Internazionale

Riccardi: «non si faranno fermare dai muri»

Sulla Siria: «Se in futuro ci sarà un piano per la ricostruzione i siriani torneranno, ma oggi il paese è balcanizzato, mancano le condizioni di sicurezza». Sull’Africa. «E ’ in corso una rivoluzione dei  giovani africani che vogliono vivere meglio e che fuggono dalla guerra». Sull’Europa: «C’è il vezzo infondato di sentirsi invasi dai rifugiati. In realtà non aver posto come centrale la pace in Siria è  stato un errore e il segno della debolezza dell’Unione europea».
66 anni, storico, ministro della  Cooperazione con il governo Monti, in passato Andrea Riccardi ha svolto un ruolo di mediatore in  numerosi conflitti, africani e non solo. Un «eroe moderno» per la rivista Time, ma soprattutto il  fondatore nel 1968 della Comunità di Sant’Egidio con cui, insieme alla Federazione delle chiese  evangeliche e alla Tavola Valdese, ha organizzato corridoi umanitari che hanno permesso finora di  portare in Italia 350 profughi siriani e palestinesi dal Libano. «Un successo, al quale dal 2017  parteciperà anche la Francia», dice.
Professore, cosa si aspetta per il 2017? 
Per quanto riguarda l’immigrazione i problemi principali riguarderanno ancora la Siria e l’Africa.  La Siria è la madre dei rifugiati. C’è il vezzo europeo di sentirsi invasi dai profughi siriani, che  invece si trovano soprattutto in Turchia, Giordania e Libano. Sei anni di conflitto siriano durante i  quali come europei non siamo intervenuti o lo abbiamo fatto male. E qui c’è la prima  contraddizione: non si è vissuto il primato della ricerca della pace, credendo che la guerra degli altri non fosse un nostro problema o che comunque si potesse isolare. Non aver posto questa priorità è  stato un errore e allo stesso tempo la debolezza dell’Unione europea. Adesso c’è questo accordo  russo-turco-iraniano che però non credo che limiterà il flusso dei profughi.
C’è poi l’Africa, un continente in movimento… 
Quella africana è un’immigrazione in parte ambientale, in parte economica e in parte dovuta  all’instabilità. L’idea di fermarli alla frontiera o di scaricarli sui paesi di prima accoglienza è folle.
Il governo punta sui migration compact, la convincono? 
E’ una politica giusta. Sono stato sempre convinto che esista una irresponsabilità dei governanti  africani nei confronti dei loro migranti. Ha mai visto un presidente africano venire a inchinarsi a  Lampedusa di fronte alle proprie vittime? L’immigrazione è una valvola di sfogo per questi paesi,  anche perché i migranti finanziano una parte delle economie locali con le rimesse.
I risultati degli investimenti promessi nei paesi africani non si vedranno prima di una, forse  due generazioni. Intanto però si chiede di fermare subito i migranti. 
Sarei più ottimista. Non dico che i migration compact sono la soluzione, ma occorre moltiplicare la  cooperazione e responsabilizzare i governi africani nel sensibilizzare le giovani generazioni. In  Africa si vive un ’68 permanente e i giovani senza lavoro sono un elemento di instabilità per i  governi, per i quali è meglio mandarli via. Ma questo è un sistema antidemocratico, che mette a  rischio la vita delle persone. Conosco i giovani africani e so che la scelta di andare via, di  attraversare il deserto rappresenta una sorta di rivolta contro nazioni che sono matrigne, perché  vogliono vivere meglio di come vivono. E’ la rivolta dei giovani. Senza dimenticare che c’è anche  tanta gente che è costretta a fuggire. Pensiamo alla Nigeria, al Corno d’Africa, alla Somalia, lì si  fugge dalla guerra. Questa rivoluzione non si fermerà in un anno, ma una politica europea di  cooperazione è la direzione giusta. Europa e Africa non hanno destini separati e i destino dell’Africa ci coinvolgerà.
La riforma di Dublino sarà una delle prime questioni che l’Ue dovrà affrontare nel 2017. Per  ora però non si intravede niente di buono. 
Siamo in un momento in cui l’Unione europea stenta a esistere. Dublino come è ora è  sostanzialmente l’accordo di chi non vive lo spirito dell’Unione. D’altro canto molti stati hanno  capito che sull’immigrazione si vincono e si perdono le elezioni, quindi non vogliono socializzare  un problema come questo. E questa è la crisi drammatica dell’Europa. Ma a preoccupare non è solo  Dublino, riforma miope, ma i muri nell’est europeo a partire dall’Ungheria. Quando a marzo  celebreremo i Trattati di Roma dovremo dire cosa è per noi l’Europa.
Intanto la crisi dei migranti ha prodotto l’avanzata prepotente dei populismi in Europa. 
Questo è successo prima di tutto perché in passato una politica di sinistra o di centrosinistra ha  voluto nascondere la questione migranti pensando che fosse meglio non parlarne per non perdere  voti. E’ vero, si perdono voti, ma bisogna avere il coraggio di dire con molta chiarezza che noi  abbiamo bisogno dei migranti perché abbiamo un vuoto demografico incredibile. Paesi che si  chiudono come l’Ungheria tra un po’ saranno vecchi e dovranno invitare i migranti nella propria  terra. Non avranno più però la capacità di integrazione perché saranno paesi di anziani, quindi  saranno conquistati.
Per quanto riguarda i migranti l’unica buona notizia del 2016 sono i corridoi umanitari che  Sant’Egidio organizza insieme alla Federazione delle chiese evangeliche e alla Tavola Valdese. 
E’ un’esperienza di successo a costo zero per il paese, perché sono le famiglie e le comunità che si  assumono il mantenimento dei siriani e di alcuni palestinesi che arrivano in Italia. Stiamo  negoziando un accordo con la Francia per un nuovo corridoio umanitario per 300 rifugiati. Siamo  convinti che si tratti di una soluzione giusta, anche nell’interesse di quei paesi che presto saranno  troppi vecchi e dovranno implorare l’arrivo dei migranti. Ma questo sarà il loro suicidio e insieme la perdita della loro storia.
(Carlo Lania / Il Manifesto)
1 Gennaio 2017 | 05:54
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