella come il sole. Oggi gli esopianeti individuati sono oltre 4000. Se ci fosse vita e vita intelligente su altri pianeti, cosa significherebbe questa eventuale scoperta per la fede cristiana? «Il significato cosmico della vita intelligente scoperta su un altro pianeta, in qualche modo non si distinguerebbe molto dalla scoperta di vita intelligente su un altro Continente della Terra, come è avvenuto – ad esempio- con la scoperta dell’America. Sarebbe meraviglioso poter condividere le nostre esperienze reciproche, relative alla conoscenza di Dio. Detto questo … non mi attendo che un incontro di questo tipo avvenga in tempi prossimi e ragionevolmente brevi!»
Dio – si legge nella Bibbia – ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Qual è il senso di questa espressione, alla luce dell’ipotesi di vita intelligente su altri pianeti? «A questa domanda ha risposto in un’altra epoca il grande San Tommaso d’Aquino. L’immagine e la somiglianza non hanno nulla a vedere con quanti ipotetici tentacoli potrebbero avere esseri intelligenti su un altro pianeta! Piuttosto va ricercata nell’intelletto e nella libera volontà, nella capacità di essere consapevoli della propria esistenza, dell’esistenza degli altri e di quella di Dio; nella libertà di scegliere di amare gli altri o di trattenere questo amore».
Dio, in Cristo, si è fatto uomo in questo mondo e non su un altro. L’ipotesi della cosmologia moderna, il suo principio cosmologico, presume che nessun luogo dello spazio – tempo sia speciale o privilegiato. Quindi come spiegare questa eventuale preferenza di Dio per un certo, particolare, mondo? «Dio ci incontra nel nostro universo, dove viviamo, in un tempo e luogo particolare. Il fatto che l’incarnazione è avvenuta in un dato luogo e tempo, è già straordinario. Ma il Vangelo di Giovanni ci ricorda che «all’inizio era il Verbo»: la seconda Persona della Trinità era là, era all’inizio, prima ancora che accadesse la creazione. Questa Parola, questo Verbo potrebbe forse «essere detto» in altri luoghi e tempi, in altri linguaggi? Chi può saperlo? Io non riesco ad immaginare che qualcuno possa porre dei limiti a Dio…».
Nel Nuovo Testamento incontriamo l’annuncio del futuro ritorno di Cristo, un messaggio storicamente molto sentito dalla prima comunità cristiana. Però, quale senso cosmico potrebbe avere questo ritorno?
È un mistero meraviglioso su cui riflettere! Dio che è soprannaturale, è anche fuori dal tempo e dallo spazio. E allora, chiediamoci: cosa vuol dire veramente per Dio, dal suo punto di vista, «la fine dei tempi»? Tutte queste cose meravigliose per le quali preghiamo e contempliamo… Noi scienziati davanti all’immensità del cosmo ci poniamo domande come questa, alla quale però siamo anche consapevoli che non può essere la scienza a dare una risposta, ma solo la fede.
Cristina Vonzun